Misure della Manovra in arrivo solo a novembre. Il Piano Draghi potrebbe aiutare le aziende dell’energia quotate in Borsa ben posizionate. Tavares (Stellantis): “Surreale cambiare regole emissioni CO2 auto”. La rassegna Energia
Il Cdm varerà solo una bozza di Piano Strutturale di Bilancio, il piano vero della Manovra arriverà solo dopo il 23 settembre. Quindi, niente misure prima di novembre, scrive La Repubblica. I cambiamenti strutturali che chiede il Piano Draghi potrebbero favorire le aziende italiane dell’energia quotate in Borsa, consolidando il giudizio positivo del mercato delle imprese dell’energia già ben posizionate. L’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, ha criticato il rinvio di due anni delle norme sulle emissioni di anidride carbonica delle automobili proposto dall’associazione Acea, sottolineando che cambiare le regole ora sarebbe surreale. La rassegna Energia.
ENERGIA, MISURE DELLA MANOVRA SOLO A NOVEMBRE
“La stagione di bilancio non si è ancora aperta. E già siamo alle deroghe e agli allunghi. Niente di imprevisto e imprevedibile. Ma il governo Meloni usa ogni inciampo di calendario per stiracchiare la fattura di una manovra, la sua terza, che si annuncia avvinghiata a proroghe di vecchie misure e ancora non coperta del tutto. Una variante, rilanciata nei giorni scorsi dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, quella di spingere la natalità con incentivi fiscali ulteriori a favore delle famiglie con figli, non fa altro che complicare il quadro. Perché ora la lista delle richieste in maggioranza si gonfia. (…) Il primo atto di questa cavalcata contabile, che si chiuderà a San Silvestro, si compie domani. Il Consiglio dei ministri è chiamato ad approvare il Psb, il Piano strutturale di bilancio richiesto dall’Europa come frutto del nuovo Patto di stabilità e crescita, votato anche dal nostro governo (ma non dalla sua maggioranza nel Parlamento Ue). Il Psb consiste in qualche tabella e grafico, in pratica una riedizione della Nadef, la vecchia nota di aggiornamento del Def. A differenza di quella, cambia però l’orizzonte temporale di intervento e soprattutto la filosofia. Bruxelles chiede all’Italia una correzione del suo alto deficit e poi del debito, da attuare moderando la spesa pubblica su un orizzonte che può essere di 4 anni oppure di 7, purché in questo secondo caso siano indicati anche le riforme e gli investimenti a supporto della crescita. Domani il Cdm presieduto dalla premier Meloni varerà solo una bozza di Psb. Il Piano vero arriverà dopo il 23 settembre. (…) Ma il governo ha cavalcato la data per posticipare il Psb, atteso a Bruxelles per il 20 settembre. Lo stesso commissario uscente all’Economia Paolo Gentiloni ha minimizzato, puntando sulla flessibilità di calendario prevista anche per altri Paesi. Fatto sta che il governo scriverà davvero il Piano solo dopo il 23 settembre. E il Parlamento dovrà valutarlo a seguire. Risultato: Psb spedito all’Ue solo la prima settimana di ottobre (se tutto va bene)”, si legge su La Repubblica.
“Ecco che però tutto traballa. Il 15 ottobre Bruxelles, come ogni anno, attende un altro importante file dall’Italia chiamato Dpb. Ovvero il Documento programmatico di bilancio che contiene il riassuntino scarno della manovra, con le macro aree di intervento – famiglia, lavoro, imprese, pensioni, etc – e l’entità delle risorse impiegate in percentuale del Pil. Una tabella tecnica non molto dettagliata e soprattutto poco vincolante. Negli anni passati i governi (non solo Meloni) hanno spesso cambiato voci e importi. Dal Dpb alla manovra vera e propria, insomma, c’è un fossato. Ecco, la manovra dovrebbe arrivare in Parlamento entro il 20 ottobre. (…) La manovra è tenuta in ostaggio da un altro fondamentale appuntamento. Anche questo spostato (dal Cdm del 20 giugno scorso) da metà ottobre al 31 ottobre: il termine ultimo per le partite Iva e gli autonomi per aderire al nuovo concordato preventivo biennale. La ricorrenza si presta a qualche battuta, visto che siamo alla notte di Halloween. In effetti, il risultato in termini di gettito da questa forma di “condono” anticipato – ti metti d’accordo col fisco, paghi poco e non ti controllo per i prossimi due anni – potrebbe essere “dolcetto o scherzetto”. (…) L’emendamento al decreto Omnibus è firmato da FdI (Fausto Orsomarso), Lega (Massimo Garavaglia) e Forza Italia (Dario Damiani). Ecco dunque che fino al 31 ottobre i conti non sono chiusi. Il gettito da concordato dovrebbe servire a tante cose: anticipare il bonus Befana da 100 euro lordi (80 netti) già nel 2024, tagliare le tasse al ceto medio, dare più soldi alle famiglie con figli” continua il giornale.
ENERGIA, CHI APPROFITTA DEL RAPPORTO DRAGHI IN BORSA
“Titoli italiani in prima linea con il Rapporto Draghi. Dopo una lunga attesa è stato presentato alla Commissione europea l’approfondita analisi curata dall’ex Presidente del Consiglio italiano che ha fatto il punto su alcune delle sfide più urgenti per il futuro economico dell’Unione: transizione energetica, digitalizzazione e la creazione di un vero mercato unico dei capitali. La relazione non ha solo messo in evidenza i trend globali, ma ha anche posto l’accento su come l’Europa e, in particolare, l’Italia, debbano rispondere per rimanere competitive. Un’ottima notizia per alcune delle aziende quotate in Borsa Italiana, che sono già ben posizionate per trarre vantaggio da questi cambiamenti strutturali. Per alcune l’occasione di consolidare il giudizio già positivo del mercato. Per altre, l’occasione di essere riscoperte dagli investitori, il cui appetito per il rischio sta calando a causa delle preoccupazioni sulle prospettive del ciclo economico del prossimo anno.(…) L’offerta è piuttosto ampia: Enel, Intesa Sanpaolo e StMicroelectronics, per citare solo i campioni nazionali nelle rispettive «categorie» tracciate da Draghi”, si legge su L’Economia de Il Corriere della Sera.
“(…) Uno dei temi principali del rapporto è stato la transizione energetica, un processo in cui l’Italia gioca un ruolo di primo piano. Alcune delle nostre maggiori aziende stanno investendo massicciamente in questo settore e i loro titoli potrebbero essere tra i più interessanti per chi vuole cavalcare l’onda della sostenibilità. Secondo gli analisti di Equita, il report di Draghi sulla competitività dell’Ue offre una visione sulla direzione delle politiche europee (…) «Per le utility – sottolineano gli analisti – si conferma la centralità delle reti elettriche e degli investimenti nel settore. Tra i titoli esposti, segnaliamo Terna per la trasmissione elettrica, Enel per la distribuzione (26% dell’Ebitda dalla distribuzione in Spagna e Italia), Acea (28% dell’ebitda da distribuzione elettrica) e in misura minore per A2A (13% dell’Ebitda 2025 da distribuzione elettrica)». Enel, campione nazionale dell’energia verde con un valore di mercato che supera i 60 miliardi di euro, ha già annunciato un piano per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2040 e sta investendo pesantemente in energie rinnovabili, sia in Italia che all’estero. I mercati hanno premiato questa strategia, (…) con una performance che negli ultimi 12 mesi, è stata complessivamente, tra guadagni in Borsa e dividendi, superiore al 20%”, continua il giornale.
“La digitalizzazione è un altro pilastro fondamentale del rapporto Draghi. L’Italia, sebbene ancora indietro rispetto ad altri Paesi europei, sta recuperando terreno grazie a una serie di aziende innovative che stanno guidando questa trasformazione. Nexi è il leader nei pagamenti digitali, avendo beneficiato della rapida crescita del settore fintech, accelerata dalla pandemia e dai cambiamenti nelle abitudini di consumo. La società, protagonista di fusioni e acquisizioni strategiche, è ben posizionata per guidare la digitalizzazione del sistema finanziario italiano e europeo. Sul titolo si è recentemente espressa Bank of America confermando il giudizio Buy, con target di 9,3 euro. (…) Il terzo grande tema del rapporto Draghi è la necessità di un mercato unico dei capitali. L’integrazione dei mercati finanziari europei rappresenta una grande opportunità per le aziende italiane, in particolare per quelle del settore bancario, che potrebbero beneficiare di una maggiore armonizzazione delle regole e di un accesso più facile ai capitali. La prima mossa l’ha messa a segno Unicredit, che la scorsa settimana ha annunciato l’acquisizione del 9% di Commerzbank con l’intenzione di esplorare una possibile fusione tra la banca tedesca e la controllata Hvb”, continua il giornale.
AUTO, TAVARES (STELLANTIS): “ASSURDO CAMBIARE REGOLE EMISSIONI CO2”
“Le regole a gioco iniziato non si cambiano. L’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, non ci sta e si oppone all’associazione europea Acea che ha chiesto all’Ue un rinvio di due anni delle norme sulle emissioni di anidride carbonica. «Sarebbe surreale cambiare le regole europee sulle emissioni di CO2 ora». (…) Tutti conoscono le regole da molto tempo, tutti hanno avuto il tempo di prepararsi e quindi adesso si corre». Secondo un documento informale pubblicato dalla stampa, l’associazione europea di settore Acea (che comprende Volkswagen e Renault, ma non più Stellantis) chiede all’Ue di attivare una specifica quanto rara procedura di emergenza per rinviare di due anni l’applicazione prevista nel 2025 di norme rafforzate sulle emissioni di CO2. (…) negli ultimi mesi il mercato europeo delle auto elettriche è stato meno promettente del previsto, soprattutto a causa del venir meno degli incentivi in Germania”, si legge su La Stampa.
“In realtà, l’ad di Stellantis si oppone da tempo all’introduzione di norme troppo restrittive sulle emissioni. Il suo ragionamento è che le auto elettriche non si venderanno fino a quando rimarranno troppo costose. E che nel sistema attuale «il regolatore vuole che i consumatori comprino questo tipo di auto, e il consumatore dice no, grazie, non a quel prezzo». Il nocciolo della questione Tavares lo sintetizza così: «Ora abbiamo le auto, ci siamo organizzati per effettuare le vendite necessarie, stiamo col fiato sul collo di Tesla e ci viene detto che ci saranno dei disastri. Ma dovevamo pensarci prima, giusto?».(…) il gruppo «si è imposto dal punto di vista etico di non comprare crediti» (che autorizzano i produttori più inquinanti ad allearsi con quelli meno inquinanti, come Tesla, ndr), «perché pensiamo che sia davvero necessario dare un contributo alla riduzione delle emissioni»”, continua il giornale.