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Dieci anni di ricorsi e Masseria La Rocca è ancora ferma

Dalla richiesta di Rockhopper per la ricerca di idrocarburi a Masseria La Rocca, in Basilicata, sono passati 10 anni di ricorsi e il programma non è ancora partito. L’articolo di Annarita Digiorgio

Nel 2007 la società Rockhopper presentò una richiesta di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi alla Regione Basilicata. L’istanza si riferiva ad un’area di 13,5 chilometri quadrati a Masseria La Rocca, a Brindisi di Montagna vicino Potenza.

LA RICHIESTA DI RICERCA

La richiesta prevedeva l’attuazione di un programma dei lavori che contemplava l’esecuzione di studi geologici e geochimici, il rilievo sismico per circa 20 chilometri, l’esecuzione di un rilievo magnotellurico e la perforazione di un sondaggio esplorativo della profondità di circa 7mila metri.

I DOCUMENTI NECESSARI

Per ottenere il permesso aveva bisogno che la Regione Basilicata producesse due documenti: un provvedimento di valutazione di impatto ambientale e il protocollo d’intesa con la Regione.

IL PRIMO STEP DELLA REGIONE

Nel 2009 la Regione fornisce il primo documento. O meglio: con una delibera ritiene non fosse necessaria la valutazione di impatto ambientale per il progetto di ricerca, in quanto si trattava solo di acquisire ed elaborare dati sismici già disponibili. In sostanza non erano previsti pozzi esplorativi, perforazioni o trivellazioni.

La Regione, dunque adottò un provvedimento di non assoggettabilità a VIA per la durata di tre anni. Il tempo che sarebbe stato necessario per sottoscrivere il secondo documento necessario: il protocollo d’intesa per il rilascio del permesso di ricerca.

COMINCIANO I RITARDI

I tre anni passano e arriviamo al 2012: il procedimento d’intesa non è ancora pronto, e il provvedimento di esclusione VIA sta per scadere.

A quel punto, la società petrolifera richiede la proroga del provvedimento di esclusione VIA, non essendo dipeso dall’azienda il ritardo bensì dalla Regione.
Ma la Regione non dà seguito a questa richiesta e, per giunta, non rilascia neppure l’intesa.

A dicembre 2016 infatti, la giunta, condividendo una mozione del Consiglio regionale all’unanimità, con una delibera nega l’intesa per il permesso di ricerca Masseria La Rocca.

IL RICORSO AL TAR

Sicché l’azienda ricorre al Tar. Prima del Lazio, che rigetta per incompetenza, poi della Basilicata.
Due anni dopo, a maggio 2018, il Tar, accoglie il ricorso della Rockhopper, titolare del permesso, e annulla il provvedimento della Giunta regionale, rinviando alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la decisione sull’intesa (c.d. potere sostitutivo con procedura semplificata).

E QUELLO AL CONSIGLIO DI STATO

Dopodiché la Regione ricorre al Consiglio di Stato. E perde anche questo ricorso.

Quindi come indicato dal Tar, poiché la Regione non ha dato l’intesa, gli atti passano alla Presidenza del Consiglio dei ministri, competente ad esercitare il potere sostitutivo e a superare lo stallo.
Nel frattempo la Regione propone altri due ricorsi: in Cassazione e per conflitto di attribuzione alla Corte costituzionale.

Ma a Roma si riunisce comunque il Consiglio dei Ministri, in una riunione alla presenza della Regione.

L’INTERVENTO DELLA PRESIDENZA DEL CDM

La presidenza del Consiglio dei Ministri decide due cose sui due documenti necessari.

Primo di stoppare il rilascio dell’«intesa» per il permesso di ricerca petrolifera Masseria La Rocca, in attesa che il Consiglio di Stato si pronunci sul ricorso proposto dalla Regione contro la sentenza del Tar, per la quale si è in attesa che venga fissata l’udienza sulla sospensiva.

Secondo di non rilasciare la proroga della non assogettabilità a Via.

Cosa che però non è di sua competenza, bensì del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell’ambiente, che pure sulle trivelle si giocano con le regionali a maggio in Basilicata una partita importante. Ma qui non servono atti politici, ovviamente, altrimenti con un attuale Presidente del Consiglio nelle mani dei suoi viceministri di cui uno capo del Mise, si potrebbe capire. La Via è un provvedimento amministrativo rilasciato dal dirigente competente.

Mentre la legge affida solo la prima competenza alla Presidenza del Consiglio dei ministri: superare lo stallo esercitando il potere sostitutivo perché il procedimento possa proseguire. Ossia quello che ha deciso di rimandare alla pronuncia del Consiglio di Stato.

E nel frattempo che il Consiglio di Stato si pronunci sulla sentenza del Tar, si preannuncia già un nuovo, e giustificato, ricorso al Tar.

Sono passati dieci anni e cento ricorsi. E nessuna ricerca è stata avviata. La Basilicata è l’oro nero d’Italia, ma mai quanto i tribunali.

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