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Cosa ci insegna il blackout iberico? Testa (Assoambiente): “Limitare le rinnovabili al 60%, tasso alto ma controllabile”

Il blackout che ha lasciato al buio e paralizzato la Penisola Iberica può servire da monito per evitare che si verifichi anche in Italia. Il primo insegnamento da trarre è limitare al 60% la percentuale di energia prodotta da rinnovabili nel mix elettrico, scrive Chicco Testa, presidente di Assoambiente, su Il Foglio

Il blackout in Spagna dimostra che affidare la produzione di elettricità esclusivamente alle rinnovabili sarebbe un errore. “Pretendere che le rinnovabili superino certe soglie e integrarle senza rischi nel sistema potrebbe essere, anche per noi, un compito troppo arduo. Senza considerare i costi, che aumentano esponenzialmente”, scrive Chicco Testa su Il Foglio, proponendo “di limitarne la penetrazione a una soglia alta ma controllabile, intorno al 60%, per non doversi affidare esclusivamente ai capricci delle stesse”

IL BLACKOUT E’ COLPA DELLE RINNOVABILI?

Chicco Testa bolla la teoria che il blackout che ha colpito la Penisola Iberica sia stato provocato da vibrazioni atmosferiche legate ai fenomeni climatici estremi come “un’ipotesi alquanto fantasiosa” perché “le temperature spagnole rientravano perfettamente nella norma di un bel giorno assolato di primavera. Il presidente di Assoambiente punta il dito contro il modello energetico spagnolo “fortemente sbilanciato verso le rinnovabili”. La scelta di affidargli il compito di coprire il 70% del fabbisogno di elettricità del Paese sarebbe rischiosa a causa dell’intermittenza e la contemporaneità che distinguono la produzione di energia rinnovabile. Due caratteristiche che vanno a discapito di programmabilità e frazionabilità. Per questa ragione, Testa suggerisce di limitare la penetrazione dell’energia green al 60% circa per mitigare le problematiche legate a intermittenza e contemporaneità della produzione da rinnovabili.

“Le rinnovabili possiedono – oltre al pregio di produrre energia decarbonizzata – un paio di difetti. Il primo, come noto, è l’intermittenza e la disponibilità per un tempo limitato; ma il secondo è la contemporaneità, vale a dire che con il sole e con il vento producono tutte assieme. Il che le priva di due qualità fondamentali per una fonte energetica: la programmabilità (produco energia quando mi serve) e la frazionabilità (ne produco quanta mi serve). Per il sistema elettrico, che ha bisogno in ogni momento di essere perfettamente bilanciato tra offerta e domanda, questo rappresenta un problema serio, che viene mitigato grazie a sistemi informatizzati di controllo – le smart grid – e alla disponibilità di impianti modulabili, tipicamente alimentati da fonti fossili, chiamati a “salire”, scrive Testa.

TESTA: NON DIMENTICHIAMO CHE SERVONO INGENTI INVESTIMENTI NELLE RETI

Le rinnovabili richiedono ingenti investimenti nelle reti per collegare gli impianti alla rete e nelle batterie per stoccare l’energia in eccesso e rilasciarla quando necessario, ricorda il presidente di Assoambiente.

“Occorre essere consapevoli che la penetrazione delle rinnovabili esige ingenti investimenti nelle reti: per collegare le migliaia di impianti che compongono il panorama delle rinnovabili, per connetterli in modo intelligente alla rete nervosa dell’elettricità, per trasportare l’energia da dove viene prodotta a dove viene consumata – in Italia, tipicamente, dal Sud al Nord – per installare grandi batterie in grado di agire sinergicamente con le rinnovabili accumulandone gli eccessi e rilasciandoli quando serve, e per disporre di impianti di riserva in grado di intervenire svolgendo funzioni di backup”, sottolinea Testa.

“Inoltre, i sistemi di accumulo non reggono diversi giorni di non produzione, cosa che capita in caso di maltempo prolungato, e quindi abbiamo comunque bisogno di fonti stabili e programmabili. Inutile dire che, se si vuole contemporaneamente perseguire il doppio obiettivo della decarbonizzazione e della stabilità, la scelta nucleare è la scelta migliore”, continua il presidente di Assoambiente.

RINNOVABILI, LA PISTA DEGLI IMPIANTI SOLARI CLANDESTINI

La diffusione di impianti fotovoltaici clandestini sarebbe un altro problema che ha contribuito all'”apagòn” che entrerà di diritto nella storia della Penisola Iberica, secondo Testa.

Fra l’altro, sono saltati fuori un certo numero di impianti solari clandestini, allo scopo di evitare di pagare le tasse. In ogni caso, il sospetto è forte e questo ha chiamato schiere di esperti a indagare sui problemi creati da una massiccia penetrazione delle rinnovabili. Alle quali, però, evidentemente non si può rinunciare”, scrive il presidente di Assoambiente.

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