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Dissalatore Taranto Suez Italy

Dopo l’Elba, Suez Italy si prende anche il dissalatore di Taranto

L’appalto aggiudicato da Acquedotto Pugliese da 90 milioni di euro prevede la realizzazione e la gestione di un impianto di reda potabile delle acque della sorgente del Tara. Tutti i dettagli

Il dissalatore di Taranto che renderà potabili le acque salmastre provenienti dalla sorgente del fiume Tara, in Puglia, sarà progettato e realizzato dalla cordata Cisa spa di Massafra. Protagonisti saranno quindi Suez Italy, Suez International, Edil Alta ed Ecologica spa, insieme a un gruppo di progettazione guidato da Ai Engineering con Consorzio Uning e Suez Italy.

Tutti i dettagli.

VIA LIBERA AL DISSALATORE DI TARANTO

In attesa delle verifiche finali sui requisiti, il progetto per il dissalatore può dirsi effettivamente in rampa di lancio. Dei 90 milioni totali di investimento, 27 arriveranno tramite i fondi del Pnrr. I lavori copriranno un arco temporale di due anni. Sarà l’impianto più grande d’Europa e contribuirà a gestire i periodi di crisi da approvvigionamento dagli invasi.

“In base al piano industriale predisposto dal presidente Aqp, Domenico Laforgia, e dal direttore generale Francesca Portincasa, questa strategia potrebbe prevedere anche la realizzazione di un secondo dissalatore gemello a Manfredonia”, ha scritto ieri La Gazzetta del Mezzogiorno.

SUEZ ITALY OPERATIVO ALL’ELBA, SALERNO, AREZZO

Intanto, il progetto come detto vede ancora protagonista il gruppo Suez Italy, ramo della società francese.

“Il dissalatore del Tara produrrà a regime 650 litri al secondo di acqua che verrà remineralizzata aggiungendo acqua dolce e poi inviata al serbatoio di Taranto da 200mila metri cubi”, dettagliava ieri il quotidiano pugliese. Specificando che il liquido salino prodotto, cioè la salamoia, sarà minimo e verrà riversato in una zona del porto di Taranto.

Proprio questa tecnologia è già prevista nell’impianto che sorgerà all’isola d’Elba. Qui, infatti, nel 2024 nascerà un dissalatore da 80 litri al secondo che verrà finanziato anche in questo caso parzialmente con fondi Ue. Nell’aretino, invece, Suez Italy opera in oltre trenta comuni gestendo con una formula pubblico-privato delle acque.

COSA MANCA ALL’ITALIA

Intervistato da MF a marzo scorso, il nuovo ceo Massimiliano Bianco aveva detto che “in Italia il consumo di acqua pro-capite si attesta su 236 litri al giorno, quasi il doppio rispetto alla media europea. Le infrastrutture, però, sono vecchie e poco efficienti: il 60% della rete ha oltre 30 anni, e il 25% addirittura più di 50. L’Italia è fanalino di coda in Europa”.

Secondo Bianco, “il livello di investimenti è ancora molto limitato”; negli anni c’è stato un miglioramento ma occorrerebbero 2-3 miliardi in più ogni anno. “Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza destina 4,4 miliardi di euro alla tutela del territorio e della risorsa idrica. Va affiancato con progetti di partenariato pubblico privato per amplificarne gli effetti positivi”. E con le risorse nazionali si arriva a 8 miliardi.

“La scarsità d’acqua nel nostro Paese non si può più considerare un fatto straordinario e se guardiamo le proiezioni della disponibilità di acqua nei prossimi dieci anni non possiamo permetterci di rimanere a guardare”, diceva a maggio al Sole 24 Ore Paola Bertossi, ceo di Fisia Italimpianti. Oggi il tasto sui dissalatori è stato premuto.

– Leggi anche: Come sta procedendo il percorso verso il net zero di Germania, Francia e Italia

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