Bruxelles intende imporre maggiori requisiti di monitoraggio per valutare meglio come e dove il gas russo continui ad entrare nell’Ue. Per farlo, però, probabilmente avrà bisogno di informazioni da Paesi di transito chiave, come la Turchia
La Turchia non sosterrà il piano dell’Unione europea di abbandonare le importazioni di gas russo, minacciando gli sforzi di Bruxelles di porre fine alla residua dipendenza dell’Unione dall’approvvigionamento energetico di Mosca.
Situata al confine con l’Unione europea, la Turchia ha a lungo svolto il ruolo di canale di trasporto dell’energia russa verso l’Europa. Questo collegamento, però, ora è sotto esame, dopo una recente proposta di Bruxelles di eliminare tutte le importazioni di gas russo entro la fine del 2027.
Per attuare il suo piano, Bruxelles intende imporre maggiori requisiti di monitoraggio per valutare meglio come e dove il gas di Mosca continui ad entrare nell’Unione. Per funzionare, tuttavia, l’Ue probabilmente avrà bisogno di informazioni da Paesi di transito chiave come la Turchia. E non sarà semplice.
LA POSIZIONE DELLA TURCHIA SULLE SANZIONI SUL GAS RUSSO
“Sebbene l’Ue possa o meno decidere di vietare totalmente l’importazione di gas russo, la Turchia ritiene che sanzioni unilaterali rischino di perturbare le economie e di aumentare le preoccupazioni sulla sicurezza energetica per tutti. La Turchia applica solo le sanzioni adottate dal Consiglio di sicurezza dell’ONU”, ha dichiarato il Ministero degli Esteri turco a Politico.
UN’ENTRATA SECONDARIA ATTRAVERSO LA TURCHIA
La riluttanza, avvertono gli esperti, potrebbe aprire una scappatoia che consente al gas russo di continuare a fluire nell’Unione europea senza essere scoperto, molto tempo dopo la scadenza legale. E questo accade mentre i legami tra Bruxelles e Ankara hanno toccato nuovi minimi, a causa della drastica repressione governativa contro l’opposizione turca.
“La reticenza della Turchia a conformarsi alle disposizioni di monitoraggio Ue potrebbe creare difficoltà per l’efficace attuazione del regolamento proposto, soprattutto considerando il crescente ruolo di Ankara come transito e potenziale hub per il gas russo”, ha affermato Ville Niinisto, eurodeputato dei Verdi ed ex ministro dell’ambiente finlandese, che sta guidando i lavori del Parlamento europeo sul disegno di legge.
LA RIDUZIONE DEI FLUSSI DI GAS NELL’UE E IL DISEGNO DI LEGGE SULLE IMPORTAZIONI
Ad oltre tre anni dall’inizio della guerra della Russia contro l’Ucraina, l’Unione europea sta ancora cercando di liberarsi completamente dall’approvvigionamento energetico di Mosca e di recidere una fonte di entrate chiave per il Cremlino. Dal 2022 l’Ue ha gradualmente eliminato tutti gli acquisti via mare di petrolio e carbone russi, riducendo al contempo le importazioni di gas di circa due terzi. Tuttavia, ha continuato ad acquistare da Mosca volumi significativi di GNL, oltre a limitate forniture di gas tramite gasdotto.
A giugno Bruxelles ha presentato una proposta di legge per affrontare le importazioni in sospeso con un graduale divieto generale, a partire dai contratti a breve termine quest’anno e con la graduale eliminazione dei contratti a lungo termine nel 2027.
L’UE CHIEDERÀ MAGGIORI INFORMAZIONI DALLE AZIENDE CHE IMPORTANO GAS RUSSO
Per raggiungere questo obiettivo, la Commissione europea intende monitorare meglio le importazioni di energia chiedendo alle aziende che importano gas russo di fornire “tutte le informazioni pertinenti” necessarie per valutare l’origine del combustibile, inclusi i contratti di fornitura. I Paesi Ue e il Parlamento europeo ora stanno negoziando la misura.
Tracciare le origini del flusso di gas è estremamente difficile per Bruxelles, poiché ci sono pochi modi per verificare la provenienza del combustibile. Nel frattempo, i contratti di fornitura sono riservati e il gas spesso passa attraverso diversi intermediari, prima di raggiungere la sua destinazione.
Le norme proposte non imporrebbero alcun obbligo legale alla Turchia, Paese terzo. Tuttavia, poiché i contratti non sempre indicano chiaramente la provenienza del gas, “le aziende Ue potrebbero dover chiedere alle loro controparti turche ulteriori informazioni, se desiderano continuare ad importarlo”, ha affermato Aura Sabaduș, analista energetica ed esperta del mercato gas della società di consulenza ICIS.
L’ACCORDO TRA LA TURCHIA E L’AZIENDA ENERGETICA BULGARGAZ
“Ciò è particolarmente rilevante per il punto di scambio transfrontaliero Strandzha-Malkoclar che collega la Turchia alla Bulgaria”, ha spiegato Sabaduș. In base ad un complesso accordo firmato nel 2023, l’azienda energetica bulgara Bulgargaz può ordinare carichi di GNL ai terminali turchi, che vengono poi consegnati alla società statale turca Botaş, prima di essere restituiti a Bulgargaz al confine con l’Unione europea.
“Il problema è che non sappiamo se questo gas consegnato in Bulgaria sia lo stesso di quello che arriva ai terminal turchi – ha spiegato Sabaduș – il che significa che l’Ue non può essere certa che non sia mescolato con altre forniture intermedie”.
E, dato il prezzo relativamente basso del gas di Mosca, “c’è un rischio elevato che gran parte di quel gas sia russo”, ha aggiunto l’analista, aggiungendo che lo stesso rischio si applica anche al più piccolo interconnettore Kipi, tra Grecia e Turchia.
LA QUESTIONE DEGLI INTERCONNETTORI STRANDZHA-MALKOCLAR E KIPI
Secondo i dati della piattaforma ENTSO-G, nell’ultimo anno l’Unione europea ha importato 1,9 miliardi di metri cubi di gas attraverso i due collegamenti, “una cifra che potrebbe salire a 5,4 miliardi di metri cubi”, ha affermato Sabaduș. Sebbene questa cifra sia esigua rispetto ai 150 miliardi di metri cubi che la Russia esportava nell’Ue, rappresenta comunque un quinto delle importazioni totali del blocco tramite gasdotti da Mosca nel 2024.
Questa “scappatoia” implica che i due interconnettori “devono assolutamente essere inclusi” nella proposta di legge come “punti di ingresso ad alto rischio” verso l’Ue, ha spiegato Sabadus. Secondo l’eurodeputato Niinisto, “se la Turchia si rifiutasse di cooperare pienamente con i requisiti di monitoraggio o trasparenza, le autorità dei Paesi Ue non disporrebbero dei dati necessari per determinare l’origine del gas in entrata dalla Turchia”.
LA TURCHIA E BULGARGAZ: “I FLUSSI DI GAS SONO GIÀ MONITORATI”
I principali attori del trasporto di gas attraverso il confine turco sostengono che i flussi siano già strettamente monitorati, anche se gli esperti restano scettici. Un portavoce di Bulgargaz ha dichiarato a Politico che, in base all’accordo del 2023, l’azienda fornisce solo servizi di trasporto del gas, piuttosto che effettuare vendite, insistendo nel monitorare attentamente l’origine dei flussi.
“Bulgargaz ha tutti i documenti del GNL consegnati ai terminali Botas”, hanno affermato, aggiungendo che “a questo proposito, l’origine del gas può essere facilmente dimostrata”.
Anche Ankara ha detto di mantenere “una posizione ferma e coerente contro qualsiasi tentativo di utilizzare la Turchia per eludere le norme Ue”, aggiungendo che i suoi dati “relativi alle importazioni di gas dai fornitori vengono pubblicati periodicamente”. La Commissione europea, Botaş e gli importatori di gas greci DEPA e Metlen non hanno rilasciato dichiarazioni.
LE DIFFICILI RELAZIONI TRA UNIONE EUROPEA E TURCHIA
Il problema è che “la Turchia non ha molti incentivi a conformarsi” al disegno di legge, dato che le sue relazioni con l’Ue attualmente sono “al livello più basso possibile”, ha affermato Mehmet Ogutcu, CEO della società di consulenza energetica Global Resources Partnership ed ex diplomatico turco.
Bruxelles dovrà quindi prendere in considerazione “degli addolcimenti”, ha affermato, come la riapertura dei colloqui congelati sulle questioni energetiche legate alla candidatura turca all’adesione all’Unione europea, rimasta bloccata. Un’altra opzione è sbloccare i fondi della Banca Europea per gli Investimenti per progetti verdi.
L’UE NON HA GIURISDIZIONE SULLA TURCHIA
Il ministero degli Esteri turco ha dichiarato di essere “disposto a cooperare con l’Ue in materia energetica” a seconda della volontà di Bruxelles di impegnarsi con Ankara; il che, a suo dire, potrebbe includere la ripresa dei colloqui energetici ad alto livello con Bruxelles.
Anche questo, però, presuppone che la Turchia aderisca in buona fede. Secondo Sabaduș, “c’è un’alta probabilità che la Turchia possa manipolare il contenuto dei documenti doganali”, come si sospetta abbia già fatto con le spedizioni di petrolio russo verso l’Ue. “Che tipo di giurisdizione ha l’Unione europea sulla Turchia? Non possono andare a verificare con la dogana turca e non possono verificare con il governo turco… non hanno alcuna giurisdizione”, ha concluso l’analista.