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La Fine Di Boris Johnson

Come cambierà il clima nel Regno Unito

Si è chiusa una settimana a dir poco infernale per il governo britannico. Dopo le dimissioni di vari ministri, l’addio di Boris Johnson

Si è chiuso il capitolo di Boris Johnson a Downing Street. Nella serata di giovedì, il primo ministro britannico ha annunciato le dimissioni dopo l’addio all’esecutivo di numerosi ministri tra cui quello del Tesoro. Una scelta pressoché obbligata per BoJo, il quale però vuole o vorrebbe gestire questo passaggio di consegne lasciando subito il partito e in autunno la permanenza al civico 10.

Dal punto di vista politico gli scenari che si aprono adesso sono tanti: le incognite non mancano  nel formulare ipotesi sul successore dell’ex giornalista del Telegraph. Nemmeno a livello di scelte in materia climatica e ambientale.

TUTTA L’ENERGIA SOLARE DEL REGNO UNITO SOTTO BORIS JOHNSON

Come tutti i paesi del quadrante occidentale, anche il Regno Unito ha da tempo avviato il percorso di svolta verso le energie rinnovabili. Ma allo stesso tempo sta facendo i conti con il momento storico, gli effetti della pandemia e della guerra russa in Ucraina. Il che significa, tecnicamente parlando, catene di approvvigionamento interrotte.

Uno degli effetti, per esempio, è che il boom della domanda di pannelli solari è messo in penombra, nonostante il successo. Anche perché, nel concreto, i problemi dei britannici sono simili ai nostri. Quindi: bollette alte, consumi da contenere e stagione estiva nel vivo. A giugno il numero di ricerche su eBay di pannelli e batterie solari è aumentato rispettivamente del 54% e del 134%, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Ma l’industria dei pannelli solari nel Regno Unito è notevolmente frammentata, con pochi attori a livello nazionale. Ikea ha venduto pannelli solari e batterie nel Paese per due anni prima di fermarsi, nel 2019, sebbene li venda ancora in Europa. La britannica Solarcentury, fondata dal geologo petrolifero Jeremy Leggett, a fine 2020 è stata acquistata dalla specialista norvegese delle energie rinnovabili Statkraft. Negli ultimi tempi, invece, gli investitori istituzionali britannici hanno mostrato maggiore interesse per il settore.

LE ULTIME MOSSE DEL GOVERNO

Mercoledì, l’esecutivo moribondo ha affermato che i piani per rafforzare la sicurezza energetica del Paese, diversificare i combustibili fossili e proteggere i consumatori dall’aumento vertiginoso dei prezzi diventeranno legge. Un provvedimento che include 26 misure per riformare il sistema energetico e ridurre la dipendenza del Paese dai combustibili fossili e l’esposizione alla volatilità dei prezzi del gas.

Il giorno dopo, il governo ha comunicato che l’ultima asta di sussidi della Gran Bretagna per aiutare a sostenere nuovi progetti di energia rinnovabile ha assegnato contratti a progetti in grado di generare un record di 11 gigawatt di elettricità. Una capacità sufficiente per alimentare circa 12 milioni di case nel Regno Unito e contribuire a ridurre l’esposizione del Regno Unito ai prezzi globali volatili.

COME EREDITARE L’OPERATO DI BORIS JOHNSON

Tutto bello, ma adesso? Il Guardian, in un’analisi a più ampio raggio, riconosce i passi avanti sul clima e le politiche ambientali fatti dal governo britannico in questi anni.

“La premiership di Johnson ha portato una legislazione ambientale più importante e probabilmente maggiori progressi nell’affrontare le crisi”, ha scritto Fiona Harvey. La quale, citando i provvedimenti legislativi su pesca, ambiente e agricoltura descrive positivamente gli ultimi due anni e mezzo. Durante i quali sono arrivati anche gli impegni di Glasgow durante la Cop26, un piano per raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette, nonché una strategia di sicurezza energetica.

Oltre al solare, discusso sopra, è esploso anche il settore dell’energia eolica. E anche sui mari, l’impegno del Brexit-man è stato importante. Da questo punto di vista, oltre che per questioni politico-ideologiche, è difficile sostenere il paragone con Trump. Certo, la macchia della Brexit pesa e come. Ma, forse, ci sono sovranisti e sovranisti.

IL GOVERNO DI DOMANI

Con le dimissioni programmate, però, le preoccupazioni sull’esecutivo che verrò sono estendibili anche alle politiche climatiche e ambientali. Dave Timms, responsabile degli affari politici di Friends of the Earth, ha dichiarato: “Come primo ministro, Johnson ha reso sempre più la crisi climatica parte della sua narrativa pubblica personale e del partito conservatore. La sua retorica in momenti come i negoziati sul clima delle Nazioni Unite, sebbene idiosincratica, non ha esitato a riconoscere il livello di catastrofe che il mondo stava affrontando, né l’urgenza di agire necessariamente”. Insomma, come reggere il peso di questo credito? A chi affidarlo?

Tutto ciò non significa che l’operato di Johnson sia stato perfetto. Ma per valutarne il seguito occorre guardare al partito dell’ormai ex premier. Nei Tories, infatti, ci sono già molti esponenti che vogliono accelerare la retromarcia sulla riduzione delle emissioni. Il Net Zero Scrutiny Group, per sempio, conta venti parlamentari conservatori. Oppure, il Conservative Environment Network ne include più di cento.

Per il quotidiano progressista, le loro posizioni sono poco realistiche. Ma nella stampa di destra sono molto diffuse e possono influenzare i potenziali successori di Johnson: Rishi Sunak e Liz Truss, ad esempio, sono stati notevolmente cauti sulle questioni green. Il rischio è che di BoJo rimangano più gli insuccessi sul contrasto al coronavirus, gli scandali (anche) sessuali oltre che la spinta per la Brexit.

 

 

 

 

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