L’alleanza tra le case automobilistiche giapponesi sull’elettrico, l’allarme Ue sulla componentistica di settore, il contributo di solidarietà per energetici, banche e lusso a cui pensa il governo e i lavori sulla rete ferroviaria: i temi sui giornali
Se da un lato le case automobilistiche giapponesi hanno messo in piedi un accordo storico per la realizzazione condivisa di vetture elettriche, dall’altro l’Europa potrebbe per la prima volta diventare importatrice netta di componenti automotive. È l’allarme lanciato nei giorni scorsi da Clepa, l’associazione che riunisce le aziende della componentistica auto Ue. Intanto, anche in vista della Finanziaria e dei prossimi paletti Ue riguardanti lo sforamento dei conti pubblici, il governo sta pensando all’introduzione di un contributo di solidarietà con un perimetro è ampio: banche e assicurazioni, ma anche tutte le altre imprese che hanno maturato utili in abbondanza, da quelle energetiche al comparto del lusso. Infine i lavori sulla rete ferroviaria: sono 4.000 i cantieri piccoli medi e grandi aperti in questa fase dalle Ferrovie sommando i lavori finanziati col Pnrr e gli interventi di manutenzione sia ordinaria che straordinaria. Le interruzioni previste dal 12 al 18 agosto sulla linea Av Milano-Bologna sono quelle che assieme agli altri interventi previsti questo mese fanno più discutere, visto il rischio di allungare anche di due ore i tempi di percorrenza tra Nord, Centro e Sud Italia.
AUTO: HONDA, NISSAN E MITSUBISHI. ALLEANZA ELETTRICA PER I BIG GIAPPONESI
“Il Giappone mette in piedi un altro gigante dell’automobile: Mitsubishi Motors ha firmato un protocollo d’intesa con i suoi connazionali Honda e Nissan, una partnership strategica che li unisce sul futuro elettrico dei loro modelli. Ed è stato proprio Takao Kato, il presidente di Mitsubishi Motors a elogiare ‘la collaborazione con gli altri concorrenti è ormai divenuta essenziale nell’industria automobilistica di oggi che sta vivendo cambiamenti costanti, motivati da una tecnologia sempre in evoluzione, proprio come l’elettrificazione’”. È quanto si legge sul Corriere della Sera. “Per Honda e Nissan il riavvicinamento è storico, necessario per sbloccare la situazione di stallo in cui il Giappone si trova riguardo all’elettrico. Toyota, da parte sua, ha puntato di più sull’ibrido e sull’idrogeno, rimane la più grande casa automobilistica del mondo, solo lo scorso anno ha venduto 11 milioni di veicoli che uniti a quelli dei suoi soci — Suzuki, Daihaatsu, Subaru e Hino Motors — con cui beneficia di economie di scala, può contare su 16 milioni di veicoli fabbricati ogni dodici mesi, continuando a progredire con un utile netto aumentato dell’1,7%, a 8,2 miliardi di euro. Per sbarrare l’avanzata dei brand cinesi e degli europei, le altre case nipponiche non hanno trovato alcuna altra soluzione che quella di allearsi. (…)”, prosegue il quotidiano.
“Si cercano sinergie nella guida autonoma, la connessione con l’intelligenza artificiale, valori che determineranno la competitività delle varie automobili. (…) Le tre case associandosi possono riconquistare terreno contro la Cina, anzi prevedono di essere solamente all’inizio di un lavoro che, complici altri produttori di batterie e giganti dell’elettronica, potrebbe consociarsi in modo strategico”.
AUTO, LA UE RISCHIA DI DIVENTARE IMPORTATRICE DI COMPONENTI
“L’Europa potrebbe per la prima volta diventare importatrice netta di componenti automotive. È l’allarme lanciato nei giorni scorsi da Clepa, l’associazione che riunisce le aziende della componentistica auto Ue. Colpa del peso crescente, nella produzione di autovetture, delle forniture di batterie e semiconduttori e dei ritardi dell’Europa su questo fronte”. È quanto si legge su Il Sole 24 Ore di oggi. “Nel 2023, l’industria europea di forniture automobilistiche ha mantenuto la sua leadership mondiale sui componenti automobilistici “tradizionali”, esportando circa 56 miliardi e registrando un surplus commerciale di 26,7 miliardi, evidenzia Clepa nel suo ultimo report. Il punto però è che ‘nonostante gli ingenti investimenti in ricerca e sviluppo, la produzione di tecnologie automobilistiche innovative si sta spostando sempre più all’estero’ dice Clepa. La storica posizione dominante del Vecchio Continente nelle forniture di componenti è di fatto messa in discussione dalla crescente importazione di batterie e semiconduttori: includendo queste tecnologie, il surplus commerciale dell’Ue scende a 3,1 miliardi nel 2023, in netto contrasto con i 20,9 miliardi del 2021”.
“Quella italiana, accanto a Germania e Francia, rappresenta una delle principali manifatture automotive europee. (…) In ogni caso il 2023 si è chiuso con 25,3 miliardi di esportazioni per le imprese italiane attive nel settore auto, in crescita del 7% sul 2022 e, in valore assoluto, il miglior risultato registrato dal settore. La bilancia commerciale ha registrato un surplus pari a 5,7 miliardi, per i due terzi realizzato grazie a produzioni di componenti meccaniche e accessori. Qualche segnale di rallentamento delle esportazioni è emerso però nell’ultimo trimestre dell’anno scorso e da gennaio a marzo sono calate sia le importazioni, dell’1,4%, che l’export, del 2,8%, con un saldo positivo di circa 1,7 miliardi contro il miliardo e 800 milioni di un anno fa. (…)”, si legge sul quotidiano.
“Al centro dell’agenda italiana, ed europea, dunque c’è il tema della competitività delle filiere automotive e degli investimenti. Le aziende europee continuano a dominare gli investimenti globali in ricerca e sviluppo sottolinea Clepa, con una quota del 40% che scende al 30% però se si considerano gli impegni su batterie e semiconduttori, ambiti nei quali le imprese europee restano indietro. Nel 2023 poi i player europei hanno investito 19,8 miliardi in altre regioni del mondo – tra i maggiori investitori del settore all’estero – con una quota pari al 29,3% degli investimenti diretti esteri (Ide) totali. Il punto, però, evidenzia Clepa, è che se si guarda a impianti di batterie e semiconduttori, sono gli Stati Uniti e l’Asia a fare il pieno di risorse finanziarie. (…)”, conclude il quotidiano.
EXTRAPROFITTI, MELONI CI RIPROVA LUSSO ED ENERGIA CON LE BANCHE
“Il titolo l’ha scelto Giorgia Meloni: contributo di solidarietà. Guai a pronunciare la parola tassa, è l’ordine diffuso a Palazzo Chigi. Quello della premier è tutto tranne che un esercizio lessicale. È parte fondamentale di una strategia che punta a normalizzare il prelievo su ‘chi oggi ha di più e quindi deve dare qualcosa a chi ha di meno’, come ha riferito ai suoi. Il perimetro è ampio: banche e assicurazioni, ma anche tutte le altre imprese che hanno maturato utili in abbondanza, da quelle energetiche al comparto del lusso”. È quanto si legge su La Repubblica di oggi. “(…) Pagano tutti, senza distinzioni. E questo è anche lo schema che Meloni ha in mente per la tassa che serve a incassare soldi necessari a tenere in piedi la Finanziaria. La strada delle imposte ad hoc è impervia: il rischio è finire fuori strada, bocciati dalla Corte costituzionale. E poi, ragionano a Chigi, scotta ancora l’errore fatto il 7 agosto 2023, quando proprio la premier chiese e ottenne l’approvazione in Consiglio dei ministri della tassa sul margine di interesse delle banche. (…) Ma al netto di forzature dell’ultimo minuto se ne parlerà a settembre. Anche perché la premier ha il titolo e il sottotitolo, ma non la struttura del contributo di solidarietà. D’altronde l’idea è abbastanza recente. Risale a metà luglio. (…) Ma il lavoro dei tecnici procede a rilento. Per ora si contano solo le opzioni scartate, come l’addizionale Ires che porterebbe dritto verso l’incostituzionalità, come è già toccato nel 2015 alla Robin tax di Tremonti che voleva tassare le società energetiche. Nelle ultime ore sulla via della premier stanno prendendo forma altri ostacoli. Forza Italia guarda con sospetto al contributo di solidarietà. In ballo c’è anche Mediolanum, la banca controllata dalla famiglia Berlusconi. Un anno fa fu proprio l’intervento degli azzurri a spingere il governo a fare retromarcia sulla tassa. Il copione si ripete”, conclude il quotidiano.
FERROVIE, L’ODISSEA DEI CANTIERI SULLA RETE ITALIANA
“Sono 4.000 i cantieri piccoli medi e grandi aperti in questa fase dalle Ferrovie sommando i lavori finanziati col Pnrr e gli interventi di manutenzione sia ordinaria che straordinaria. Le interruzioni previste dal 12 al 18 agosto sulla linea Av Milano-Bologna sono quelle che assieme agli altri interventi previsti questo mese fanno più discutere, visto il rischio di allungare anche di due ore i tempi di percorrenza tra Nord, Centro e Sud Italia; ma tutti gli altri cantieri, chi poco e chi tanto, possono essere cause di ritardi, rallentamenti e anche cancellazioni dei collegamenti”. È quanto si legge su La Stampa di oggi. “I lavori di manutenzione e di costruzione di nuove linee sulla rete ferroviaria italiana sono fondamentali per migliorare i collegamenti in treno e garantire in primis la sicurezza, ma anche regolarità e puntualità, ai passeggeri, spiegano dal Gruppo Fs. Che in 10 anni conta di investire 124 miliardi di euro. Solo per gli interventi di manutenzione sono previsti 3,5 miliardi di investimenti all’anno. Mentre la spesa complessiva per investimenti quest’anno toccherà quota 9 miliardi di euro. (…)”, prosegue il quotidiano.
“Poi ci sono i tanti cantieri finanziati con oltre 24 miliardi di fondi del Pnrr, per un buon terzo già messi a terra a fine 2023 e destinati sia alla costruzione di nuove linee ferroviarie, sia per installare nuove tecnologie come l’Ertms, il più evoluto sistema di gestione e controllo del distanziamento dei treni, scelto come standard unico dall’Unione Europea e già in uso sull’alta velocità. Ed è proprio per installare questo sistema che fino all’8 settembre una linea locale, ma fondamentale per i pendolari che gravitano su Roma, che la circolazione sulla Roma-Viterbo, nella tratta tra Cesano e Viterbo, è sospesa fino all’8 settembre. (…) Per la Napoli-Bari (145 km di binari da potenziare, costo 5,8 miliardi) si parla di fine 2024, per Brennero e linea Fortezza Verona (81 km, 4,9 miliardi di costo) si dovrà invece attendere il 2026. Idem per l’Av Brescia-Verona-Padovana (9,72 miliardi di spesa). L’adeguamento della Orte-Falconara (per 4,38 miliardi) e della Pescara-Bari saranno completati entro l’anno, quello della Roma-Pescara (7,31 miliardi) nel 2025. Fine 2026 anche per il completamento dei primi lotti dell’Av Salerno-Reggio Calabria (investimento totale stimato in 13,045 miliardi), e per gli interventi sulla Ivrea-Aosta, l’Av Verona-Trieste (161 km e 1,8 miliardi di spesa) e la Milano Rogoredo-Pavia. Extra Pnrr, a parte i cantieri soffertissimi della Torino-Lione (con la fine lavori calendarizzati per il 2032), l’intervento più importante e atteso da anni, in quanto destinato a velocizzare i collegamenti Nord-Sud, riguarda la realizzazione del Passante Av di Firenze: 8,35 chilometri in tutto, costo 2,73 miliardi di euro, che saranno pronti però solo nel 2028 ovvero 21 anni dopo l’avvio dei lavori. (…) A fronte di tanti lavori, inevitabili i disagi, alle Ferrovie ne sono consapevoli e faranno di tutto per alleviare i disagi, assicurano. Ma è certo che i problemi continueranno anche in futuro: proprio in questi periodo infatti Rfi sta programmando gli interventi previsti nel 2025 e nel 2026”, ha concluso il quotidiano.