Uno studio dell’Istituto IfW di Kiel svela il “dividendo di sicurezza”: ogni euro risparmiato sul petrolio toglie 13 centesimi al bilancio russo e ne fa risparmiare 37 alla difesa Ue. La transizione ecologica diventa pilastro geopolitico: meno consumi fossili significano meno risorse per la guerra del Cremlino.
In un periodo di crescenti tensioni geopolitiche e sfide climatiche, l’apparente dicotomia tra protezione ambientale e sicurezza nazionale viene messa in discussione da un’analisi dell’Istituto per l’economia mondiale (IfW) di Kiel, uno dei centri di ricerca economici più autorevoli della Germania. La ricerca rivela un’interconnessione sorprendente: le politiche climatiche ambiziose non solo favoriscono la transizione ecologica, ma costituiscono anche un pilastro fondamentale dell’architettura di sicurezza europea, specialmente nei confronti di una Russia sempre più aggressiva.
Ciò che emerge è un paradigma innovativo dove ogni euro risparmiato sui combustibili fossili si traduce in un duplice vantaggio: protezione dell’ambiente e rafforzamento della posizione geopolitica dell’Unione Europea.
IL MECCANISMO VIRTUOSO
Il funzionamento di questo meccanismo virtuoso viene dettagliatamente spiegato nel Kiel Policy Brief intitolato “Il dividendo della politica climatica per la politica di sicurezza”. È il caso del petrolio russo, su cui gli Usa hanno recentemente imposto sanzioni di vasta portata, pur concedendo qualche deroga, come quella di un anno all’Ungheria. O di quello del gas, con la decisione dell’Unione Europea di introdurre divieto graduale e giuridicamente vincolante sulle importazioni di gas naturale liquefatto e di gas tramite gasdotti dalla Russia, con un divieto totale rispettivamente dalla fine del 2026 e dall’autunno 2027.
Ma lo studio è impostato su un quadro generale e, secondo le analisi dell’istituto tedesco, ogni euro risparmiato dall’Europa ad esempio nell’acquisto di petrolio comporta una diminuzione di 13 centesimi nelle entrate del bilancio statale russo. La catena causale è chiara: una minore domanda europea di petrolio determina “un abbassamento dei prezzi sul mercato mondiale, con conseguenti perdite economiche per la Russia”.
Nonostante tentativi di compensazione attraverso esportazioni verso altri paesi, peraltro ora reso più difficile, il saldo netto rimane negativo per Mosca. In un contesto di guerra, “questa contrazione si riflette direttamente sulla capacità russa di finanziare le proprie operazioni militari, riducendo così la pressione sulla spesa difensiva europea”.
Il professor Joschka Wanner dell’Università di Würzburg, coautore dello studio, sintetizza efficacemente: “La politica climatica non è una priorità in competizione con la difesa, ma ne è il complemento strategico”.
IL DIVIDENDO DI POLITICA DI SICUREZZA
Lo studio quantifica con precisione il “dividendo di politica di sicurezza” derivante dalle misure ambientali: ogni euro risparmiato sul petrolio consente all’Ue di ridurre le proprie spese per la sicurezza e la difesa di 37 centesimi, mantenendo inalterata la propria forza geopolitica rispetto alla Russia.
Applicando questo modello a specifiche misure climatiche, emergono risultati sorprendenti. L’introduzione di un limite di velocità di 130 km/h sulle autostrade tedesche non solo eviterebbe l’emissione di circa 33 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030, ma genererebbe anche un dividendo di sicurezza di circa 2 miliardi di euro. Parimenti, se l’Unione Europea cessasse di concedere proroghe alle case automobilistiche per il rispetto dei limiti di emissione di CO2 delle loro flotte, si otterrebbe un ulteriore dividendo di circa 3 miliardi di euro. Si tratta tuttavia di ipotesi di puro studio, dal momento che proprio in questo autunno l’Ue ha annunciato la revisione del divieto dei motori a combustione nel 2035. Tuttavia, nella sua ipotesi più radicale, lo studio calcola che un’interruzione completa del consumo europeo di petrolio produrrebbe un dividendo annuo di 104 miliardi di euro – una cifra superiore all’intero fondo speciale tedesco per la Bundeswehr nel 2023.
STRATEGIE ECONOMICHE CONCRETE: TASSAZIONE E PREZZI DEL CARBONIO
Gli autori dello studio traducono le loro analisi in raccomandazioni concrete, suggerendo l’introduzione di un prezzo minimo della CO2 di almeno 60 euro per tonnellata, giustificato non solo da considerazioni ambientali ma anche geopolitiche. Questa misura, insieme all’estensione dello scambio di quote di emissione dell’Ue al petrolio nei settori dell’edilizia e dei trasporti, rappresenterebbe un approccio strategico integrato.
Il meccanismo dello scambio di quote, riducendo progressivamente la quantità di permessi di emissione disponibili, costituisce un potente strumento per limitare gradualmente il consumo di combustibili fossili e, di conseguenza, diminuire la dipendenza energetica dalla Russia. “Anche nel proprio interesse, l’Ue dovrebbe imporre tasse significative sul petrolio e sul gas, o ridurre la domanda di petrolio e gas con altre misure”, sostiene Wanner, sottolineando come la riduzione delle emissioni non sia solo una questione ambientale ma anche un imperativo di sicurezza.
UNA PROSPETTIVA CONTINGENTE: I LIMITI TEMPORALI DELL’ANALISI
È importante evidenziare che i risultati dello studio sono strettamente correlati all’attuale contesto di aggressività geopolitica russa. Gli stessi autori precisano che “qualora questa postura dovesse attenuarsi e la Russia modificasse l’allocazione dei proventi petroliferi, riducendo gli investimenti nel settore militare, anche il dividendo di sicurezza derivante dalle politiche climatiche subirebbe una flessione”. Condizioni che però, allo stato attuale, non appaiono vicine, nonostante gli sforzi diplomatici per far cessare la guerra in Ucraina.
Le dinamiche geopolitiche contingenti non invalidano tuttavia il principio fondamentale che emerge dalla ricerca: “In un mondo interconnesso – concludono gli autori – le politiche climatiche ambiziose rappresentano uno strumento multidimensionale che consente di perseguire simultaneamente obiettivi ambientali e di sicurezza, rivelando sinergie finora sottovalutate nel dibattito pubblico e politico”.


