Arera lancia l’allarme sulle bollette: prezzi troppo alti sul mercato. I partiti si spartiscono le Commissioni Ue. 1 italiano su 5 ha lavoro green ma guadagna meno. La rassegna stampa Energia
Arera lancia l’allarme sulle bollette: le offerte luce e gas sul mercato libero “hanno prezzi normalmente più alti” rispetto ai “diversi servizi regolati”. Servono maggiore controllo e garanzie nel mercato libero per superare la fase di transizione, sottolinea Stefano Besseghini. Iniziano le spartizioni delle presidenze delle Commissioni Ue da parte dei partiti politici. I socialisti dovrebbero avere la presidenza delle commissioni affari economici e ambiente, mentre i Patrioti d’Europa riceverebbero i trasporti. Un lavoratore italiano su cinque (19,5%) ha un lavoro green, ma secondo l’OCSE in media sono pagati meno rispetto alle occupazioni “inquinanti”.
ENERGIA, ARERA: BOLLETTE E PREZZI ALTI SUL MERCATO
“Il mercato libero dell’energia non gode dei vantaggi della concorrenza. Le offerte per luce e gas «appaiono poco attraenti rispetto ai diversi servizi regolati», perché «hanno prezzi normalmente più alti». A dirlo è il presidente dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera), Stefano Besseghini, illustrando la relazione annuale sul 2023 a parlamento e governo.
In particolare, per quanto riguarda l’elettricità a fine giugno certifica Arera quasi l’80% degli utenti domestici (76,5% per la precisione) era passato al mercato libero, con le famiglie che mostrano di preferire le offerte a prezzo fisso, con sconto e da fonti rinnovabili. A fine 2023 il numero di punti di prelievo domestici è pari a 30,2 milioni, di cui poco meno di 8,9 milioni serviti in maggior tutela e circa 21,4 milioni nel mercato libero. Al 1° luglio 2024 i clienti vulnerabili in Maggior Tutela sono 3,6 milioni mentre sono 8,4 milioni i clienti vulnerabili che hanno scelto il mercato libero. I clienti non vulnerabili transitati automaticamente nel servizio a tutele graduali sono anch’essi circa 3,6 milioni, mentre sono circa 14,7 milioni quelli nel mercato libero”, si legge su La Stampa.
“Il gruppo Enel rimane l’operatore dominante del mercato elettrico italiano con una quota del 33,8%, in lieve diminuzione rispetto al 36,3% del 2022, che sale al 41,6% per il solo settore domestico, seguito da A2A (8,4%), Hera (5,9%) ed Edison (5,4%). (…) nel 2023 la quota delle famiglie che hanno acquistato il gas nel mercato libero è salita al 72,1%; nel 2022 era pari al 66,8%. Nel 2023 il numero di venditori attivi nel mercato al dettaglio è diminuito per la prima volta dall’inizio degli anni 2000 in misura consistente (-34 rispetto al 2022) arrivando a un totale di 481 imprese attive. Di queste soltanto 26 hanno venduto oltre 300 milioni di metri cubi, coprendo l’84,1% di tutto il gas acquistato nel mercato al dettaglio. (…) I primi tre gruppi controllano 41,9% contro il 44,3% del 2022. Il gruppo Eni (13,7%), per la prima volta non risulta in prima posizione, essendo stato superato, nei quantitativi di vendita complessivi, dagli storici inseguitori, Edison (14,3%) ed Enel (13,9%)”, continua il giornale.
“Per quanto riguarda il superamento del sistema della tutela dei prezzi Besseghini, dopo aver fatto il punto della situazione, riassumendo tutti i passaggi che hanno portato alla situazione attuale assicura che Arera continuerà ovviamente a vigilare. «Il superamento della fase di transizione, tra servizi di tutela e mercato libero – ha dichiarato il presidente dell’Autorità per l’energia – richiede di rafforzare il controllo e le garanzie nel mercato libero e di focalizzare la propria attenzione sulla capacità del mercato di esprimere prezzi competitivi o servizi a reale valore aggiunto, per valutare l’effettiva evoluzione delle opportunità offerte al consumatore». (…) Nel corso del 2023 sono stati ben 526.623 reclami inviati alle imprese che forniscono luce e gas agli italiani. Rispetto al 2022 si registra un aumento pari al 5,97%. In larga parte (61,36%) le proteste sono riconducibili a clienti del settore elettrico, il 32,23% a clienti del settore del gas e il 5,93% a clienti dual fuel”, continua il giornale.
ENERGIA, ARRIVANO ACCORDI NELLE COMMISSIONI PARLAMENTO UE
“In vista della prima plenaria del nuovo Parlamento europeo, prevista la settimana prossima, i partiti politici si stanno spartendo le principali posizioni dell’assemblea. Il metodo è basato sul sistema proporzionale D’Hondt – dal nome di un matematico belga della seconda metà dell’Ottocento, Victor D’Hondt (1841-1901). Attenzione particolare è stata data ad alcune commissioni ritenute prioritarie: agricoltura, industria e ambiente. Secondo un primo accordo, sette presidenze di commissione andranno ai popolari, cinque ai socialisti, tre ai liberali e ai conservatori, due ai verdi, alla sinistra radicale e ai nazionalisti. La distribuzione è ancora oggetto di trattative tra i gruppi parlamentari, in attesa di una riunione dei presidenti di gruppo prevista domani. Tuttavia, alcuni aspetti interessanti saltano già agli occhi. I socialisti avrebbero la presidenza delle commissioni affari economici e ambiente”, si legge su Il Sole 24 Ore.
“(…) I popolari presiederebbero le commissioni esteri, industria, pesca, affari costituzionali, salute, controllo finanziario, e agricoltura. (…) agricoltura, industria e ambiente avrebbero tutte lo stesso numero di membri, a conferma di un trittico di temi che dominerà il prossimo quinquennio”, continua il giornale.
“La bozza di spartizione, messa a punto in queste ore, affida ai nazionalisti del neonato gruppo Patrioti d’Europa due presidenze (cultura e trasporti). Si prevede tuttavia che un cordone sanitario venga applicato, e che i candidati del gruppo di estrema destra verranno messi in minoranza dai partiti più centristi al momento del voto (lo stesso avverrebbe nel caso prendesse forma un vociferato nuovo gruppo che riunirebbe alcuni partiti sovranisti tra cui Alternative für Deutschland). (…) Corre voce di un possibile scambio che attribuirebbe la commissione agricoltura ai conservatori, affidando quella dei diritti civili ai popolari”, continua il giornale.
ENERGIA, 1 ITALIANO SU 5 HA LAVORO GREEN
“La transizione ecologica non sarà una passeggiata per il mercato del lavoro. La conferma arriva dall’Ocse nel suo Employment Outlook 2024 . Un lavoratore italiano su cinque (19,5%) ha già un “posto verde”. Mentre cinque su cento (5,1%) sono impiegati in professioni “inquinanti”: nei prossimi anni dovranno riqualificarsi e transitare in settori con meno emissioni. Nessun problema per quelli ad alta qualifica, basterà un aggiornamento delle competenze. Più complicata la situazione per i lavoratori a bassa qualifica. Non solo ci vorrà uno «sforzo maggiore » nella formazione, ma li attendono condizioni peggiori: salari e protezione «significativamente più bassi». Precarietà, quindi.”, si legge su La Repubblica.
” Ocse suggerisce di usare, anche rivedendoli, i due strumenti introdotti dal governo Meloni, al posto del Reddito di cittadinanza: l’Assegno di inclusione (Adi) e il Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl). Nel primo caso, si invita ad estendere Adi «a tutta la popolazione a rischio povertà» (non totalmente coperta) e a revocarlo «in modo più graduale» quando il beneficiario trova lavoro. Nel caso dell’Sfl, Ocse osserva che potrebbe essere impiegato come «ulteriore incentivo alla formazione », ma «più mirato» per rispondere alla carenza di manodopera proprio nei settori chiave per la transizione ecologica. Il quadro dell’occupazione in Italia è buono, ricorda Ocse. Ma il tasso di occupazione record è sotto la media degli altri Paesi (62 contro 70%). Il tasso di disoccupazione è sopra (6,8 contro 4,9%). E l’Italia è «ancora indietro» sull’occupazione di donne e giovani. Le retribuzioni poi, falcidiate dall’inflazione, viaggiano ancora 7 punti sotto il livello del 2019. (…) Il rinnovo dei contratti sta dando una mano, soprattutto nel comparto dei servizi. I dipendenti del settore privato con un contratto collettivo scaduto sono scesi dal 42% al 16,7% nel primo trimestre. Nonostante questo, la spinta sui salari è timida. Lo spazio per un rialzo, dice Ocse, c’è. Va trovato nei profitti. «In molti Paesi le imprese possono assorbire ulteriori aumenti salariali, soprattutto perché non ci sono segnali di una spirale prezzi-salari»”, continua il giornale.