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Accordo Ankara-Tripoli

Ecco come la Turchia sfida Eni e Total in Libia

Cosa prevede l’accordo di esplorazione energetica raggiunto tra Ankara e Tripoli e perché danneggia (anche) il Cane a Sei Zampe

Nella giornata di ieri è arrivata un’altra importante conferma. Su cosa? Sul dominio turco in Libia. Una presenza ormai accertata, un’influenza ormai assicurata ed estesa a livello politico, militare, strategico. E, da ieri, ancor di più, anche energetico.

ACCORDO ANKARA-TRIPOLI

Tripoli e Ankara hanno infatti firmato un’intesa che garantisce al paese ottomano l’esplorazione offshore di idrocarburi. Il MoU, sigla di Memorandum of Understanding, si collega direttamente a quello del 2019. Tre anni fa, infatti, i due paesi avevano raggiunto un controverso accordo di delimitazione marittima che aveva suscitato l’ira dell’Unione europea.

Perché controverso? Perché estendeva a libero piacimento il concetto di Zee nel Mediterraneo orientale.

Ieri, invece, una delegazione turca di alto livello che comprendeva in particolare i ministri dell’energia, Fatih Dönmez, della difesa, Hulusi Akar, e del commercio, Mehmet Mus si è precipitata a Tripoli per “sviluppare progetti legati all’esplorazione, alla produzione e al trasporto di petrolio e gas”, ha spiegato il portavoce del governo di Tripoli, Mohamed Hamouda, in un post su Facebook.

Secondo il capo della diplomazia turca Mevlut Cavusoglu, intervenuto alla stampa con la sua controparte libica Najla Al-Mangoush, è un caso che riguarda due paesi sovrani, è un win-win per entrambi e gli altri paesi non hanno il diritto di interferire in questi affari”. E per Mangoush, l’accordo è molto importante” e funzionale per gli interessi dei due paesi”.

LA RISPOSTA DELLA GRECIA

Ad opporsi all’intesa è stato il governo dell’est del paese nordafricano, guidato da Khalifa Haftar. Il quale ha definito l’accordo firmato lunedì come “illegale e inaccettabile”. E anche il governo sostenuto dal campo orientale si riserva “il diritto di ricorrere alla giustizia” per ottenere la sua cancellazione.

Ma non solo. Anche la Grecia si vede fortemente intaccata da quanto siglato non più tardi di 24 ore fa. Infatti, l’appropriazione indebita da parte turca di quelle acque nel Mediterraneo orientale tradisce i diritti sovrani di Atene. E il ministro degli Esteri Nikos Dendias ha definito “illegale” l’intesa di tre anni fa. Informando, tra l’altro, gli ambasciatori degli Stati Uniti, George Tsunis, e della Francia, Patrick Maisonnave, sugli sviluppi di quanto appena accaduto a Tripoli. Di più: lo stesso ministro farà tandem con il suo omologo egiziano Sameh Shoukry per difendere l’intesa Atene-Il Cairo sulle Zee. E domenica, appunto, si incontreranno nella capitale d’Egitto.

LO SMACCO AD ENI..

In termini energetici, l’intesa colpisce evidentemente anche le azioni e gli interessi di Eni. Che in territorio libico opera dal 1959 tramite programmi onshore e offshore. Come si può leggere dallo stesso sito del Cane a Sei Zampe, “l’attività di esplorazione e sviluppo è raggruppata in 6 aree contrattuali onshore e offshore. Le attività Eni in Libia sono regolate da contratti di Exploration and Production Sharing Agreement (EPSA). Nel 2021 la produzione in quota Eni è stata di 168 mila boe al giorno.

…E A TOTAL

Anche la francese Total risulta danneggiata da questa invasione energetica turca. Da ultimo, lo scorso marzo il capo della National Oil Corporation della Libia, Mustafa Sanalla, ha discusso con una delegazione della società dell’aumento dei livelli di produzione e del completamento dei programmi di sviluppo delle capacità per i lavoratori del settore petrolifero.

Nella fattispecie, il campo di riferimento offshore è quello di Al Jurf dove la società transalpina promette tra l’altro impegno per operazioni di riduzione carbonica e di sviluppo di tecnologie per nuove fonti energetiche.

La conferma della presenza turca anche in questo settore, in Libia, è però una doccia gelata. Segno che Erdogan riesce a portare in alto gli interessi del paese ottomano anche nei giardini di casa nostra. I quali, però, sono sempre più un lontano ricordo strategico.

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