Tra febbraio 2023 e febbraio 2024, la Turchia ha aumentato i suoi acquisti russi del 105% rispetto ai 12 mesi precedenti. Nello stesso periodo, le esportazioni di carburante di Ankara verso l’Ue sono aumentate del 107%
Recentemente nel sud della Turchia, a soli 60 chilometri dal confine siriano, un’autocisterna lunga quanto due campi da calcio è entrata nel terminal Toros Ceyhan per caricare carburante. Dopo aver caricato 150.000 barili di gasolio la nave è partita per un viaggio di tre giorni verso la raffineria Motor Oil Hellas, nel sud della Grecia.
Apparentemente il carburante era turco, anche perché Atene continua a non accettare carichi con etichetta russa, in conformità con il divieto imposto dall’Unione europea. Secondo delle nuove ricerche e rapporti, però, probabilmente quella spedizione conteneva petrolio russo nascosto sotto nuovi contrassegni.
IL PETROLIO RUSSO ARRIVA IN EUROPA TRAMITE LA TURCHIA
Questo episodio rientra in una tendenza molto più ampia, secondo una ricerca dei i think tank Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA) e Center for the Study of Democracy (CSD), oltre che di un rapporto indipendente di Politico. Il petrolio russo, a quanto pare, sta arrivando in massa nell’Unione europea attraverso la Turchia. E in modo legale. Ciò è possibile grazie ad una soluzione alternativa alle sanzioni di Bruxelles che consente l’ingresso di carburanti “miscelati” nell’Ue, se etichettati come non russi. Si tratta di un escamotage redditizio: una ricerca mostra che, nei 12 mesi successivi alla messa al bando dei carburanti russi da parte dell’Ue, nel febbraio 2023, solo da tre porti ha generato per Mosca fino a 3 miliardi di euro.
“La Turchia è diventata una tappa strategica per i prodotti combustibili russi dirottati verso l’Ue, generando centinaia di milioni di entrate fiscali per il Cremlino”, ha spiegato Martin Vladimirov, senior energy analyst di CSD.
MOSCA GUADAGNA ELUDENDO LE SANZIONI
Lo scorso anno Politico ha rivelato che Mosca ha ottenuto un altro miliardo di euro grazie ad una scappatoia separata delle sanzioni dell’Ue in Bulgaria, mentre il price cap firmato dal G7 per limitare il commercio di petrolio di Mosca a 60 dollari al barile è in gran parte fallito.
Questo commercio in forte espansione arriva mentre le relazioni tra Bruxelles e la Turchia si inaspriscono a causa delle sue aperture alla Russia. Dall’inizio della guerra, la Turchia si è offerta di diventare un hub del gas per Mosca, divorando grandi volumi del petrolio russo.
I PAESI UE DISCUTONO DEL 14° PACCHETTO DI SANZIONI
Le ultime rivelazioni stanno spingendo all’azione, mentre i Paesi Ue discutono il 14° pacchetto di sanzioni contro la Russia. “Dobbiamo rafforzare i nostri vincoli e trovare dei modi per prevenire l’elusione delle sanzioni”, ha dichiarato il ministro degli Esteri estone, Margus Tsahkna, aggiungendo che “i Paesi terzi, in particolare i nostri alleati della NATO, come la Turchia, dovrebbero allinearsi il più possibile alle nostre sanzioni”.
Tra febbraio 2023 e febbraio 2024, la Turchia ha aumentato i suoi acquisti russi del 105% rispetto ai 12 mesi precedenti. Nello stesso periodo, le esportazioni di carburante di Ankara verso l’Ue sono aumentate del 107%. Ciò non significa che tutti i carichi di carburante che arrivano nell’Unione europea dalla Turchia siano russi. Ankara dispone di raffinerie in grado di lavorare quasi 1 milione di barili di greggio al giorno, e le aziende turche probabilmente rivenderanno all’Ue anche carburante non russo. La situazione geografica di diversi porti turchi però, unita ai dati di import-export, indica fortemente che delle quantità considerevoli di carburante russo sono state riconfezionate e trasferite.
I PORTI TURCHI E IL COMMERCIO DI PETROLIO RUSSO
“È molto probabile che il porto di Toros stia riesportando carburante russo nell’Unione europea”, ha affermato Viktor Katona, analista petrolifero di Kpler, osservando che i maggiori volumi di esportazione di Toros possono essere spiegati da piccoli volumi provenienti da una raffineria vicina o da carburante già in stoccaggio. La situazione è simile in altri due porti: l’impianto occidentale di Marmara Ereglisi e il sito meridionale di Mersin. Entrambi hanno mostrato dei picchi annuali simili nelle importazioni russe – due volte a Marmara Ereglisi e tre volte a Mersin – che hanno coinciso con un aumento delle esportazioni verso l’Ue.
Sebbene entrambi i porti siano meglio collegati alle raffinerie vicine e importino più carburante non russo rispetto a Ceyhan, i dati rivelano ancora “una possibilità significativa che i prodotti petroliferi russi vengano riesportati”, ha affermato Vaibhav Raghunandan, analista del CREA.
I proprietari e gli operatori dei tre terminal turchi – Toros Terminal di Ceyhan, Turkis Enerji di Mersin e OPET di Marmara Ereglisi – non hanno risposto alle domande di Politico e alle richieste di commento.
IL RUOLO DELLA TURCHIA E QUELLO DELL’UNIONE EUROPEA
Principalmente responsabili di questa dinamica sono due attori: la Turchia e l’Unione europea. Parte del problema risiede nei test che Bruxelles utilizza per garantire il rispetto delle sanzioni. Secondo le norme Ue, i carichi contenenti carburante russo mescolato con prodotti provenienti da altri Paesi “potrebbero essere soggetti a sanzioni a seconda della percentuale della componente russa”. Di solito, la quota è definita dal fatto che i combustibili abbiano subito “una trasformazione sostanziale”, diventando un prodotto completamente nuovo, cosa che i dati suggeriscono non sia avvenuta in tutti i porti turchi. Un portavoce della Commissione europea ha rifiutato di commentare casi specifici, sostenendo che spetta ai Paesi membri “implementare e far rispettare le sanzioni Ue”.
L’autorità doganale greca ha dichiarato di effettuare “controlli adeguati sia nella fase di sdoganamento che successivamente” e che “ad oggi non è stata rilevata alcuna violazione”. In pratica, però, quello che viene testato è un documento che attesta la provenienza del carico, chiamato “certificato di origine”. Importare carburanti con documenti russi è illegale ai sensi della normativa europea, ma il semplice cambio di marchio da parte della Turchia con un nuovo certificato turco non lo è.
IL RISVOLTO SUL PROCESSO ADESIONE DELLA TURCHIA ALL’UNIONE EUROPEA
Per la Turchia, “la scarsa osservanza delle sanzioni europee ha senso se il Paese ritiene di non avere nulla da perdere con l’Ue”, ha affermato Amanda Paul, analista senior e specialista della Turchia del think tank European Policy Center. Con gli sforzi di Ankara per aderire all’Unione europea ad un punto morto, “non sembra esserci molta speranza che il rapporto migliori”, ha detto Paul, aggiungendo che le importazioni e le riesportazioni del petrolio russo più economico sono state “molto vantaggioso per la Turchia”, mentre il paese combatte un’inflazione alle stelle e una valuta in crollo. Il ministero dell’Energia turco non ha risposto ad una richiesta di commento.
Per alcuni, nell’Ue, questo comportamento è un passo eccessivo. Mentre gli Stati discutono l’ultimo pacchetto di sanzioni, “sistemiamo quella cosa”, ha detto un diplomatico Ue, parlando in forma anonima. Le capitali “potrebbero discutere” di inasprire le regole sulle importazioni di carburante russo da Paesi extra-Ue e di sanzionare gli esportatori turchi. “Lo scopo delle sanzioni con la Russia è quello di ridurre le entrate di Mosca per fare la guerra: più possiamo fare, meglio è”, ha concluso il diplomatico.