Advertisement Skip to content
Africa

Come e perché l’Europa sta cercando il gas in tutta l’Africa

Le mosse di BP, Eni, Shell ed altri indicano che progetti in stand-by nel continente potrebbero riavviarsi per rispondere alla crescente domanda globale

Secondo una ricerca di Rystad Energy, entro la fine degli Anni 30 l’Africa potrebbe raggiungere il picco di produzione di gas a quota 470 miliardi di metri cubi, pari a circa il 75% della quantità che si prevede la Russia produrrà nel 2022. Ad inizio marzo l’Unione Europea annunciò di voler ridurre di due terzi la sua dipendenza dal gas russo entro dell’anno, ma attualmente sta vivendo una crisi degli approvvigionamenti che si ripercuoterà in tutto il mondo.

Anche con il numero di progetti gas in fase di sviluppo o attualmente in ritardo, l’Africa ha ancora un potenziale di produzione significativo: si prevede che il continente africano, entro la fine di questo decennio, aumenterà la sua produzione di gas da circa 260 miliardi di metri cubi del 2022 a un massimo di 335 miliardi di metri cubi. Inoltre, se gli operatori di petrolio e gas decideranno di alzare la posta sui loro progetti di gas in Africa, la produzione di gas naturale a breve e medio termine potrebbe raggiungere valori ancora più alti.

La Russia è stata storicamente il principale fornitore di gas naturale in Europa, con una media di circa il 62% delle importazioni complessive negli ultimi dieci anni. Anche l’Africa nello stesso periodo decennale è stato un consistente esportatore di gas verso l’Europa, rappresentando una media del 18% delle importazioni di gas europee.

Tuttavia, i progetti in Africa sono storicamente considerati avere un rischio maggiore, quindi possono essere ritardati o non essere approvati a causa degli elevati costi di sviluppo, delle difficoltà di accesso ai finanziamenti, dei problemi con i regimi fiscali e di altre tipologie di rischi.

I recenti segnali delle major del petrolio e del gas come BP, Eni, Equinor, Shell, ExxonMobil ed Equinor, tuttavia, indicano un cambiamento nella strategia verso ulteriori investimenti in Africa, con diversi progetti che prima erano bloccati – inclusi progetti di GNL – che potrebbero riavviarsi ed altri, precedentemente archiviati, che potrebbero accelerare per rispondere alla crescente domanda globale.

“La situazione geopolitica in Europa sta cambiando il panorama del rischio a livello globale: mentre i flussi di GNL dagli Stati Uniti sono notevoli, la domanda è molto più alta. Gli importatori asiatici ed europei dovranno considerare le priorità africane durante lo sviluppo dei progetti, poiché molti produttori africani si stanno concentrando sulla fornitura di energia a livello locale e sui mercati intra-africani, oltre a soddisfare i mercati globali. Dopo il divieto delle importazioni russe, l’infrastruttura esistente del gasdotto dal Nordafrica all’Europa e le relazioni storiche di fornitura di GNL rendono il continente una valida alternativa per i mercati europei”, ha spiegato Siva Prasad, senior analyst di Rystad Energy.

I Paesi africani che storicamente hanno fornito gas all’Europa sono pronti ad aumentare le esportazioni.
Il vantaggio dell’Africa è che dispone già di gasdotti esistenti collegati alla più ampia rete del gas europea, con le esportazioni di gasdotti che attualmente dall’Africa arrivano in Europa, ad esempio dall’Algeria alla Spagna e dalla Libia all’Italia.

Negli ultimi mesi sono aumentati i colloqui sui gasdotti a lunga distanza, che collegano i giacimenti di gas nel sud della Nigeria all’Algeria attraverso il gasdotto trans-sahariano onshore (Trans Saharan Gas Pipeline – TSGP) e il gasdotto offshore Nigeria Morocco (NMGP). Se il TSGP punta ad utilizzare i gasdotti esistenti dall’Algeria per attingere ai mercati europei, il NMGP vuole estendere l’esistente gasdotto dell’Africa occidentale (West Africa Gas Pipeline – WAGP) fino all’Europa, attraverso i Paesi costieri dell’Africa occidentale e il Marocco.

Per quanto riguarda invece le esportazioni di GNL africano, queste provengono principalmente dalla Nigeria e dall’Algeria, con volumi inferiori da Egitto, Angola e una frazione dalla Guinea Equatoriale.
Inoltre, le scoperte su larga scala in mare aperto in Mozambico, Tanzania, Senegal, Mauritania e Sudafrica, una volta sviluppate, hanno il potenziale per produrre ulteriori esportazioni di gas naturale.

In questo momento l’Europa sta valutando come aiutare i Paesi africani ricchi di gas ad aumentare la produzione e le esportazioni negli anni a venire. La decisione dell’Unione Europea, all’inizio del 2022, che tutti gli investimenti nel gas naturale equivalgono a investimenti in “energia verde” segnala che il gas africano è considerato sostenibile.

La crisi dell’approvvigionamento guidata da interessi di sicurezza potrebbe spingere l’Europa a finanziare progetti che aiuteranno anche con l’accessibilità energetica a casa, ad esempio l’Europa potrebbe essere un finanziatore chiave del progetto proposto TSGP, del valore di 13 miliardi di dollari.

L’USCITA DI BP DALLA RUSSIA E I PROGETTI SUL GAS IN SENEGAL E MAURITANIA

L’ad di BP, Bernard Looney, ha affermato che la decisione di lasciare la Russia non è solo la cosa giusta da fare, ma che è anche nell’interesse a lungo termine dell’azienda. Il colosso britannico ha recentemente registrato oneri ante imposte di 24 miliardi di dollari e 1,5 miliardi di dollari nei risultati finanziari del primo trimestre 2022, dopo la sua decisione di ritirarsi dalla Russia. L’azienda ora sta guardando a progetti africani per cogliere l’opportunità di fornire gas ai mercati europei.

BP ha diversi grandi progetti di gas in Senegal e Mauritania: Greater Tortue Ahmeyim (GTA), Yakaar-Terenga e BirAllah LNG. I volumi di GNL dalla fase 1 di GTA galleggiante da 2,5 milioni di tonnellate all’anno (tpa) sono già stati venduti, e parte del gas di Yakaar sarà utilizzato come materia prima per la centrale elettrica da gas del Senegal.

Nel frattempo, il gas di GTA LNG Phase 2 e il gas rimanente di Yakaar–Teranga e BirAllah non sono ancora contratti, e i volumi potrebbero trarre vantaggio da quello che nei prossimi anni dovrebbe essere un mercato del GNL a fornitura limitata.

GTA FLNG Phase 2 ha una capacità pianificata di 2,5 milioni di tpa, mentre gli impianti di Yakaar – Teranga e BirAllah LNG potrebbero avere una capacità di 10 milioni di tpa. Tuttavia, l’ingegneria e la progettazione front-end su Yakaar – Teranga – che è stata avviata nel novembre 2021 – determinerà la capacità finale del progetto, e anche BP attualmente sta conducendo degli studi per decidere se accelerare lo sviluppo del progetto Bir Allah che punta a vendere in Europa.

Come BP, anche altre grandi società potrebbero guardare ai loro portafogli di gas africani per affrontare il probabile deficit di approvvigionamento di gas.

ENI VUOLE AUMENTARE LA QUOTA DI GAS AFRICANO IN ITALIA

Eni ha affermato che in una certa misura può alleviare la dipendenza europea dal gas russo attraverso la fornitura dei suoi progetti africani, tra cui Algeria, Egitto, Nigeria, Angola e Repubblica del Congo.
Lo scorso mese l’Italia, in associazione con Eni, ha firmato accordi per incrementare le importazioni di gas da Algeria ed Egitto e poi, più di recente, altri due accordi di fornitura di gas con il Congo e l’Angola.

Altre nazioni africane in cui Eni detiene importanti portafogli upstream e sui quali le autorità italiane potrebbero potenzialmente firmare accordi legati al gas includono Mozambico, Nigeria, Ghana, Costa d’Avorio e Libia.

La Nigeria attualmente sta portando la capacità del progetto Nigeria LNG da 22 milioni a 30 milioni di tpa, attraverso lo schema Train 7 e il debottlenecking, ed Eni è stakeholder in molti giacimenti upstream che forniscono gas di alimentazione all’impianto GNL, oltre che nell’impianto di trasformazione.

EQUINOR, SHELL ED EXXON ESCONO DALLA RUSSIA E LAVORANO SUL GNL IN MOZAMBICO E TANZANIA

Così come BP, anche Equinor, ExxonMobil e Shell hanno importanti portafogli di GNL in Africa che devono ancora essere sviluppati, e possono guardare a queste enormi risorse di gas per contrastare il potenziale deficit di fornitura di gas in futuro.

ExxonMobil ha una partecipazione del 25% nell’Area 4 in Mozambico, con un potenziale significativo per aggiungere ulteriori treni di espansione. Il Mozambico avrebbe dovuto beneficiare della mossa UE di classificare gli investimenti nel gas come verde, anche dopo che un’insurrezione islamista nella provincia ricca di gas di Cabo Delgado aveva paralizzato gli investimenti pianificati.

L’attuale scenario di una potenziale crisi dell’approvvigionamento di gas potrebbe vedere il Paese accelerare lo sviluppo delle proprie risorse di gas. Il ritiro della major statunitense dalla Russia potrebbe portarla finalmente a sanzionare il suo previsto schema Rovuma GNL in Mozambico.

Le uscite annunciate dalla Russia da parte di Shell e del gigante norvegese Equinor potrebbero vedere la coppia concentrarsi nuovamente sullo sviluppo del GNL in Tanzania, a lungo in stallo.
L’aumento della domanda di gas naturale determinato dalla guerra in corso in Ucraina e dal ritiro delle forniture russe potrebbe anche guidare una rinnovata attenzione all’esplorazione e allo sviluppo in Nigeria per alimentare queste esportazioni di GNL per un lungo periodo. Infine in Africa potrebbero essere accelerati anche molti altri progetti per aumentare le esportazioni di gas.

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.

Rispettiamo la tua privacy, non ti invieremo SPAM e non passiamo la tua email a Terzi

Torna su