Secondo un rapporto del World Wildlife Fund for Nature di novembre, nell’ultimo decennio i grandi inquinatori hanno ottenuto quasi 100 miliardi di euro in crediti di carbonio gratuiti o a basso costo
Alcuni dei maggiori inquinatori europei stanno ottenendo degli extra guadagni dalla vendita di crediti di carbonio. I loro profitti sono una conseguenza involontaria dei generosi sussidi che costituiscono un elemento cruciale del mercato del carbonio dell’area euro.
Nel 2022 una compagnia petrolifera e del gas spagnola, un produttore di alluminio rumeno e due aziende industriali finlandesi hanno venduto complessivamente quasi 120 milioni di euro di crediti, equivalenti ad oltre 129 milioni di dollari, secondo un’analisi delle dichiarazioni delle aziende. Si prevede che nei prossimi mesi arriverà un’ondata di ulteriori vendite, per un valore potenziale di decine di milioni di euro.
IL SISTEMA EUROPEO ETS
Il sistema europeo di scambio delle quote di emissione (EU ETS) è il più vecchio e il più grande di oltre 60 mercati del carbonio e misure fiscali in tutto il mondo, che cercano di dare un prezzo alle emissioni. Il sistema regolamenta oltre 9.000 centrali elettriche, impianti di produzione e operatori aerei, coprendo così circa il 36% di tutte le emissioni dell’Unione europea, secondo un recente rapporto della Commissione europea.
Secondo Refinitiv, l’anno scorso in Europa sono passati di mano oltre 9,2 miliardi di crediti, generando un volume di scambi record di 751 miliardi di euro. Le aziende – tra cui i produttori di energia, i fabbricanti e le compagnie aeree nazionali – devono acquistare crediti per una parte delle emissioni di carbonio. Rendendo le emissioni costose, il mercato del carbonio incentiva le imprese a ridurle. Secondo un rapporto del World Wildlife Fund for Nature di novembre, nell’ultimo decennio i grandi inquinatori hanno ottenuto quasi 100 miliardi di euro in crediti di carbonio gratuiti o a basso costo.
I crediti sono stati concepiti per aiutare le imprese – come i cementifici e i produttori di metalli – ad adattarsi al nuovo mercato, ma la quantità è stata di gran lunga superiore al necessario. Secondo i dati analizzati dall’economista del Joint Vienna Institute, Laurent Millischer, e dai coautori del rapporto, tra il 2005 e il 2021 circa 260 aziende hanno ricevuto quasi 702 milioni di crediti in eccesso. Molti di questi crediti si sono trasformati in guadagni. Secondo il rapporto del WWF, dal 2013 al 2021 valevano in media 14 euro a tonnellata. Poi, nel settembre 2022, è arrivata l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Le utility hanno improvvisamente bruciato più carbone, il che ha comportato il dover acquistare più crediti, per coprire l’aumento delle emissioni. I prezzi sono saliti a quasi 100 euro a tonnellata.
L’ANALISI DEL WALL STREET JOURNAL
Nel frattempo, alcune aziende industriali hanno tagliato la produzione a causa del calo della domanda, ritrovandosi con crediti di cui non avevano bisogno. Le aziende che detengono crediti a basso costo hanno iniziato ad incassare. “Stanno vendendo in modo più aggressivo”, ha detto Yan Qin, analista di Refinitiv.
La maggior parte delle aziende non rende note le proprie vendite di crediti di carbonio, ha detto Qin. L’Unione Europea pubblica i dati 3 anni dopo le transazioni, e non esiste un elenco completo dei dati di trading attuali. Il Wall Street Journal ha individuato gli extraprofitti derivanti dai crediti di carbonio esaminando i bilanci pubblici delle aziende e ha poi incrociato questi dati con i nomi presenti in un elenco di oltre 200 aziende che hanno volontariamente rivelato di aver ricevuto crediti gratuiti nei rapporti presentati a CDP, organizzazione no-profit per la trasparenza delle imprese.
LE VENDITE DI CARBONIO DI ALCUNE AZIENDE EUROPEE
Il colosso finlandese della carta e degli imballaggi Stora Enso Oyj ha venduto 59 milioni di euro di crediti l’anno scorso, secondo i rapporti annuali e un portavoce della società. Secondo il suo rapporto annuale, l’anno scorso l’azienda ha ricevuto 160 milioni di euro di crediti gratuiti.
Stora Enso, con 11,7 miliardi di euro di fatturato, afferma di essere uno dei maggiori proprietari privati di foreste al mondo. Un portavoce della società ha dichiarato che dal 2019 l’azienda ha ridotto le emissioni del 27% e che l’aumento dei prezzi dell’elettricità ha compensato i guadagni ottenuti dalla vendita dei crediti di carbonio. Secondo un portavoce di Stora Enso, il produttore finlandese di petrolio e gas Neste Oyj nel 2022 ha venduto 550.000 crediti, generando un ricavo stimato di 44,1 milioni di euro sulla base del prezzo medio dei crediti. L’anno scorso l’azienda ha ricevuto 2 milioni di crediti di carbonio, e ne aveva già una scorta.
Neste punta a diventare neutrale dal punto di vista delle emissioni di carbonio entro il 2035 e investe in progetti di efficienza energetica e rinnovabili per ridurre le emissioni, ha dichiarato Salla Ahonen, vicepresidente della società per la sostenibilità. “In futuro inquinare costerà di più, perché ci saranno anche meno allocazioni gratuite disponibili”.
Per alcune aziende, le vendite dello scorso anno hanno rappresentato una piccola parte dei benefici che ottengono dal mercato del carbonio. La società energetica spagnola Repsol ha ricavato meno di 5 milioni di euro dalla vendita di crediti – ha dichiarato un portavoce – ma questa cifra sottovaluta il ruolo dell’azienda nel mercato europeo del carbonio.
Repsol è uno dei principali emettitori di carbonio in Europa e uno dei maggiori beneficiari di crediti di carbonio gratuiti e a basso costo. La società ha 611 milioni di euro di quote di emissione, che detiene come inventario di scambio per sfruttare le opportunità di scambio sul mercato, ha dichiarato in una relazione finanziaria.
Il produttore rumeno di alluminio Alro SA ha venduto oltre 10 milioni di euro di crediti, ricevendo al contempo 163 milioni di euro di sussidi governativi. L’alluminio è uno dei metalli a più alta intensità energetica da produrre, e nel 2022 i prezzi dell’elettricità sono saliti alle stelle. Questo lo scorso anno ha fatto aumentare l’utile netto dell’azienda a quasi 84 milioni di euro, rispetto ai 5 milioni di euro del 2021. Nonostante le sovvenzioni, Alro ha chiuso diversi forni e un impianto nella Romania orientale per far fronte all’aumento dei costi. “Lo scopo della Commissione europea è quello di non perdere la produzione totale di alluminio dall’Europa, e questo è il motivo per cui viene fornito questo sussidio”, ha dichiarato Marian Nastase, presidente di Alro, durante una presentazione dei risultati aziendali. “L’idea è di fornire una risorsa all’azienda per mantenere lo stesso livello di produzione”.
LA POSIZIONE DEGLI AMBIENTALISTI
I crediti gratuiti sono stati concepiti per impedire alle imprese industriali di delocalizzare le fabbriche in Paesi con politiche climatiche più deboli. Gli ambientalisti però sostengono che i crediti di carbonio sovvenzionati compromettono l’efficacia dei mercati, perché le aziende che li ricevono non sono tenute a ridurre le emissioni. Dal 2013 al 2021, le emissioni delle aziende industriali – che di solito ricevono crediti gratuiti o sovvenzionati – sono diminuite di meno del 12%, secondo i dati della Commissione europea. Le emissioni dei produttori di energia – che pagano i crediti a prezzo pieno – sono diminuite del 41%.
L’Ue ha recentemente definito una politica climatica più ambiziosa, che prevede la graduale eliminazione dei crediti gratuiti. Oltre a sovvenzionare i crediti, alcuni membri Ue sovvenzionano anche i costi energetici delle imprese industriali. Secondo i dati della Commissione europea, nel 2021 sono stati erogati quasi 2,4 miliardi di euro alle imprese regolamentate, un miliardo in più rispetto al 2020.
[Estratto dalla rassegna stampa estera di Epr Comunicazione]