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Africa

Come la transizione energetica potrebbe trasformare le economie africane. Report Obg

Insieme a un aumento degli investimenti, la crescente domanda di minerali potrebbe garantire all’Africa subsahariana di essere uno dei principali beneficiari della transizione energetica

Il Covid-19 e il conseguente calo dei prezzi e della domanda del petrolio hanno contribuito ad accelerare il passaggio globale alle energie rinnovabili. Ma mentre un certo numero di paesi dell’Africa subsahariana continuano a fare affidamento sui combustibili fossili, si prevede che la regione trarrà vantaggio dal mercato in crescita dei minerali centrale in questo cambiamento. Anxi, è probabile che il passaggio alle tecnologie di energia rinnovabile si traduca in un calo significativo della domanda globale di combustibili a base di idrocarburi come carbone, petrolio e gas. È quanto sottolinea Oxford Business Group società di consulenza che pubblica report su più di 30 paesi del mondo.

IL RAPPORTO AIE

Secondo il report di Oxford Business Group, naturalmente, un impatto importante sul mercato energetico potrebbe lasciarla la pandemia: il rapporto “World Energy Outlook 2020” – diffuso a ottobre dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) con sede a Parigi – stima che gli investimenti energetici globali siano diminuiti del 18,3% lo scorso anno. Mentre gli investimenti in petrolio, carbone e gas sarebbero diminuiti rispettivamente dell’8,5%, 6,7% e 3,3% al contrario degli investimenti in progetti rinnovabili che sarebbero aumentati dello 0,9%.

RINNOVABILI POTREBBERO SODDISFARE 80% CRESCITA DOMANDA DI ENERGIA

Guardando al futuro, il rapporto include anche un modello di proiezione che affermava che le energie rinnovabili potrebbero soddisfare l’80% di tutta la crescita della domanda di energia nel prossimo decennio, in gran parte a scapito del carbone e del petrolio.

Dato che gli idrocarburi hanno rappresentato il 48,5% delle esportazioni dell’Africa subsahariana tra il 1995 e il 2018, la transizione potrebbe avere un impatto significativo sulla regione, sottolinea report.

Le industrie estrattive rappresentano circa il 50% del PIL e l’89% delle esportazioni in Angola, mentre in Nigeria, il più grande produttore di petrolio e gas del continente, il settore rappresenta circa l’86% delle esportazioni e genera 64,8 miliardi di dollari di entrate all’anno.

I MINERALI SONO LA CHIAVE

Il report di Oxford Business Group evidenzia però che mentre è probabile che il passaggio crei alcune sfide a breve e medio termine per i paesi dell’Africa subsahariana, la transizione alle energie rinnovabili potrebbe fornire anche delle opportunità per l’espansione dell’attività mineraria.

In effetti, data l’abbondanza di minerali nella regione, l’Africa subsahariana si trova in una posizione unica per beneficiare di questa prevista esplosione della domanda.

Il cobalto, ad esempio, è uno dei minerali chiave di questa transizione. Oltre ad essere utilizzato nell’imaging medico, nella radioterapia e nella sterilizzazione di apparecchiature mediche, è un elemento chiave nelle batterie ricaricabili di laptop e smartphone.

È anche un componente delle batterie agli ioni di litio che alimentano i veicoli elettrici e immagazzinano energia da solare, eolica e altre fonti rinnovabili.

Strettamente legata alla crescita della produzione di batterie, la domanda di cobalto è destinata a crescere del 60% entro il 2025, secondo una ricerca di McKinsey. Dato che circa il 60-70% delle forniture mondiali di cobalto si trova nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), il paese trarrà vantaggio da questo sviluppo.

Anche litio, nichel e rame sono componenti chiave nella produzione di veicoli elettrici e batterie a energia rinnovabile. Simile al cobalto, ci sono importanti riserve di minerali in tutta l’Africa.

Prima della pandemia, lo Zimbabwe era il quinto più grande produttore di litio al mondo e aveva la sesta più grande riserva di minerale, con circa 220.000 tonnellate.

In termini di nichel, lo Zimbabwe è il secondo esportatore più grande, rappresentando il 16% delle esportazioni mondiali, mentre la Costa d’Avorio arriva al nono posto con il 2,6%.

Nel frattempo, per quanto riguarda il rame, che è un condotto altamente efficiente utilizzato nei sistemi di energia solare, eolica, idroelettrica e termica, la RDC è il quarto produttore mondiale, dietro a Cile, Perù e Cina.

UN POTENZIALE DRIVER DI RIPRESA

Compensare il previsto calo della domanda di petrolio e gas sarà fondamentale per la ripresa economica a lungo termine di un certo numero di paesi africani, molti dei quali sono stati gravemente colpiti dalle ricadute del Covid-19, ammette il report.

Secondo le stime pubblicate dal FMI a gennaio, l’economia regionale subsahariana dovrebbe essersi contratta del 2,6% lo scorso anno, con le due maggiori economie – Nigeria e Sud Africa – in calo rispettivamente del 3,2% e del 7,5%.

Sebbene il crollo della regione sia stata meno grave della contrazione globale del 3,5%, anche la ripresa dovrebbe essere significativamente più lenta rispetto ad altre parti del mondo. Il FMI ha previsto una crescita globale del 5,5% e del 4,2% quest’anno e il prossimo, con cifre nell’Africa subsahariana solo dell’1,5% e del 2,5%.

“Alla luce di ciò, lo sviluppo o l’espansione di industrie emergenti come l’estrazione mineraria potrebbe essere la chiave per la ripresa post-coronavirus mentre i governi cercano nuovi driver di crescita – conclude Oxford Business group -. Mentre gli idrocarburi hanno storicamente costituito circa la metà delle esportazioni dell’Africa subsahariana, rispetto a un 23% stimato per i materiali energetici minerali (MEM), negli ultimi tempi c’è stato un cambiamento in questa dinamica che fa ben sperare per il futuro. Dopo essere aumentati rapidamente tra la fine degli anni ’90 e gli anni 2000, i guadagni di idrocarburi si sono quasi dimezzati dal 2014, mentre il valore dei minerali ha continuato a crescere costantemente, aumentando di sette volte dal 1995. Insieme a un aumento degli investimenti, la crescente domanda di minerali potrebbe garantire all’Africa subsahariana di essere uno dei principali beneficiari della transizione energetica”.

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