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Gas

Cosa succede all’Italia se rinuncia al gas russo?

Quali conseguenze per l’Italia in caso di embargo del gas russo? Gli scenari definiti nel DEF

Mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky invoca l’embargo energetico della Russia, l’Ue prova a prendere tempo. Rinunciare a gas, petrolio e carbone in arrivo da Mosca, per il Vecchio Continente, sembra molto difficile.

Quali le conseguenze per l’Italia ove dovessimo rinunciare a gas russo? Ad analizzare gli scenari è il DEF, il Documento di Economia e Finanza. Tutti i dettagli.

COSA CHIEDE ZELENSKY

Partiamo dalle richieste. Secondo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia decise dall’Occidente “sembra efficace, ma non è abbastanza”.

Zelensky, nel suo consueto videomessaggio serale, ha infatti insistito che la misura non è proporzionata alle atrocità commesse a Bucha e che proseguono a Mariupol e Kharkiv.

VERSO L’EMBARGO ENERGETICO?

L’arma per fermare la Russia potrebbe essere l’embargo alle importazioni energetiche, cui l’Europa sta già provando a studiare un piano. Gas, petrolio e carbone, infatti, valgono oltre ottocento milioni di euro al giorno: denaro prezioso per Mosca, ma allo stesso tempo risorsa indispensabile per l’Unione europea.

Ma Germania e Austria, insieme all’Ungheria, hanno già posto il proprio veto sull’embargo del gas.

COSA SUCCEDE ALL’ITALIA SE RINUNCIA AL GAS RUSSO?

Ove dovesse esserci un blocco delle importazioni di gas russe, questo, si legge nel DEF, dovrebbe avvenire a partire dalla fine del mese di aprile 2022 e perdurare tutto il 2023.

Importanti le conseguenze per l’Italia, dal momento che Mosca soddisfa il 40% del fabbisogno, con un aumento drastico dei costi dell’energia.

IL PRIMO SCENARIO

Quali gli scenari? Il Def ne ha delineati ben 4 diversi. Nel primo scenario, le aziende del settore riescono ad assicurare il soddisfacimento del fabbisogno grazie alla diversificazione degli approvvigionamenti. Ma “l’embargo provoca un ulteriore rialzo dei prezzi del gas, dell’elettricità e del petrolio rispetto a quello prefigurato nel quadro tendenziale. In particolare, si è ipotizzato che il prezzo del gas risulti nel 2022 più elevato rispetto allo scenario del DEF del 37 per cento (69 per cento nel 2023), il prezzo del petrolio del 9 per cento (4,5 per cento nel 2023) e quello dell’elettricità del 30 per cento (58 per cento nel 2023). Mediante il modello MACGEM-IT si è determinato l’impatto del rialzo dei prezzi sui livelli di produzione, tenendo conto dell’utilizzo di materie energetiche nei diversi settori e dei legami intersettoriali. Inoltre, poiché l’embargo riguarda anche gli altri Paesi europei, lo scenario considera anche gli effetti di un calo delle loro attività dovuto al forte rialzo dei prezzi energetici, che si manifestano attraverso una minore domanda estera”, si legge nel DEF.

IL SECONDO SCENARIO

Nel secondo scenario, invece, “si ipotizza che gli sforzi di diversificazione nell’approvvigionamento non producano i risultati attesi a causa di difficoltà di varia natura. L’interruzione nelle forniture di gas dalla Russia si accompagna, quindi, oltre che a un ancor più marcato incremento dei prezzi del gas, dell’elettricità e del petrolio (+10 per cento in media rispetto a quanto già ipotizzato nel primo scenario), anche ad una carenza di gas, stimata pari al 18 e al 15 per cento delle importazioni in volume, rispettivamente, nel 2022 e nel 2023. Anche in questo scenario si considerano gli effetti dell’analoga caduta di attività nei partner commerciali europei”.

IL TERZO SCENARIO

La terza simulazione riguarda i tassi di cambio. “Nello scenario alternativo essi sono stati fissati, nell’orizzonte di previsione, ai livelli corrispondenti alle quotazioni medie dei tassi di cambio a termine (forward exchange rates) registrate nel periodo più recente (nei 10 giorni a partire dal 3 marzo 2021). Nel 2022 risulterebbe un minore apprezzamento del dollaro nei confronti dell’euro rispetto allo scenario di base (del 4,8 per cento invece che del 6,3). Inoltre, a fronte di una sostanziale invarianza del tasso di cambio nominale effettivo nello scenario di riferimento, si registrerebbe un apprezzamento medio dell’euro rispetto alle altre valute di circa lo 0,3 per cento nel 2022 e del 2,3 nel 2023. Nel 2024 e 2025 l’apprezzamento sarebbe, rispettivamente, del 3,2 e 0,8 per cento”.

IL QUARTO SCENARIO

La quarta e ultima simulazione “si riferisce a fattori di rischio connessi alle condizioni finanziarie dell’economia. Rispetto allo scenario di riferimento, si è ipotizzato un livello del tasso di rendimento del BTP a dieci anni più elevato di 100 punti base. Queste condizioni meno favorevoli per il finanziamento del debito pubblico non riguardano l’anno in corso ma soltanto gli anni successivi, a motivo del programma di acquisti di titoli finanziari da parte della banca centrale tuttora in corso, che concorre a limitare il rischio di tensioni nei mercati finanziari. In questo scenario alternativo, i livelli più elevati dello spread BTP-Bund dall’anno 2023 si traducono in condizioni meno favorevoli per l’accesso al credito, con l’applicazione di tassi di interesse più elevati sui prestiti alle famiglie e le imprese”, si legge nel Documento.

 

 

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