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Ue

Auto elettriche, come la Cina punta al monopolio

Tutta la produzione delle auto elettriche passerà da Pechino. La Cina sta ponendo le basi per avere a breve il monopolio assoluto delle batterie

Il quadro viene fuori da una interessante inchiesta dell’inviato a Pechino Filippo Santelli, pubblicata ieri su Repubblica Affari e finanza. Il monopolio cinese delle batterie elettriche sarà assicurato dalla costruzione degli stabilimenti di trasformazione in patria, e dall’acquisizione in tutto il mondo dei giacimenti dei minerali necessari a realizzarne le componenti.

LE TERRE RARE NECESSARIE PER LE AUTO ELETTRICHE

Queste terre rare necessarie per produrre gli accumulatori, sono principalmente metalli come il cobalto il litio. Dopo averne acquisito quasi tutti i giacimenti di estrazione, la Cina si avvia a raggiungere il monopolio della trasformazione, produzione dei componenti, e assemblaggio. Non a caso analisti di Foreign Policy l’hanno definita «Una concentrazione di potere di mercato senza precedenti sul petrolio di domani, realizzata in maniera rapida e efficiente». Una strategia che non solo le consentirebbe di avere il dominio totale del mercato, ma, essendo appunto un mercato in espansione, di condizionarne l’evoluzione, definendone standard tecnici o togliendo tecnicamente la carica agli avversari.

LA CINA  DETIENE L’80% DELLA PRODUZIONE DI TERRE RARE

Non a caso proprio il giorno successivo al boicottaggio di Donald Trump a Huawei, Xi Jinping si è recato presso una azienda cinese di terre rare. Il tweet di risposta è chiaro: se gli Stati Uniti interrompono il flusso di microprocessori verso la Cina, la Cina blocca il flusso dei metalli necessari a realizzarli. «Non dite che non vi avevamo avvertito», ha scritto il Quotidiano del Popolo, stessa frase utilizzata prima della guerra con l’India e dell’invasione del Vietnam.

Queste terre rare, di cui la Cina detiene l’80% della produzione, sono i famosi 17 metalli fondamentali per l’elettronica avanzata e l’industria militare. Ma il monopolio si estende anche alle materie prime usate nelle batterie agli ioni di litio, che pure giacciono fuori dal sottosuolo nazionale. Ad esempio il 70% delle riserve globali di Cobalto è situato in Congo, ma i cinesi ne controllano oltre metà. Così come per il litio in Cile. Si tratta di acquisizioni su cui i cinesi hanno messo il controllo oltre dieci anni fa, quando il calo dei prezzi ha fatto crollare i grandi operatori internazionali. In Paesi dai regimi instabili e poco trasparenti come il Congo, la Cina in cambio delle concessioni offre investimenti infrastrutturali. E anche quando sulla carta compaiono aziende private, in realtà sono sempre sostenute da linee di credito statali.

PECHINO  INVESTE SULL’INTERA FILIERA DELLE AUTO ELETTRICHE

Ma come dicevamo la Cina oltre che i giacimenti controlla anche tutto il resto della catena fino al prodotto finito. Anche questo grazie a ingenti incentivi statali. A dimostrazione di una vera e propria strategia tecnologica, industriale, economica e geopolitica, in guerra contro gli Stati Uniti.

Il primo step è la trasformazione dei metalli, industria chimica sporchissima e dai margini molto bassi che l’Occidente ha di buon grado delocalizzato.
Il secondo step è quello dei componenti. Dei quattro pezzi principali di una batteria agli ioni di litio, secondo i calcoli del think tank MacroPolo, la Cina sforna il 66% degli anodi, il 64% degli elettrodi, il 45% dei separatori e il 39% dei catodi. Qualche concorrente si trova in Giappone e Corea del Sud, nessuna azienda americana.

Mentre iniziamo a trovarle alla fine del processo, quando arriviamo all’assemblaggio finale delle batterie. Qui il major è Tesla, con il suo stabilimento in Nevada. Che per quanto avanzatissimo non arriva in termini di volumi alle cinesi Catl e Byd.

LA STRATEGIA DI ELETTRIFICAZIONE CINESE

Nella strategia complessiva di elettrificazione la Cina ha pensato bene di tenere la filiera vicino al mercato finale, così oltre a finanziare i produttori, fornisce ingenti incentivi anche per l’acquisto delle auto elettriche, e l’utilizzo di blocchi burocratici: ad esempio a dispetto di quella elettrica, è molto difficile riuscire ad ottenere una targa per un’auto a benzina. Cosi oggi la Cina è già il primo mercato al mondo dei motori green.

LE CONTROMOSSE STATUNITENSI

Certo gli Stati Uniti non si lasciano dichiarare guerra inermi. L’anno scorso il governo americano ha pubblicato una lista di 35 minerali, tra cui litio e cobalto, considerati «critici per l’economia e la sicurezza nazionale degli Stati Uniti», una sorta di preludio a una strategia di “contenimento” simile a quella attuata per Huawei. Non è detto che la strategia dei dazi sia sufficiente, ma è certo che gli Stati Uniti non stanno a guardare.

Chi resta a guardare è invece l’Europa. Lontana sia dalla produzione che dall’uso delle auto elettriche.

Eppure il futuro economico, industriale e politico sembra essere questo.

Almeno nel resto del mondo civilizzato. E non solo per Greta.

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