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Solo 3 Regioni sono pronte per il dm Aree Idonee. Urso: “Temo sospensione Altoforno 1 scoraggi investitori”. Ue risponde a Trump con dazi sulle auto

Solo 3 Regioni hanno approvato le norme per individuare le aree idonee per le rinnovabili. “Temo che ultime notizie Ilva non incoraggino i nuovi investitori”, ha detto il ministro Adolfo Urso. L’Ue risponde a Trump con dazi su auto e aerei. La rassegna Energia

Solo 3 Regioni hanno definito le norme regionali per individuare le aree che possono ospitare i nuovi impianti rinnovabili: Sardegna, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia. Un dato preoccupante se consideriamo che mancano appena cinque mesi alla scadenza prevista dalla legge per recepire il Dm aree idonee. Il sequestro dell’Altoforno 1 dell’ex Ilva di Taranto preoccupa il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. “Temo che le ultime notizie non incoraggino i nuovi investitori in quello che è un percorso difficile per tutti, a cui spero che le istituzioni partecipino in maniera propositiva, per evitare che anche gli investitori internazionali che avevano mostrato interesse ad acquisire gli impianti possano essere scoraggiati dal farlo”, ha detto ieri il ministro. L’Ue risponde a Trump con dazi su automobili e aerei. Complessivamente la scure europea si dovrebbe abbattere su importazioni dal valore complessivo di oltre 95 miliardi. “Un tentativo di riequilibrio” per “fare pressione sugli Stati Uniti per arrivare a una situazione negoziale”, ha detto ieri un funzionario dell’Ue. La rassegna Energia.

REGIONI A RILENTO SULLE AREE IDONEE

“A cinque mesi dalla scadenza prevista dalla legge per l’approvazione, da parte delle regioni, di norme regionali per il recepimento del decreto sulle aree idonee a ospitare le fonti rinnovabili, solo tre hanno portato a compimento tutto l’iter approvativo e presentano regole vigenti. Si tratta della Sardegna, che in realtà ha vietato l’istallazione delle Fer sul 99% del territorio, dell’Abruzzo e del Friuli Venezia Giulia. Altre 4 regioni hanno presentato proposte di legge che però devono ancora completare l’iter approvato: sono Calabria, Puglia, Toscana e Lombardia. Tra le restanti regioni sono emersi orientamenti rispetto a disposizioni che riguardano le aree idonee, ma ancora non sono state presentate proposte di legge. Va ricordato, d’altro canto, che le elezioni per il rinnovo della giunta e del consiglio regionale si sono tenute nell’autunno del 2024 in Liguria, Umbria ed Emilia Romagna e qui, anche per l’avvicendamento delle amministrazioni, ci sono inevitabilmente ritardi. (…) Il percorso tortuoso e a rilento da parte degli enti territoriali in materia di individuazione delle aree nelle quali l’iter approvativo degli impianti può essere accelerato, si spiega anche con le impugnative fatte da vari operatori su alcuni articoli del decreto Aree Idonee e con l’attesa ormai da mesi che il Tar emetta una sentenza di merito, dopo che il Consiglio di Stato ha sospeso l’applicazione di alcuni commi del decreto. (…) Tutto è rimasto sospeso per mesi e il risultato, come era da attendersi anche per le norme contraddittorie ormai presenti nell’ordinamento nazionale (il decreto Agricoltura dello scorso anno, che di fatto vieta l’istallazione di impianti fotovoltaici nelle aree ad uso agricolo, si è andato a sovrapporre alle numerose semplificazioni e accelerazioni sulle rinnovabili varate dal governo Draghi), è un quadro molto frastagliato a livello nazionale. Il Consiglio di Stato ha sospeso, in particolare, il comma del decreto Aree Idonee che lasciava il potere alle regioni di definire non idonee anche le aree stabilite come idonee dalle leggi del 2021 (articolo 20 comma 8 del dlgs 199/2021): queste sono le aree industriali dismesse, cave, aree lungo autostrade e ferrovie. Il Tar del Lazio aveva fissato un’udienza di merito lo scorso 5 febbraio, ma poi è stato tutto rinviato. (…) Il quadro nazionale oggi vede la Sardegna, prima regione a legiferare in materia, che ha nella sostanza definito il 99% del territorio regionale non idoneo per impianti rinnovabili che possano beneficiare di un iter approvativo accelerato. «Se si guarda alle norme varate in Abruzzo, in Friuli e altre proposte di legge come quelle presentate in Calabria, Puglia, Toscana e Lombardia emerge una rilevante attenzione alla tutela del paesaggio e alla tutela dell’agricoltura che è doverosa, ma non sembra che ci sia pari attenzione alla funzione delle rinnovabili e del fotovoltaico per contenere i costi dell’energia», osserva Paolo Rocco Viscontini, presidente di Italia Solare”, si legge su Il Sole 24 Ore.

URSO: “TEMO CHE IL SEQUESTRO DELL’ALTOFORNO 1 POSSA SCORAGGIARE GLI INVESTITORI”

“Il ministro Adolfo Urso le ha chiamate «ultime notizie». Ma è evidente che il riferimento è al sequestro probatorio, senza facoltà d’uso, dell’Altoforno 1 dell’ex Ilva di Taranto, notificato all’azienda dal pm Francesco Ciardo dopo l’incendio del 6 maggio che ha generato una colonna di fumo nero visibile anche a chilometri. «Temo — ha sottolineato il ministro delle Imprese e del Made in Italy a margine di un evento al Mimit — che le ultime notizie non incoraggino i nuovi investitori in quello che è un percorso difficile per tutti, a cui spero che le istituzioni partecipino in maniera propositiva, per evitare che anche gli investitori internazionali che avevano mostrato interesse ad acquisire gli impianti possano essere scoraggiati dal farlo». (…) Di certo, però, il ministro non sminuisce il rischio che la cessione dell’ex Ilva al consorzio azero guidato da Baku Steel Company e Azerbaijan Investment Company possa subire degli ostacoli. E lo fa capire senza tanti giri di parole. «Speriamo che non ci siano condizionamenti esterni che possano scoraggiare gli investitori e precludere lo sviluppo della tecnologia green nel più grande impianto siderurgico italiano»”, si legge su Il Corriere della Sera.

“Come detto, stando al decreto di sequestro senza facoltà d’uso, l’Altoforno 1 non potrà essere utilizzato. Il pm, a quanto si è appreso, contesta i reati di omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro e getto pericoloso di cose. L’incendio del 6 maggio, documentato da video virali sui social, ha creato apprensione. Non ci sono stati feriti e Acciaierie d’Italia ha spiegato che «si è verificata un’emissione non controllata in atmosfera, causata da un’anomalia improvvisa a un elemento del sistema di raffreddamento dell’impianto», in particolare la tubiera 11. A tutto ciò, però, si aggiunge che sull’intera area a caldo dell’ex Ilva (cokerie, altiforni, acciaierie etc.) grava già un sequestro — ma con facoltà d’uso — rinnovato dal gip di Potenza a valle del trasferimento del processo «Ambiente Svenduto», relativo al reato di disastro ambientale contestato alla vecchia gestione Riva, dalla Corte d’Assise d’Appello di Taranto a quella di Potenza. Come reagiranno i potenziali nuovi acquirenti a fronte di questo ulteriore sequestro, visto che adesso l’unico altoforno in marcia è il numero 4? (…) Dubbi che gravano, ovviamente, anche sui sindacati che hanno chiesto — queste le parole di Rocco Palombella, segretario generale Uilm — «un incontro urgente con il ministro Urso e i commissari»” continua il giornale.

ENERGIA, UE RISPONDE AI DAZI DI TRUMP

“«Non è una rappresaglia, ma un tentativo di riequilibrio» spiegava ieri un funzionario Ue illustrando la nuova lista di contro-dazi compilata dalla Commissione europea. Perché «il nostro obiettivo non è quello di scatenare una guerra commerciale, ma di fare pressione sugli Stati Uniti per arrivare a una situazione negoziale». Nel nuovo elenco figurano prodotti americani che ogni anno vengono importati in Europa per un valore totale di 95 miliardi: ci sono le automobili Usa – pick-up, suv e soprattutto la componentistica –, ci sono gli aerei della Boeing, alcuni prodotti elettronici, dispositivi utilizzati nel settore sanitario, macchinari industriali, aragoste, merluzzi, ma anche i superalcolici, tra cui il whisky bourbon che era stato depennato dalla lista precedente su richiesta di Italia e Francia. (…) «I dazi stanno già avendo un impatto negativo sulle economie globali – ha sottolineato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione -. L’Ue rimane pienamente impegnata a trovare soluzioni negoziate con gli Stati Uniti. Allo stesso tempo, continuiamo a prepararci a tutte le possibilità e la consultazione avviata ci aiuterà a orientarci in questo lavoro necessario». E dalla Casa Bianca è subito arrivato un segnale positivo: «Vogliamo raggiungere un accordo con l’Europa» ha assicurato Donald Trump. «Spero di incontrare von der Leyen, è fantastica». (…) soprattutto ha annunciato un ricorso all’Organizzazione mondiale del commercio per contestare le misure americane che «violano le regole fondamentali della Wto». Il riferimento è alle tariffe introdotte dall’amministrazione Trump che sono già entrate in vigore e che l’Ue considera illegali, vale a dire quelle del 25% sul settore automotive e quelle del 10% su gran parte dei prodotti europei”, si legge su La Stampa.

“Nell’elenco dei beni che potranno essere sottoposti ai dazi europei, la Commissione ha deciso di inserire prodotti agroalimentari (per un valore totale di 6,4 miliardi), ma soprattutto industriali. Nel mirino ci sono gli aerei americani (l’import vale 10,5 miliardi di euro), alcune automobili e motociclette (2 miliardi) e soprattutto la componentistica del settore automotive (10,3 miliardi), prodotti chimici (2,9 miliardi), dispositivi elettronici (7,2 miliardi), macchinari industriali (12 miliardi) e dispositivi del settore sanitario (10 miliardi), ma non i prodotti farmaceutici. Nell’elenco anche vini, liquori, gin, rum e soprattutto il whisky Bourbon (valore totale dell’import di alcolici: 1,3 miliardi). Tra i codici inseriti nelle 218 pagine pubblicate dalla Commissione c’è anche quello che corrisponde a «carri da combattimento e autoblinde, anche armati e loro componenti», ma non è chiaro se questo includerà gli Abrams che alcuni Paesi europei come la Polonia importano dagli Usa. (…) A oggi, gli Usa applicano tariffe del 25% sull’import di acciaio e alluminio europei (che vale 26 miliardi di euro), alle quali l’Ue aveva risposto con contro-dazi su circa 20 miliardi di prodotti americani, poi sospesi per 90 giorni. Nel frattempo, sono entrati in vigore i dazi americani del 25% sul settore automotive (che vale 67 miliardi di euro) e del 10% su 290 miliardi di prodotti europei con i cosiddetti «dazi reciproci» (l’aliquota del 20% è stata congelata per tre mesi)”, continua il giornale. (Energia Oltre – edl)

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