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Auto, l’Ira preoccupa meno. Quali frecce ha l’Europa al suo arco?

L’Inflation Reduction Act preoccupa meno l’Europa. Tra i leader europei si diffonde sempre più la convinzione che un nuovo pacchetto di aiuti non sarebbe la risposta giusta all’IRA americana. L’Unione Europea vuole rimanere competitiva puntando sull’efficienza dei processi di permitting, cercando di sfruttare la vicinanza con i clienti e il prezzo dell’energia.

Si attenua sempre più il timore che i miliardi di dollari di sovvenzioni statunitensi possano innescare un vero e proprio esodo di imprese europee verso il Nuovo Mondo. L’Unione Europea vuole rimanere competitiva puntando sull’efficienza dei processi di permitting, cercando di sfruttare la vicinanza con i clienti e il prezzo dell’energia. Fattori su cui il Continente punterà per scongiurare il rischio che il trasferimento di alcune aziende inneschi una fuga in massa.

L’IRA SPAVENTA MENO L’EUROPA

Marzo sarà un mese cruciale per il futuro dell’automotive europeo. La settimana prossima la presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, volerà a Washington per incontrare Joe Biden. La missione che muove il viaggio della presidente in America è il tentativo di allentare le regole sui crediti d’imposta per i veicoli elettrici (EV) prima che il Dipartimento del Tesoro metta nero su bianco le linee guida. Nello stesso mese, la Commissione Europea presenterà anche proposte legislative prima del vertice dei leader sulla competitività del Continente. Le norme affronteranno il problema delle autorizzazioni e il tema dell’approvvigionamento delle materie prime critiche.

I leader dell’UE riconoscono il rischio reale che gli aiuti all’industria americana di 369 miliardi di dollari possano attirare alcune aziende negli Stati Uniti. Allo stesso tempo, però, ritengono che sia importante considerare anche altri elementi. Fattori che le stesse aziende indicano come centrali nelle loro decisioni.

LO STUDIO: GLI AIUTI UE SONO PARI O MAGGIORI DELL’IRA

L’analisi del think tank europeo Bruegel rileva che il sostegno dell’UE è già pari o addirittura superiore rispetto ai soldi dell’Inflation Reduction Act. Il problema non risiederebbe quindi nella quantità, ma nella qualità degli aiuti. L’azienda chimica BASF sottolinea infatti che i crediti d’imposta americani offrono un incentivo migliore per gli investimenti rispetto agli aiuti europei una tantum.

Inoltre, il think thank sottolinea che la metà delle risorse dell’IRA è destinata alla produzione di energia rinnovabile. Questi fondi però sono accessibili però anche ad azienda extra Usa.
Il ricercatore di Bruegel David Kleimann ha detto che anche le aziende negli Stati Uniti dovranno affrontare le sfide normative e le difficoltà di approvvigionamento di materiali locali.

“La principale conclusione che possiamo trarre è che l’IRA ci ha aiutato a fare un bilancio di ciò che stiamo effettivamente facendo bene e dove possiamo migliorare, ad esempio tagliando la burocrazia o aumentando i sussidi all’innovazione”, ha detto Kleimann.

IL COSTO DELL’ENERGIA CONTRO L’ESODO

Un recente sondaggio della Camera di Commercio e Industria tedesca (DIHK) ha mostrato che una azienda tedesca su dieci sta pianificando di spostare la produzione in altri Paesi. La meta preferita è proprio il Nord America. Tra le ragioni principali di questa scelta c’è il costo dell’energia.

Lo stesso governatore della banca centrale belga, Pierre Wunsch, ha detto che i maggiori prezzi dell’energia in Europa avranno un impatto maggiore rispetto all’IRA e per alcune aziende potrebbe rappresentare “la goccia che fa traboccare il vaso”.

“E ‘possibile in alcuni settori ad alta intensità di energia, nuove attività andranno gli Stati Uniti. o forse in Asia, ma ci guadagneremo in altri solo perché il tasso di cambio si adeguerà”, ha aggiunto Wunsch.

I VANTAGGI DELLA LA VICINANZA CON I CLIENTI

Il direttore finanziario di Stellantis, Richard Palmer, ha detto che l’Inflation Reduction Act (IRA) non sta influendo in maniera significativa perché si concentra sulla fornitura di batterie e la produzione di vetture elettriche a livello locale nei principali mercati.

Ilham Kadri, amministratore delegato del gruppo chimico belga Solvay, ha dichiarato che la vicinanza ai clienti è fondamentale, aggiungendo che è rimasta “molto rialzista” in Europa.

Dello stesso avviso è Francesco Starace, amministratore delegato di Enel (ENEI.MI), che ha dichiarato di non credere che le aziende si trasferiranno negli Stati Uniti solamente a causa delle differenze nelle sovvenzioni.

“C’è un sacco di soldi in cerca di buoni investimenti, quindi il vero punto è: avete una buona idea”, ha detto a Reuters

IL PERMITTING RIMANE UN OSTACOLO

Henrik Andersen, amministratore delegato del produttore danese di turbine eoliche Vestas, ha indicato tra gli ostacoli principali allo sviluppo del business delle rinnovabili in Italia sono i permessi per la costruzione di infrastrutture.

“In Europa ci sono 80 gigawatt di potenza aggiuntiva potenziale. In alcuni luoghi, ci vogliono otto anni per ottenere l’autorizzazione”, ha aggiunto.

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