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Carbone Stati Uniti

Come andrà il carbone negli Stati Uniti

Dopo un probabile aumento nel 2021 e nel 2022, il consumo di carbone negli Stati Uniti ritornerà a calare, spinto in basso dalle politiche di Biden

Nel 2020 gli Stati Uniti hanno consumato 447 tonnellate americane di carbone. È il valore annuo più basso dal 1965, e secondo Bloomberg nei prossimi anni l’utilizzo di questa fonte fossile nel paese scenderà ancora di più, fino a raggiungere livelli registrati nel Diciannovesimo secolo.

AUMENTI NEL 2021 E NEL 2022

Nel 2021 e nel 2022, tuttavia, il consumo di carbone conoscerà un aumento negli Stati Uniti, grazie alla ripresa economica che stimolerà la domanda di elettricità dopo il calo dell’anno scorso dovuto alla pandemia di coronavirus. La Energy Information Administration – agenzia del governo americano che si occupa di analisi statistiche sull’energia – prevede appunto una crescita del 12 per cento dell’utilizzo del carbone nell’anno in corso e un incremento più leggero in quello seguente.

RITORNO AL DECLINO

Dopodiché, il carbone riprenderà probabilmente a diminuire. Si tratta del resto di un fenomeno che va avanti da una decina d’anni, durante i quali il declino di questo combustibile è stato mediamente del 5 per cento annuo.

IL RUOLO DI GAS E RINNOVABILI

Finora, la fonte che ha sottratto quote di mercato al carbone è stato il gas naturale, estratto nei depositi di shale e meno inquinante (considerate le quantità di CO2 emesse per unità di energia prodotta). Al gas si aggiungono inoltre le rinnovabili come l’eolico e il solare, che hanno costi molto vantaggiosi e che possono essere abbinate a sistemi di stoccaggio con batterie che ne risolvono i problemi di intermittenza.

LE POLITICHE DI TRUMP E BIDEN

Le politiche pro-carbone annunciate dall’ex-presidente americano Donald Trump non hanno avuto l’effetto di invertire la traiettoria discendente di questo combustibile fossile. Il trend verrà probabilmente accelerato dai piani energetici e climatici dell’attuale amministrazione di Joe Biden, che vuole che gli Stati Uniti raggiungano la neutralità carbonica al 2050 e si dotino di una rete elettrica alimentata esclusivamente ad energia “pulita” entro il 2035.

LE PREVISIONI AL 2030

Stando a BloombergNEF, entro il 2030 la quota di generazione elettrica dal carbone si sarà ridotta della metà rispetto a quella – già bassa, vista la crisi del coronavirus – del 2020.

BREVE STORIA DEL CARBONE NEGLI STATI UNITI

Il carbone è diventata la principale fonte di energia degli Stati Uniti verso la fine degli anni Ottanta dell’Ottocento, andando a rimpiazzare la combustione del legname. Ha ceduto a sua volta il primato al petrolio negli anni Cinquanta del Novecento, per poi tornare sulla scena sul finire del Ventesimo secolo come combustibile nelle centrali elettriche. Il suo utilizzo – che ha portato grandi benefici, ma anche danni ambientali – sembra oggi essere arrivato alla fine.

Negli Stati Uniti i volumi di occupazione nelle miniere di carbone hanno raggiunto un picco molto prima rispetto al consumo di questa fonte. I posti di lavoro nelle miniere hanno raggiunto il massimo nel 1923: 863mila in tutto. Quando l’utilizzo del carbone ha raggiunto il picco, nel 2007, gli impiegati nelle miniere erano 77mila; lo scorso marzo sono scesi a 43.600.

Il calo dell’utilizzo del carbone è stato più alto, in termini percentuali, sotto Trump che sotto Barack Obama, nonostante la distanza tra le politiche energetiche e climatiche dei due ex-presidenti. Con Obama, infatti (2009-2017), l’uso del carbone è sceso del 5,2 per cento all’anno; durante la presidenza Trump (2017-2021), invece, la diminuzione è stata del 10,1 per cento all’anno.

Praticamente tutto (il 91 per cento) il carbone consumato negli Stati Uniti nel 2020 è stato utilizzato per generare elettricità; il resto è stato invece impiegato nei processi industriali, come quelli per l’ottenimento dell’acciaio.

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