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La Cop29 punta a 1.000 miliardi $. Il perché dei guai del Pnrr. Terna prepara asta per batterie da 2 miliardi. Che c’è sui giornali

Trump esce dagli accordi di Parigi ma l’obiettivo della Cop29 restano 1.000 miliardi $ l’anno. Le ragioni dei guai del Pnrr. Terna prepara asta per batterie da 2 miliardi di euro. La rassegna Energia

L’uscita degli Usa dagli Accordi di Parigi fa perdere all’Ue un alleato importante nei negoziati della Cop29 con Cina e Petro-Stati. L’obiettivo principale è arrivare a un accordo sugli aiuti che preveda fino a 1.000 miliardi di dollari all’anno per i Paesi più fragili ed esposti agli effetti dei cambiamenti climatici. Perché il Pnrr naviga in un mare di guai? Le procedure non ancora completate sono oltre il 60 per cento di tutte quelle avviate negli ultimi due anni (98.033 su 162.480) mentre la quota degli importi economici degli appalti non ancora affidati è il 45 per cento del totale avviato (35,5 miliardi su 79,2), spiega Il Foglio, anticipando i dati dell’Anac. Terna sta preparando la prima asta per l’acquisizione di nuova capacità di stoccaggio delle batterie agli ioni di litio dal valore di oltre 2 miliardi di euro. Le procedure per gli accumuli, dispositivi cruciali per l’integrazione delle rinnovabili inizieranno entro metà 2025. Entro fine novembre, Terna invierà al ministro i fabbisogni da acquistare e i parametri tecnici per l’asta. La rassegna Energia.

COP29, OBIETTIVO 1.000 MILIARDI L’ANNO PER PAESI FRAGILI

“La congiuntura astrale sulla Cop29 di Baku diventa più avversa ogni giorno. Alle defezioni dei leader politici, si somma l’annuncio dell’uscita (di nuovo) degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, che toglie peso al negoziatore americano, John Podesta. Durante il primo mandato Trump, gli investimenti nelle rinnovabili non si fermarono negli Usa ed è probabile che non lo faranno nemmeno nei prossimi quattro anni. Una frenata pesante arriverebbe con la revoca dei sussidi erogati dall’Inflation Reduction Act, provvedimento simbolo
dell’Amministrazione Biden, che Donald Trump vuole cancellare. (…) L’Europa perde una sponda di peso nei negoziati con la Cina e con i produttori di combustibili fossili. Peraltro, il suo Green Deal è sotto esame in casa, sotto le pressioni dei partiti conservatori. Pechino, prima al mondo e con distacco per gas serra, potrà farsi passare per la potenza più impegnata sul fronte della transizione energetica, nella quale investe più di tutti. Sosterrà che non le si può chiedere di rinunciare al carbone e allo stesso tempo tagliare i sussidi all’industria green, come fanno Washington e Bruxelles, per esempio con i dazi sull’auto elettrica”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“L’Unione europea e i piccoli Paesi insulari chiedono di dare seguito all’accordo del 2023, che sanciva l’impegno un po’ vago ad «allontanarsi» dall’uso di petrolio e gas, oltre che del carbone. I petro-Stati invece vogliono limitare le discussioni al tema della finanza per il clima. Lo stesso Azerbaijan, che ospita la Cop29, è un grande produttore di petrolio e gas”, continua il giornale.
“Archiviata la cerimonia di inaugurazione, ieri sera, parte la sfilata dei capi di Stato e di Governo. Uno degli obiettivi principali dei negoziati, che dovrebbero chiudersi il 22 novembre, è trovare un nuovo accordo sugli aiuti – fino a mille miliardi di dollari l’anno, dai cento attuali – ai Paesi poveri, i più fragili in termini di infrastrutture e resilienza, e quindi i più esposti al cambiamento climatico, al quale meno di tutti contribuiscono. La Cina, l’India (altro grande inquinatore) e il Brasile faranno a gara per farsene portavoce, nonostante siano latori di interessi che spesso entrano in conflitto. (…) Uno studio condotto da Boston Consulting Group (Bcg), Cambridge Judge Business School e il Cambridge ClimaTraces Lab, afferma che senza azioni coordinate, il mondo potrebbe affrontare perdite economiche comprese tra il 10 e il 15% del Pil globale, entro il 2100. (…) Un altro studio, condotto dalla società di consulenza Oxera per l’International Chamber of Commerce (Icc), afferma che negli ultimi dieci anni, i fenomeni meteorologici estremi sono costati al mondo 2mila miliardi di dollari e hanno coinvolto 1,6 miliardi di persone. L’Italia avrebbe subito perdite per 35 miliardi. «Il cambiamento climatico non è un problema futuro, le perdite si fanno sentire nell’economia reale, qui e ora», ha dichiarato John Denton, segretario generale della Icc. Il tempo delle previsioni è finito, il climate change è arrivato. Il 2024 supererà il record appena stabilito dal 2023 e sarà l’anno più caldo della storia, oltre la soglia degli 1,5 gradi, come confermato dalla World meteorological organization”, continua il giornale. Perché il Pnrr naviga in un mare di guai? Le procedure non ancora completate sono oltre il 60 per cento di tutte quelle avviate negli ultimi due anni (98.033 su 162.480) mentre la quota degli importi economici degli appalti non ancora affidati è il 45 per cento del totale avviato (35,5 miliardi su 79,2), spiega Il Foglio, anticipando i dati dell’Anac.

ENERGIA, TUTTI I GUAI DEL PNRR SPIEGATI CON I NUMERI ANAC

“Il candidato italiano alla vicepresidenza della Commissione Ue, Raffaele Fitto, terrà oggi l’audizione/esame all’Europarlamento nel tentativo di ottenere subito il via libera dalla maggioranza qualificata di due terzi, ma intanto il Pnrr che ha lasciato in Italia – e che la premier Giorgia Meloni non ha ancora riattribuito in seno al governo in termini di deleghe – si muove fra difficoltà crescenti. Ne arriva conferma dai dati dell’Anac – che il Foglio è in grado di anticipare – sulle gare e sulle procedure di appalto relative a investimenti Pnrr svolte fra il 2023 e il 2024 e non ancora assegnate: le procedure non ancora completate sono oltre il 60 per cento di tutte quelle avviate negli ultimi due anni (98.033 su 162.480) mentre la quota degli importi economici degli appalti non ancora affidati è il 45 per cento del totale avviato (35,5 miliardi su 79,2). (…) Una situazione praticamente irrecuperabile senza una proroga della scadenza di giugno 2026. Questi dati meritano subito alcune precisazioni che fa la stessa Autorità nazionale anticorruzione guidata da Giuseppe Busia. La prima è che da questo perimetro sono esclusi gli affidamenti diretti senza gara che, quindi, per definizione sono già aggiudicati. Se, per avere uno scenario completo degli appalti Pnrr, si comprendessero nel calcolo anche questi numeri (che però hanno importi molto bassi), la quota di opere non ancora affidate scenderebbe. (…) l’esistenza di un polverone – non sappiamo quanto grande – di progetti Pnrr o ex Pnrr che non si è mai posato a terra. La seconda precisazione dell’Anac riguarda una distinzione fra i due anni presi in esame: “Dai dati – scrive Anac – risulta che per gli appalti avviati nel 2023 è arrivato all’affidamento il 74 per cento del valore appaltato mentre quelli avviati nel 2024 sono solo il 5 per cento”, si legge su Il Foglio.

“Nel dato dell’Anac sono presenti tutti gli appalti delle tre categorie, lavori, forniture e servizi. Se si prende il dato generale, non c’è una particolare sofferenza per i lavori pubblici, il settore che generalmente presenta le maggiori criticità in termini di tempi. La quota di “non affidati” rispetto al biennio 2023-2024 è infatti per i lavori del 39 per cento, quindi addirittura più bassa della media complessiva. Molto più alta la quota degli appalti ancora fermi per le forniture in termini di numero di gare (74 per cento) e per i servizi in termini di importi economici (65 per cento). Diverso il discorso se si prendono in considerazione le sole procedure avviate nel 2024: su 13.577 milioni di euro di procedure di lavori pubblici, quelle non avviate ammontano a 12.996 milioni di euro, quindi oltre il 96 per cento del totale. Se si aggiungono i 6,7 miliardi ereditati dal 2023 significa quasi venti miliardi di lavori pubblici Pnrr ancora da affidare e cantierizzare: non è certo un dato che contribuisce a diradare i nuvoloni che si addensano sulle capacità del Pnrr italiano di rispettare il termine del 2026”, continua il giornale.

ENERGIA, TERNA PREPARA ASTA BATTERIE 2 MILIARDI

Terna sta preparando la prima asta per l’acquisizione di nuova capacità di stoccaggio delle batterie agli ioni di litio dal valore di oltre 2 miliardi di euro. Le procedure per gli accumuli, dispositivi cruciali per l’integrazione delle rinnovabili inizieranno entro metà 2025. Entro fine novembre, Terna invierà al ministro i fabbisogni da acquistare e i parametri tecnici per l’asta.

“Terna è al lavoro sulla prima asta per acquisire nuova capacità di stoccaggio relativa alle batterie agli ioni di litio, tassello cruciale per garantire la crescente integrazione delle rinnovabili, la cui energia può essere immagazzinata attraverso gli accumuli e rilasciata nel momento di maggiore necessità. La società guidata da Giuseppina Di Foggia ha incassato nei giorni scorsi il via libera del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica che ha approvato le regole del meccanismo di approvvigionamento definite da Terna sulla base delle indicazioni dettate dall’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“Le procedure per il primo tassello, che avranno come anno di consegna il 2028, saranno effettuate entro la prima metà del prossimo anno, prima dell’asta del mercato delle capacità con lo stesso anno di consegna in modo da andare a ridurre i quantitativi acquisiti tramite quest’ultimo percorso. (…) Entro fine novembre, Terna invierà poi al ministero sia i fabbisogni da acquistare che i parametri tecnici per lo svolgimento dell’asta degli accumuli elettrochimici”, continua il giornale.

“Quanto ai volumi, i numeri definitivi non sono ancora noti, come detto. Di certo c’è che le prime aste saranno caratterizzate da un fabbisogno prudente ma al tempo stesso funzionale ad approvvigionare la nuova capacità di stoccaggio necessaria e indispensabile a integrare l’energia prodotta da fonti rinnovabili non programmabili nell’anno di consegna che è poi il 2028 per la prima asta sulle batterie. (…) I dati aggiornati in possesso di Terna dicono che, al 31 ottobre, si registrano in Italia 707.758 sistemi di accumulo in esercizio per una potenza nominale complessiva di oltre 9,5 gigawatt. Di questi, la maggior parte sono allacciati alla rete di bassa tensione (oltre 707 mila impianti per circa 4,3 GW), 452 impianti allacciati alla rete di media tensione per 60 MW e, in ultimo, 30 impianti allacciati alla rete di Terna in alta e altissima tensione per oltre 5,2 GW. Per quanto riguarda, invece, le richieste di connessione pervenute a Terna, al 31 ottobre ammontano a 3.352 per oltre 270 GW di potenza, di cui la maggior parte – 238 GW – di accumuli stand alone”, continua il giornale.

“(…) +2,9 GW nel corso del 2022, +5,7 GW nel 2023 e, nel 2024, stando ai dati aggiornati a settembre, si è registrato un incremento di circa 5,4 GW. (…) Tornando, infine, all’asta sulle batterie, operatori stimano che il valore complessivo degli investimenti dovrebbe superare i 2 miliardi di euro, portando a circa 10 miliardi il controvalore complessivo di tutte le procedure che Terna dovrà mettere in campo da qui al 2030”, continua il giornale.

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