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Neutralità Tecnologica

Automotive, il nuovo governo punta su neutralità e sovranità tecnologica

Il neo ministro dell’Ambiente intende portare «in Europa un approccio all’Automotive improntato alla neutralità tecnologica». Gli fa eco Adolfo Urso, al dicastero delle Imprese e Made in Italy: «Dobbiamo riportare in casa le produzioni cruciali»

Almeno sul fronte dell’industria dell’auto, sembrano destinate a dividersi le strade di Roma e Bruxelles, soprattutto se quest’ultima, per la transizione ecologica ed energetica in atto, continuerà a privilegiare esclusivamente l’elettrico. Il nuovo governo, infatti, intende portare «in Europa un approccio all’Automotive improntato alla neutralità tecnologica»: lo ha affermato il nuovo Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, intervenendo telefonicamente al #FORUMAutoMotive del 25 ottobre.

Il neo ministro inizierà a esporre la posizione dell’esecutivo italiano al Consiglio Energia in Lussemburgo, come ha affermato lo stesso Picchetto: «l’incontro verterà principalmente sulla crisi energetica che sta coinvolgendo in particolare il Vecchio continente e che ha conseguenze anche sul settore dell’automotive». L’ordine del giorno riguarda difatti il pacchetto di proposte presentato dalla Commissione europea il 18 ottobre e l’intesa raggiunta, anche grazie all’intervento dell’ex presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, sul price cap.

E proprio con Draghi ci sarebbe sintonia perfetta e continuità di vedute anche con riferimento alla transizione ecologica che riguarderà l’industria dell’auto italiana: «La posizione del nuovo governo è di continuità rispetto all’esecutivo Draghi sulla neutralità tecnologica: dobbiamo conciliare le esigenze economiche, industriali, produttive di un grande Paese come l’Italia e il peso che ha l’automotive, con quello che è obiettivo delle emissioni zero e di passaggio all’elettrico o a carburanti di tipo non inquinante e non climalterante», ha precisato il nuovo titolare dell’Ambiete. Minor sintonia, invece, con le istituzioni europee, soprattutto con riferimento al Fit for 55 cui Roma ora guarda «con cautela, realismo e serietà».

Insomma, secondo Picchetto «dobbiamo trovare un punto di convergenza tra i diversi punti di vista», come è «stata la posizione durante il governo Draghi, ma che è quella che abbiamo assunto» con il neo presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. «La presenza in squadra dell’ex ministro Roberto Cingolani, che svolgerà un ruolo da consulente per il Ministero, ci consentirà di presentare insieme a livello europeo un’Italia più forte, con governo uscente e governo entrante uniti nel presentare il proprio punto di vista», ha chiosato.

NON SOLO NEUTRALITÀ TECNOLOGICA

E poi c’è il tema di accorciare le filiere, così da evitare gli imbuti dell’ultimo periodo, per esempio coi microchip. «Il problema della sovranità tecnologica si va ponendo con sempre maggiore forza negli ultimi anni, ed è letteralmente esploso con l’invasione della Ucraina da parte della Russia. È un problema italiano, ma anche europeo in generale: dobbiamo riportare in casa, sul continente europeo quando l’economia di scala non permette una soluzione nazionale, alcune produzioni cruciali». Così, alla Stampa, Adolfo Urso, neo ministro delle Imprese e Made in Italy che, fedele al rebranding del dicastero, individua nella produzione interna la soluzione per diverse sfide che incombono.

«Penso – ha aggiunto – ai microchip che si fanno solo a Taiwan, ai droni, ma anche alle batterie elettriche per le auto del futuro, oppure ai pannelli solari. La transizione ecologica dai combustibili fossili alle rinnovabili non può e non deve significare che l’Europa passa da una dipendenza dal gas russo a una nuova dipendenza dalle tecnologie cinesi». Il nuovo inquilino dello Sviluppo economico ha di fronte a sé una sfida senza precedenti: oltre alle consuete vertenze “di rito” per impedire la chiusura di alcuni grandi player in crisi da tempo, c’è un intero settore, l’automotive, di fatto in panne.

Da questo punto di vista c’è una continuità di pensiero con il predecessore, Giancarlo Giorgetti, oggi all’Economia. L’esponente leghista, qualche settimana fa, aveva difatti espresso seri dubbi sulla rincorsa europea verso l’elettrico: «è necessario fare un ragionamento che vada oltre l’ambizione di fare una transizione green verso un mondo più sostenibile, ma che tenga anche conto di missioni strategiche, ad esempio da dove arrivano le componenti che vengono usate nell’automotive elettrica, per non ritrovarci domani esattamente nella stessa situazione con la Cina, come ci troviamo oggi con la Russia”. E questo “anche tenendo conto la realtà della nostra manifattura, del nostro sistema economico e dei tanti lavoratori impiegati in questo settore».

Giorgetti, sempre di recente, aveva anche ammesso la diversità di vedute tra Roma e Bruxelles: «noi abbiamo fatto una trattativa, abbiamo ottenuto dei piccoli risultati. Quello che è positivo, a mio giudizio, è che negli ultimi tempi questa sorta di dottrina non contestabile è stata messa in discussione: ci sono case automobilistiche che sono tornate sui loro passi e hanno capito che il giusto approccio è la neutralità tecnologica. Non c’è soltanto l’elettrico ma anche altre forme per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale».

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