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Auto elettrica frena, i ceo comprano più azioni, le revisioni del Green Deal. Cosa c’è sui giornali

Le immatricolazioni di auto elettriche rallentano a maggio, i ceo delle società comprano più azioni per aumentare il valore, si apre la partita delle revisioni del Green Deal. La rassegna stampa

Le immatricolazioni di auto elettriche a maggio rallentano. La colpa è principalmente dell’attesa prolungata degli incentivi, che ha frenato gli acquisti (- 18,3%). I manager delle aziende che non hanno partecipato al rally di Piazza Affari (Ftse Mib + 30%) stanno comprando sempre più azioni della loro società, per inviare un segnale di fiducia al mercato e perché ritengono che i prezzi possano salire. Inizia la non semplice partita delle revisioni del Green Deal, che riguardo tutte le legislazioni del Fit for 55%.

AUTO GREEN, LE IMMATRICOLAZIONI RALLENTANO SENZA INCENTIVI

“Dopo 15 mesi di crescita ininterrotta, le immatricolazioni di vetture hanno segnato la prima flessione. Analizzando il dato di maggio (12,3%) emerge soprattutto il rallentamento della transizione verso l’auto verde. L’attesa prolungata degli incentivi ha frenato gli acquisti delle elettriche (- 18,3%) e l’ulteriore conferma è arrivata dall’esaurimento degli stessi nel giro di poche ore, non appena resi disponibili”, si legge sull’edizione odierna de L’Economia de Il Corriere della Sera.

“(…) Per lungo tempo i consumatori italiani hanno sfruttato i fondi utilizzabili per le auto a benzina e diesel di ultima generazione, lasciando in gran parte inutilizzati quelli a disposizione delle auto alla spina. Il dato negativo è il sostegno indispensabile degli aiuti statali per favorirne l’acquisto. Senza incentivi la quota di auto a batteria langue, specialmente in Italia dove è ferma al 2,8 % (primi cinque mesi dell’anno). Nel resto d’Europa va meglio, la percentuale raggiunge nell’insieme il 12%, ma di questo passo l’obiettivo di dimezzare le emissioni di CO2 entro il 2030 resta, obiettivamente, un miraggio. Sulle cause si discute da tempo: i maggiori indiziati sono le infrastrutture insufficienti, i prezzi d’acquisto ancora alti e i costi dell’energia in aumento. (…) Ma la rivoluzione del trasporto è un processo complesso che riguarda l’intero sistema, le abitudini dei singoli Paesi e dei loro cittadini che devono vedere una reale convenienza in questa trasformazione”, continua il giornale.

“Non tutti i membri dell’Unione corrono alla stessa velocità verso la scadenza del 2030. Prendendo in esame l’accesso alle reti di ricarica, l’Acea ha calcolato un fabbisogno di 8,8 milioni di colonnine da realizzare entro il 2030; il ritmo attuale di crescita è però insufficiente, in previsione dovrebbero esserne installate 1,2 milioni ogni anno, una velocità otto volte superiore a quella di oggi (150 mila all’anno). E non tutti fanno i compiti come sarebbe auspicabile. I due terzi delle ricariche sono concentrati in tre Paesi che insieme coprono il 20% della superficie dell’Unione: Olanda, Germania e Francia. Il restante terzo è distribuito nei 24 stati rimanenti. E fin qui abbiamo considerato il trasporto privato, allargando il campo al trasporto dei beni su gomma il quadro è drammatico perché i camion non dispongono di una rete dedicata”, continua il giornale.

“(…) Quasi tutte le nazioni prevedono forme d’incentivi, chi sull’Iva, chi sulle spese di trascrizione, chi sulle tasse di proprietà, chi sulla carbon tax (laddove esiste), chi sotto forma di aiuti all’acquisto. Sei Stati non prevedono alcun incentivo sull’acquisto, soltanto 17 li contemplano anche per le auto delle società (l’Italia li ha appena varati), cinque in tutto quelli che li offrono per costruire ricariche. Un mosaico complesso che contribuisce a spiegare il diverso grado di penetrazione delle auto elettriche (i ritardi maggiori si registrano nei Paesi dell’est e del Sud). Sui listini della case automobilistiche, mediamente alti per i modelli alla spina, influiscono negativamente anche i costi delle batterie, delle materie prime indispensabili a realizzarle, fattori che favoriscono l’offensiva dei produttori cinesi. (…) Indicativo il recente annuncio di Stellantis che ha congelato la realizzazione della giga factory di Termoli e di Kaiserslautern in Germania. Ufficialmente per il rallentamento della domanda. Al sistema auto forse servirebbe più cooperazione, insieme alla politica che ne indirizza gli obiettivi. Resta molto da fare, ancora, anche per quanto riguarda i costi d’utilizzo, da quello dei parcheggi a quello delle ricariche e alla facilità d’accedervi. L’Europa è chiamata a uno sforzo maggiore”, si legge sul quotidiano.

ENERGIA, I CEO COMPRANO SEMPRE PIÙ AZIONI

“Nel 2023, l’indice milanese Ftse Mib è salito di quasi il 30%, ritrovando i livelli del 2008, per poi guadagnare un altro 14% da gennaio a oggi. La corsa, che proprio negli ultimi giorni pare avere perso un po’ di slancio, è stata perlopiù guidata dalle banche e dall’industria, lasciando fuori alcuni settori e società. A cominciare dalle utility e, in generale, dai comparti più indebitati e più esposti agli aumenti dei tassi di interesse. Spesso, così, i manager delle aziende che non hanno partecipato al rally di Piazza Affari comprano azioni della stessa società, per inviare un segnale di fiducia al mercato e perché ritengono che i prezzi possano salire”, si legge sull’edizione odierna de La Repubblica Affari e Finanza.

“«Se un ad effettua acquisti consistenti – commenta Carlo De Luca, responsabile investimenti di Gamma Capital Markets – può essere interpretato come segnale positivo, suggerendo fiducia nelle prestazioni future dell’azienda. (…) . Tuttavia, avverte De Luca, i manager «possono acquistare o vendere azioni per vari motivi, perciò l’investitore non può basare le sue scelte solo su questo. Può dare un peso a queste transazioni, ma non eccessivo, e le stesse devono essere inserite in un quadro informativo più ampio». (…) Nei giorni scorsi il gruppo ex monopolista ha ottenuto dall’Antitrust Ue il via libera senza condizioni alla vendita della rete telefonica al fondo americano Kkr, cui saranno trasferiti debiti per 14,2 miliardi, con conseguente alleggerimento per Telecom, destinata a restare una società di servizi”, continua il giornale.

“Anche Pasqualino Monti è stato chiamato a guidare l’Enav nel primo giro di valzer di nomine di partecipate statali suonato dall’attuale esecutivo. Il 30 maggio scorso Monti ha acquistato 80mila titoli della società che gestisce il traffico aereo spendendo in tutto 296mila euro, ossia 3,7 euro ad azione, poco meno dei 3,8 che segna oggi il listino milanese. Gli esperti di Intermonte, nell’ultima analisi mensile sulle piccole e medie quotate italiane, inseriscono Enav tra le più interessanti per remunerazione ai soci, con un rendimento in termini di dividendo del 6% quest’anno e cedole complessive pari a 124,5 milioni, superiori agli utili netti del 2023 (112,7 milioni). Il tutto con la soddisfazione del ministero dell’Economia, socio al 53,3% del gruppo romano”, continua il giornale.

“(…) Il direttore generale, Massimo Ferrari, il 24 maggio, ha acquistato in Borsa 100mila azioni a un prezzo medio di 2,048 euro l’una. Appena il giorno prima, a Piazza Affari, Webuild aveva risentito dell’emissione da parte di Salini Spa, riconducibile all’omonima famiglia prima socia, di un prestito obbligazionario da 225 milioni, convertibile in azioni del gruppo quotato e finalizzato al rimborso di un debito bancario. In contemporanea, alcuni acquirenti dell’obbligazione hanno venduto titoli Webuild, per circa il 3% del capitale, a copertura del rischio di mercato sull’investimento. Il collocamento è avvenuto a 2,08 euro per azione, nei pressi delle attuali quotazioni di Borsa. (…) Lo stesso 10 maggio, Belingheri ha comprato in Borsa 64.102 azioni a 7,775 euro l’una e, dopo l’esercizio di stock option a uno strike price di 3,7706 euro, è entrato in possesso di altri 21.174 titoli. Oggi a Piazza Affari Bff viaggia appena sopra quota 9 euro, dai 12,22 dell’8 maggio. C’è poi l’ad di Alkemy, Duccio Vitali, che il 27 maggio ha comprato 3.000 titoli della sua società, operante nel settore della trasformazione digitale, a 9,68 euro l’uno, per un totale di 29mila euro. (…) Lo stesso ad si è impegnato a portare in adesione le ultime azioni comprate, con profitto, più quelle già in portafoglio, per un totale pari all’11% del capitale di Alkemy”, si legge sul quotidiano.

SOSTENIBILITÁ, LA PARTITA DELLE REVISIONI DEL GREEN DEAL

“Agricoltura – dalle norme per l’applicazione transfrontaliera della direttiva sulle Pratiche commerciali sleali a quelle sull’inquinamento da uso di pesticidi – tutela della biodiversità e ripristino della natura, inquinamento da sostanze chimiche. E poi i dossier rimasti aperti nell’ambito della strategia Farm to Fork, che vanno dalla legge sui sistemi alimentari sostenibili – che avrebbe dovuto essere approvata entro fine 2023 – alle norme sul benessere animale, in risposta all’iniziativa «End the Cage Age» firmata da 1,4 milioni di cittadini dei 27 Paesi membri, fino alle leggi più stringenti sullo spreco alimentare. Sono alcuni dei temi dell’Europa green su cui il nuovo parlamento dovrà lavorare. Insieme a emissioni e mercato energetico, eredità della precedente legislatura da portare avanti”, si legge sull’edizione odierna de Il Sole 24 Ore.

“(…) L’Ue ha predisposto tutte le normative climatiche che i Paesi membri dovranno recepire. Restano da capire le modalità con cui questo verrà fatto e l’impatto che potrebbero avere le revisioni previste da qui al 2030. «Il Green Deal non si può smantellare con semplicità», ha detto Francesca Bellisai, Eu policy advisor di Ecco, il think tank italiano per il clima. «Tutte le legislazioni del Fit for 55% hanno clausole di revisione, alcune al 2026, altre al 2027 e 2028, ma per ognuna sarà la Commissione a dover prendere l’iniziativa con una proposta legislativa. Significherebbe aver avuto una spinta sia dai capi di Stato verso la Commissione, ma anche da parte degli stessi commissari»”, continua il quotidiano.

“Fra gli ultimi atti del Consiglio, l’approvazione del regolamento sul monitoraggio e la riduzione delle emissioni di metano e il pacchetto Gas e Idrogeno, attesi in Gazzetta Ufficiale per fine giugno. «Sarebbe poi di grande rilievo la conclusione del processo di adesione dell’Ue alla Corte europea del diritti dell’uomo (Cedu) – sottolinea Claudio Vivani, co-fondatore di Renna & Vivani – che agevolerebbe la presentazione, anche da parte dei singoli cittadini, di reclami contro la Ue o Stati membri per violazione dei diritti umani in materia ambientale e climatica e contribuirebbe ad assicurare la coerenza delle decisioni della Corte di giustizia dell’Unione europea (Cgue) e della Cedu»”, continua il giornale.

“In ogni caso, il Green Deal ha da tempo messo in moto road map settoriali per l’industria e piani di transizione energetica e tecnologica. «Alle imprese servono certezze, perché in altri Paesi – gli Stati Uniti, con l’Inflation Reduction Act, e la Cina, la cui economia nel 2023 è cresciuta di oltre il 5% grazie agli investimenti nell’economia pulita – gli obiettivi sono chiari», conclude Bellisai. Nei piani dell’Ue, un flusso constante di fianziamenti dovrebbe essere garantito anche dal Fondo sociale per il clima, che dovrebbe entrare in vigore nel 2026 ed essere alimentato dai ricavi del nuovo sistema Ets2, la cui partenza è prevista per il 2027. Se non ci saranno ritardi”, si legge sul giornale.

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