Secondo Verisk Maplecroft, l’Arabia Saudita, la Nigeria e l’Iraq sono i Paesi più esposti
I fenomeni meteorologici estremi che si verificano a causa del cambiamento climatico stanno minacciando circa il 40% di tutte le riserve mondiali di petrolio e di gas. A lanciare l’allarme, in un report, è Verisk Maplecroft, società di consulenza strategica e rischio globale.
ARABIA SAUDITA, NIGERIA E IRAQ I PAESI PIÙ A RISCHIO
Complessivamente parliamo di circa 600 miliardi di barili equivalenti di petrolio. Circa il 10,5 % delle riserve globali di petrolio e gas si trovano in luoghi considerati “a rischio estremo”, secondo gli indici Climate Change Exposure dell’azienda, mentre il restante 29,5% è considerato ad alto rischio. Tra gli eventi climatici riportati nello studio ci sono tempeste, inondazioni, innalzamenti del livello dei mari e temperature estreme.
Secondo Verisk Maplecroft i membri OPEC come l’Arabia Saudita, la Nigeria e l’Iraq sono i Paesi più esposti a questi rischi. Arabia Saudita e minacciata da siccità, tempeste di sabbia e temperature estremamente alte. Insieme questi tre Paesi rappresentano quasi un quinto delle riserve di petrolio e di gas di tutto il mondo.
EVENTI CLIMATICI ESTREMI DESTINATI AD AUMENTARE
Secondo gli autori dello studio la notizia peggiore è che le conseguenze hanno già iniziato a manifestarsi, le tempeste invernali in Texas del febbraio scorso e l’uragano Ida di agosto sono solo due esempi. Il “Texas Freeze” ha devastato l’industria petrolifera e del gas del Texas e ha lasciato milioni di persone senza energia e riscaldamento, mentre l’uragano Ida ha causato un record di 55 fuoriuscite nel Golfo del Messico, interruzioni della produzione e nell’industria della raffinazione sulla costa.
Nello studio si prevede che “queste tipologie di eventi diverranno più frequenti e ancora più violenti, creando danni ancora maggiori per l’industria. Tuttavia, identificare e parlare di questi rischi, insieme alle raccomandazioni della Task Force on Climate-Related Financial Disclosures (TCFD), è oggi una necessità strategica per le società energetiche, se vogliono mitigare queste minacce e rispondere alle preoccupazioni degli investitori sulla transizione verso un futuro a basse emissioni”.