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Egitto

Ecco perché i Paesi occidentali puntano forte sul gas dell’Egitto

Secondo il presidente di Chevron International Exploration and Production, Clay Neff, “il Mediterraneo orientale dispone di abbondanti risorse energetiche e il loro sviluppo sta guidando una collaborazione strategica nella regione

Eni – uno dei maggiori investitori occidentali nel settore energetico egiziano – ha annunciato che perforerà nuovi pozzi nel giacimento di Zohr in Egitto, il più grande giacimento di gas nel Mediterraneo. Ciò è in linea con la strategia di sviluppo energetico dell’Occidente all’indomani dell’invasione russa in Ucraina del febbraio 2022.

IL RUOLO DELL’EGITTO NEL MERCATO DI GAS E PETROLIO

Dal punto di vista logistico – scrive Simon Watkins su Oilprice – l’Egitto ha molta più importanza per il mercato globale del gas e del petrolio rispetto alle sue riserve: Il Cairo controlla infatti il principale punto di strozzatura del trasporto marittimo globale, il Canale di Suez, attraverso il quale si muove circa il 10% del petrolio e del GNL mondiale; l’Egitto controlla anche il vitale gasdotto Suez-Mediterraneo, che va dal terminal di Ain Sokhna, nel Golfo di Suez, al porto di Sidi Kerir, ad ovest di Alessandria, nel Mediterraneo. Si tratta di un’alternativa cruciale al Canale di Suez per il trasporto del petrolio dal Golfo Persico al Mediterraneo.

L’IMPORTANZA DEL CANALE DI SUEZ E DELLO STRETTO DI HORMUZ

Il Canale di Suez resta uno dei pochissimi importanti punti di transito non controllato dalla Cina. Nello specifico, la Cina ha già un controllo effettivo sullo Stretto di Hormuz attraverso l’onnicomprensivo “Accordo di cooperazione globale di 25 anni Iran-Cina”. Lo stesso accordo dà inoltre a Pechino il controllo sullo Stretto di Bab al-Mandab, attraverso il quale le merci vengono spedite verso l’alto attraverso il Mar Rosso verso il Canale di Suez, prima di spostarsi nel Mediterraneo e poi verso ovest. Ciò è stato ottenuto poiché si trova tra lo Yemen (gli Houthi sono stati a lungo sostenuti dall’Iran) e Gibuti (su cui la Cina ha stabilito una forte stretta attraverso i debiti collegati al suo progetto “Belt and Road Initiative”).

LE MOSSE DELL’OCCIDENTE DOPO L’INVASIONE RUSSA IN UCRAINA

Di conseguenza, anche se l’Egitto avesse zero riserve di gas e petrolio, l’Occidente avrebbe cercato di aumentare drasticamente la portata e la portata delle sue relazioni con il Paese in seguito all’invasione russa dell’Ucraina del 2022. L’Egitto dispone di riserve di gas molto consistenti – ufficialmente stimate prudentemente in circa 2,1 trilioni di metri cubi – che lo rendono un attore fondamentale dell’enorme hub del gas del Mediterraneo orientale.

Chevron è stato l’operatore chiave fin dall’inizio, con l’annuncio nel dicembre 2022 di aver raggiunto almeno 99 miliardi di metri cubi di gas con il suo pozzo esplorativo Nargis-1 nel delta orientale del Nilo, a circa 60 chilometri a nord della penisola del Sinai.

LE ATTIVITÀ DI ENI IN EGITTO

Successivamente è arrivata Eni, con la scoperta di un potenziale enorme giacimento di gas offshore nella sua area di concessione nel Mar Rosso, focalizzata sul pozzo Nargis-1. Ciò ha aumentato la già significativa presenza della major italiana nel più ampio Mediterraneo orientale attraverso la gestione dei massicci giacimenti Leviathan e Tamar, in Israele, e il progetto Aphrodite, nell’offshore di Cipro. Secondo il presidente di Chevron International Exploration and Production, Clay Neff, “il Mediterraneo orientale dispone di abbondanti risorse energetiche e il loro sviluppo sta guidando una collaborazione strategica nella regione”.

LE OPERAZIONI DI SHELL E BP

Da allora, questo punto di ingresso nel settore del gas egiziano da parte degli Stati Uniti è stato utilizzato da molte altre delle principali compagnie petrolifere internazionali dei suoi alleati, tra cui Eni, Shell e BP. Quest’ultima di recente ha dichiarato che nei prossimi 3 anni investirà 3,5 miliardi di dollari nell’esplorazione e nello sviluppo dei giacimenti di gas egiziani. L’importo potrebbe anche essere raddoppiato, se l’attività esplorativa dovesse portare a nuove scoperte.

Nel frattempo, Shell ha avviato lo sviluppo della decima fase della concessione egiziana West Delta Deep Marine (WDDM) del delta del Nilo, nel Mar Mediterraneo. Ciò è avvenuto dopo che l’azienda britannica e il suo partner avevano sviluppato le precedenti 9 fasi di sviluppo della concessione WDDM, che include 17 giacimenti di gas situati ad una profondità compresa tra 300 e 1.200 metri e che si estendono per circa 90-120 chilometri dalla costa. La scorsa settimana è uscita la notizia che lo stesso consorzio guidato da Shell ha accettato di iniziare l’undicesima fase del WDDM.

LE ULTIME SCOPERTE E I PIANI DI ENI IN EGITTO

Anche Eni si è distinta per il suo approccio imprenditoriale e aggressivo alla ricerca e alla salvaguardia di nuove forniture di petrolio e gas in tutto il Medio Oriente: l’azienda del cane a sei zampe sta cercando di consolidare ed espandere la propria presenza in Libia e negli Emirati Arabi Uniti, tra gli altri. In questo contesto, Eni ha affiancato Chevron nell’ultima scoperta di Nargis, affermando che il ritrovamento del pozzo Nargis-1 conferma la validità del suo focus sull’offshore egiziano, che – come si legge in una nota Eni del gennaio 2023 – “svilupperemo ulteriormente grazie alla recente assegnazione dei blocchi esplorativi North Rafah, North El Fayrouz, Northeast El Arish, Tiba e Bellatrix-Seti East”. Tutto ciò segue la scoperta nel 2015, sempre da parte di Eni, dell’enorme giacimento di Zohr nel Mediterraneo orientale ed è in linea con l’obiettivo della società di sostituire completamente le importazioni di gas dalla Russia entro il 2025.

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