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Tesla Gigafactory Berlino

Auto elettrica, i piani di Tesla per l’Europa: al via l’espansione della gigafactory di Berlino

A Grünheide, alle porte di Berlino, sono iniziati i lavori per l’ampliamento della gigafactory che il patron dell’auto elettrica, Elon Musk, ha voluto nel cuore del Vecchio continente. Il magnate intende realizzare nuovi spazi per magazzini e attività logistiche ma non mancano le polemiche

C’è chi, immancabilmente, ha fatto notare il paradosso dato dal fatto che, per la sua fabbrica che produrrà auto elettriche, a basso impatto ambientale, l’istrionico Elon Musk abbia dovuto disboscare un’altra area di 70 ettari a Grünheide, alle porte di Berlino, dove da quest’anno è operativa la sua prima gigafactory europea.

TUTTI I PROBLEMI DELLA GIGAFACTORY TESLA DI BERLINO

Un impianto, quello di Grünheide, definito dallo stesso Musk, patron di Tesla, «fornace che brucia soldi» e che ha causato all’imprenditore sudafricano, fin dalla posa della prima pietra, un’infinità di grattacapi: 800 istanze, per lo più di animalisti e di comitati sorti spontaneamente (l’ultima causa ha riguardato l’accusa che, con la messa in funzione della gigafactory, Tesla potesse prosciugare la falda lasciando a secco i cittadini del Brandeburgo). Si sono polverizzate tutte di fronte ai giudici, ma hanno comunque irritato il miliardario sudafricano che a più riprese si è lamentato, ovviamente via Twitter, della lentezza della burocrazia tedesca.

Come se non bastasse, stante la sollevazione popolare, l’ultimo via libera delle autorità locali è arrivato condizionato: Tesla dovrà dimostrare il rispetto di diverse prescrizioni sul fronte dell’utilizzo di acqua e dell’inquinamento atmosferico, istallando impianti di monitoraggio delle emissioni e di protezione delle falde acquifere.

L’ultima causa, almeno in ordine di tempo, è portata avanti dalla principale associazione di consumatori tedesca, la Vzbv (Verbraucherzentrale Bundesverband), presso il tribunale regionale di Berlino, che accusa Tesla di violare le normative sulla protezione dei dati e di pubblicità ingannevole sulle reali emissioni di anidride carbonica dei suoi veicoli. Almeno in questo caso la gigafactory di Berlino non c’entra, è vero, ma permette comunque di intuire quanto siano tesi i rapporti tra Tesla e il popolo tedesco.

COSA CI DICONO I NUMERI DELL’ULTIMA TRIMESTRALE TESLA

Nonostante tutto, la Germania, e più in generale il Vecchio continente, restano cruciali nelle strategie espansionistiche di Tesla. Per capire perché, però, prima occorre spulciare gli ultimi risultati finanziari. La Casa dell’auto EV ha chiuso il terzo trimestre, quello da luglio a settembre, con ricavi per la prima volta nella sua storia superiori ai 20 miliardi di dollari: per la precisione a 21,45 miliardi, in crescita del 56% sul medesimo periodo dell’anno scorso e in deciso miglioramento rispetto alla prima parte dell’anno, quando diversi rallentamenti in Cina, per alcuni colpi di coda del Covid, avevano bloccato la produzione nel maxi stabilimento di Shanghai, cuore della strategia industriale sapientemente messa in piedi da Musk.

Tesla, insomma, resta una scheggia: se tra i primi tre mesi e i successivi tre il fatturato era calato da 18,756 miliardi a 16,934 miliardi, ora ha effettuato un balzo a 18,7 miliardi, con il contributo della vendita di crediti ambientali attestarsi a 286 milioni, il 3% in più rispetto a un anno fa, anche se meno della metà rispetto ai 679 milioni del primo trimestre.

Il conto economico ha beneficiato soprattutto del contenimento dei costi operativi, saliti di appena il 2%, mentre le spese del business automobilistico, passate da 10,52 a 13,48 miliardi, sono sì cresciute ma un tasso in linea con quello dei ricavi. Il margine operativo è tornato sopra il 15%, salendo dal 14,6% al 17,2%, mentre l’incidenza dell’Ebitda sul fatturato è risultato stabile al 23,2%. In crescita anche i profitti netti, migliorati del 75% a 3,65 miliardi, con l’utile per azione aumentato del 69% a 1,05 dollari, poco sopra i 99 centesimi attesi dagli analisti. Infine, i flussi di cassa positivi per 3,3 miliardi, quasi il triplo rispetto agli 1,33 miliardi di un anno fa anche grazie a investimenti a 1,8 miliardi.

“PRODURRE, PRODURRE, PRODURRE”

Ora, però, per restare in cima, serve pigiare l’acceleratore sulla produzione. Elon Musk lo scorso luglio aveva indicato che ci fossero “buone possibilità” di raggiungere un tasso di produzione globale di 40.000 veicoli a settimana entro la fine del 2022. Secondo un rapporto interno di cui è venuta in possesso l’agenzia Reuters, questa soglia potrà essere raggiunta solo nel primo trimestre del 2023, ma la casa fondata dall’ex startupper sarebbe in grado di raggiungere circa 1,4 milioni di veicoli di vendite globali nel 2022 e superare quota 2,1 milioni nel 2023. La produzione ad Austin dovrebbe aumentare a quasi 101.000 auto settimanali entro la fine del terzo trimestre 2023, mentre a Berlino si passerebbe dai 51.000 esemplari previsti entro fine 2022 a quasi 90.000 entro il terzo trimestre 2023.

Lo scatto sarebbe dietro l’angolo: le proiezioni interne elaborate da Tesla prevedono di incrementare la produzione mondiale di Model Y e Model 3 nel quarto trimestre 2022, per poi ampliare ulteriormente la produttività con ulteriori sprint nel 2023. L’obiettivo è sfornare ben 495.000 esemplari delle due vetture EV nell’ultimo trimestre dell’anno, quello tradizionalmente (accade dal 2018) più attivo per l’azienda.

L’obiettivo del 2022 è insomma fare uscire dalle linee sparse per il mondo circa 1,4 milioni di veicoli. Per Model Y e Model 3 le stime poi sono di 1,59 milioni di unità completate nei primi tre trimestri del nuovo anno, per terminare il 2023 con vendite ad oltre 2,1 milioni di unità. A proposito di record, Tesla punta a una crescita di 10 volte superiore a quella del mercato globale delle automobili, con un aumento di oltre il 50% rispetto all’anno precedente.

Finora, però, l’azienda statunitense ha prodotto 929.910 veicoli spalmati lungo i primi tre trimestri e dovrebbe perciò sfornarne più di 570.000 solo nel quarto per raggiungere l’obiettivo. Il ché pare impossibile, sebbene Musk ci abbia insegnato che nel suo dizionario quella parola è assente.

Ammesso e non concesso che Tesla riesca a produrre oltre mezzo milione di auto tra ottobre e dicembre (l’ammodernamento estivo delle linee di Shanghai servirebbe proprio a quello), resta da capire se la domanda resterà alta, considerata la recessione ormai globale destinata a esplodere in autunno, quando i costi dell’energia, complice la stagione, saliranno un po’ ovunque. Potrebbero esserci poi ulteriori rincari sulle materie prime, o generalizzati, se l’inflazione continuerà a salire. E Tesla potrebbe ritoccare nuovamente verso l’alto i propri listini.

E poi ci sono i problemi, già emersi nei giorni scorsi da un report interno, legati alla logistica, ovvero al trasporto delle auto su navi e camion. Perché ok avere la propria fornace di riferimento in Cina, ma poi occorre fare arrivare le auto sfornate a Shanghai ai quattro angoli del globo. Operazione sostenibile quando il mondo è in pace e i costi del carburante scendono, ma che si è rivelata particolarmente costosa e problematica nell’ultimo trimestre, specie se è proprio l’aumento della produzione a fare da tappo.

PERCHE’ LA GIGAFACTORY DI BERLINO È CRUCIALE PER TESLA

E qui torniamo alla gigafactory che Tesla ha voluto edificare alle porte di Berlino, portata avanti nonostante tutti i grattacapi a cui abbiamo precedentemente accennato. A inizio ottobre lo stabilimento europeo, che al momento produce solo Model Y destinate al mercato nostrano, ha raggiunto il traguardo di 2.000 auto elettriche prodotte nell’arco di una settimana, una tappa considerata fondamentale dopo l’aggiunta di nuovi turni di lavoro in catena di montaggio.

 

Non è mancata l’ovvia foto ricordo e la celebrazione social (ovviamente via Twitter), ma la realtà è che la gigafactory Tesla di Berlino è solo ai primi dieci metri di una maratona che ne temprerà forza e carattere. Musk vuole infatti che a Grünheide si arrivi entro fine 2022 a 5.000 vetture ogni sette giorni. Dalla prima rilevazione, 1.000 vetture lo scorso giugno, Tesla è stata capace di raddoppiare il volume in circa 90 giorni, e dovrebbe fare più o meno lo stesso nei prossimi mesi.

 

Acceso il reparto che si occupa di sviluppare sul posto le batterie, con la produzione degli elettrodi con macchinari presumibilmente già predisposti alla produzione delle celle al litio in formato 4680, finora sviluppati esclusivamente nell’impianto madre, di Austin, in Texas. Questo è un passaggio essenziale per iniziare in loco l’assemblaggio delle Model Y a singolo motore RWD con il pacco batteria strutturale con le celle 4680.

Secondo la road map tracciata esattamente un mese fa dal Consiglio della gigafactory Tesla di Berlino e reso noto via Twitter, si sarebbero presto resi disponibili nuovi colori: ebbene il 21 ottobre scorso la Casa delle auto elettriche ha annunciato le varianti Rosso Ciliegia Scuro, colore metallico ad alta saturazione con un’ottima profondità che cambia a seconda della luce, e Argento Mercurio, colore dinamico dall’effetto di metallo liquido che fa risaltare le forme della vettura, disponibili per il momento soltanto su Model Y Long Range e Performance prodotte a Berlino. Quanto ai costi, è necessario sborsare 3.000 euro per l’Argento Mercurio e 3.200 euro per il Rosso Ciliegia Scuro. Quello dell’arrivo delle nuove colorazioni può apparire come un dettaglio secondario, di scarso valore se non si ha in programma di acquistare un’auto elettrica di Musk, ma in realtà è utile a comprendere come Tesla stia rispettando i tempi precedentemente dichiarati.

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