Freno a manifattura e costruzione a causa dei costi dell’energia, un milione di veicoli in Italia possibile già nell’incontro Governo-Stellantis del prossimo 7 agosto e taglio ai debiti dell’Africa che manca nel Piano Mattei: ecco le principali notizie dei giornali
Se il turismo in Italia traina l’economia da un lato, frenano dall’altro manifattura e costruzioni a causa del peso dovuto all’extra costo dell’energia. Si delinea come sempre più concreto un accordo tra governo e Stellantis sulle auto: già durante il tavolo auto convocato la prossima settimana, il 7 agosto, si potrebbe delineare il canovaccio di un’intesa per arrivare a riportare in Italia la produzione a 1 milione di veicoli l’anno. Mentre in un commento a firma di Alberto Magnani sul Sole 24 Ore si torna a parlare di piano Mattei: “Nell’abbondanza di annunci, più o meno sostanziali, c’è un’assenza che non sembra far rumore: quella di riferimenti alla zavorra debitoria delle economie africane, un freno alla crescita delle economie continentali e a quegli stessi rapporti ‘paritari’ che dovrebbero animare il Piano Mattei”.
ECONOMIA ITALIANA, IL TURISMO TRAINA MA FRENANO MANIFATTURA E COSTRUZIONI: PESA EXTRA COSTO ENERGIA
“L’industria è in recessione da 16 mesi, ma le presenze di stranieri sono in aumento del 14% sul 2023. Da aprile, con l’ultima stretta al Superbonus, il fatturato delle costruzioni sta calando; intanto solo nei primi due mesi dell’anno i turisti stranieri hanno speso il 20% più di un anno fa e possono contribuire al 15% del prodotto lordo italiano. Anche l’agricoltura sembra in calo strutturale, quest’anno. Eppure l’esplosione degli affitti brevi nelle città è diventata talmente pervasiva ed endemica da aver creato un nuovo ceto diffuso di piccoli redditieri, ma a Roma è nata anche un’associazione di residenti («Riabitiamo Roma») che si ribellano all’assedio turistico un po’ come già accaduto a Barcellona e in altre città della Spagna. Benvenuti nell’Italia a due velocità: quella attualmente in declino dell’industria e della manifattura e l’altra in piena esplosione del turismo e dei servizi professionali. Inclusi, fra questi ultimi, i sempre più introvabili taxisti romani che denunciano redditi lordi — nota l’economista dei trasporti Andrea Giuricin — da mille euro al mese”. È quanto si legge sul Corriere della Sera a firma di Federico Fubini.
“(…) Adesso, per la prima volta dalla pandemia, l’economia italiana sta cercando di crescere (quasi) senza effetto Superbonus e senza generare debito pubblico a intensità da tarda prima Repubblica. (…) Allo stesso tempo, le incognite e le difficoltà non mancano. La più vistosa viene da una crisi dell’industria di cui non si vede l’uscita. Oggi i settori produttivi a maggiore consumo di energia — chimica, materiali edili, lavorazioni dei metalli, carta e packaging — scontano un costo dell’elettricità che a giugno era del 42% più alto che in Germania, del 174% più alto che in Francia e dell’84% più alto che in Spagna. Le circa mille fonderie del Paese, che forniscono metalli industriali a tutti gli altri settori, rispetto a un anno fa hanno perso un decimo del fatturato. ‘Sono tendenze che non avevamo mai visto — dice il presidente di Assofond Fabio Zanardi —. Sono calati gli ordini nei settori delle macchine agricole, delle macchine movimento terra, nella meccanica. Persino chi fabbrica turbine eoliche preferisce approvvigionarsi fuori dall’Europa’. Resta dunque da capire nei prossimi mesi e nel 2025 quali saranno i motori per proseguire la ripresa; quale sia la strategia-Paese dell’Italia. (…) Fare spesa e crescita in deficit non sarà più possibile, ora che si riattivano le regole europee di bilancio. La chiave per il Paese è nei costi dell’energia, da ridurre per famiglie e imprese: servirebbe un’efficacia nella spesa del Piano nazionale di ripresa, che per ora si fa attendere”.
AUTO, URSO SULL’AUMENTO DI PRODUZIONE: “POSSIBILE L’INTESA CON STELLANTIS”
“’Ci stiamo chiarendo in maniera esemplare su ogni aspetto della questione, ma penso che l’obiettivo sia raggiungibile’. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, è possibilista sulla chiusura di un accordo tra governo e Stellantis in tempi rapidi. Già durante il tavolo auto convocato la prossima settimana, il 7 agosto, si potrebbe delineare il canovaccio di un’intesa per arrivare a riportare in Italia la produzione a 1 milione di veicoli l’anno. Accordo che sarà poi celebrato in un incontro a Palazzo Chigi. Pochi giorni fa è stato l’ad del gruppo nato dalla fusione tra Fca e Peugeot, Carlos Tavares, a tendere la mano a Urso”. È quanto riporta La Repubblica di oggi. “(…) .Quando il ministro parla di ‘chiarimenti’ e di ‘risposte’ si riferisce al carteggio in corso tra ministero e azienda. Alla festa per celebrare i 125 anni del marchio Fiat, che si conferma come primo brand di Stellantis in termini di volumi e registra risultati positivi nel primo semestre con oltre 660 mila unità vendute (+2,2%), Urso ha consegnato una serie di richieste. Punti su cui il produttore italo-francese, che ha come primo azionista Exor che controlla anche Repubblica , ha dato una serie di risposte che il ministero non considera complete. Così da Roma è partita una nuova lettera e Urso attende di ricevere gli ultimi chiarimenti. Quelli decisivi. Ad esempio la tempistica per tornare a produrre 1 milione di veicoli e con quali modelli ‘Non è più il momento delle parole, ma dei fatti’, dice il ministro”.
“(…) Lunedì in un incontro con i leader sindacali confederali e metalmeccanici Urso presenterà le strategie del ministero nell’auto e non solo. Ieri il segretario della Uilm, Rocco Palombella, in una lettera aperta ha chiesto al presidente di Stellantis e Ferrari, John Elkann, di far uscire Maserati dal perimetro di Stellantis e di ‘creare un polo del lusso con Ferrari’ per superare le difficoltà. (…)”, ha concluso.
PIANO MATTEI, SI TRASCURA IL DEBITO DEI PAESI AFRICANI
“Fin dalle origini, il Piano Mattei per l’Africa del governo Meloni ha rivendicato un obiettivo: rinnovare il ‘paradigma’ dei rapporti con il continente, con la premessa di un cambio di approccio e l’ambizione di un circolo virtuoso di investimenti e rapporti economici sull’asse fra Italia, i Paesi dell’Unione africana e quelli dell’Unione europea. Il Piano, bollato dall’opposizione come una ‘scatola vuota’, sta iniziando a registrare i primi accordi nei suoi sei pilastri di istruzione, agricoltura, salute, energia, acqua e infrastrutture. Nell’abbondanza di annunci, più o meno sostanziali, c’è un’assenza che non sembra far rumore: quella di riferimenti alla zavorra debitoria delle economie africane, un freno alla crescita delle economie continentali e a quegli stessi rapporti ‘paritari’ che dovrebbero animare il Piano Mattei”. È quanto riporta Il Sole 24 Ore di oggi in un commento a firma di Alberto Magnani. “(…) La Banca africana di sviluppo stima che il totale del debito estero a carico dei governi continentali sia salito a 1.150 miliardi di dollari Usa a fine 2023, in rialzo dai 1.120 miliardi del 2022. L’aumento dei tassi di interesse e le scadenze dei rimborsi stanno moltiplicando ‘le sfide’ negli anni in arrivo, con costi di servizio del debito lievitati in poco più di un decennio dai 61 miliardi di dollari del 2010 ai 163 miliardi attesi nel 2024”, prosegue il quotidiano.
“(…) Una delle vie di uscite dalla trappola debitoria può risiedere nell’appello che sta trovando sponde anche di peso, quello alla revisione della ‘architettura finanziaria’ nei rapporti fra Sud e Nord del mondo. Tradotto nella pratica: rimettere mano alle condizioni e ai vincoli per la ristrutturazione dei debiti, sbloccando un quantitativo di risorse all’altezza delle aspettative di un Continente già fragile e ora piagato anche da macro-sfide come il cambiamento del clima. Un rapporto del think tank italiano Ecco, ancora a firma di Mariotti, avanza ipotesi simili a quelle invocate dai leader africani: un finanziamento più ambizioso del fondo per le economie fragili della Banca mondiale, l’inclusione del clima fra i fattori sulla sostenibilità del debito contemplati dal Fmi, il ricorso a strumenti finanziari che mitighino le ricadute degli shock ambientali. (…)”, conclude il quotidiano.