‘Europa è in crisi per l’eccesso di produzione fotovoltaica, con blackout e prezzi negativi, mentre i costruttori cinesi conquistano il mercato auto con i loro ibridi plug-in a basso costo. Nel frattempo, gli USA rispondono alla fame di energia dei data center per l’IA con un maxi-accordo da 80 miliardi sul nucleare, sfidando i dubbi su costi e sicurezza. Il mondo energetico e industriale è a un bivio, tra opportunità green e rischi sistemici. I fatti della settimana di Marco Orioles.
Il sistema energetico e industriale globale è attraversato da una profonda turbolenza. In Europa, il boom del fotovoltaico sta spingendo le reti elettriche al collasso: la sovrapproduzione durante i picchi solari causa blackout, come quello che ha colpito Spagna e Portogallo, e fa crollare i prezzi all’ingrosso, che in Germania sono sempre più spesso negativi. Mentre i gestori di rete lottano per adeguare infrastrutture obsolete, i costruttori cinesi sfruttano la transizione energetica per conquistare il mercato auto europeo, raggiungendo una quota record del 7,4% grazie a ibridi plug-in a prezzi aggressivi. Sul fronte opposto, gli Stati Uniti, per rispondere alla fame di energia dei nuovi data center per l’intelligenza artificiale, scommettono su una “rinascita nucleare” con un accordo da 80 miliardi di dollari per nuovi reattori, nonostante i precedenti fallimenti e i timori per la sicurezza.
SOLARE AL LIMITE: LA CRISI DELLA RETE EUROPEA
Come riferisce Bloomberg in un suo approfondimento, l’Europa sta affrontando una crisi della rete elettrica causata dall’esplosione del fotovoltaico: quattro pannelli installati ogni secondo, con 69,2 GW aggiunti solo nel 2025 e una capacità quadruplicata in un decennio. Le mappe nei centri di controllo, un tempo dominate dal verde della stabilità, ora si accendono di ambra, rosso e, a volte, nero per i blackout. Operatori come Jan Vorrink, ex responsabile della sala controllo di Tennet in Olanda, denunciano la mancanza di strumenti adeguati per gestire le sovratensioni generate dalle rinnovabili su una rete pensata per fonti tradizionali. “La velocità del cambiamento è estrema”, afferma, “e il boom solare sta spingendo il sistema al limite”. Il problema principale è l’alta tensione durante i picchi di produzione e bassa domanda. Nel 2024 si sono registrati 8.645 alert per superamenti dei limiti, oltre il 2.000% in più rispetto ai 34 del 2015: praticamente un allarme ogni ora. Il surplus solare può innescare disconnessioni a catena, come accaduto nel blackout che ha lasciato al buio 50 milioni di persone in Spagna e Portogallo, causato in parte dal distacco improvviso di grandi impianti. In Germania, sottolinea Bloomberg, i prezzi all’ingrosso sono diventati negativi nel 5,2% delle ore del 2023 (erano il 2% nel 2019). La Polonia ha dovuto chiedere aiuto ai tedeschi per assorbire l’eccesso di energia e evitare collassi. Senza interventi, avvertono i gestori, potrebbero rendersi necessari blackout controllati per proteggere le apparecchiature, con tempi di sostituzione fino a cinque anni. Le prime risposte stanno comunque arrivando, rassicura Bloomberg: la Germania limita la produzione in surplus, l’Italia investe in stabilizzatori, mentre Entso-e chiede nuove regole per obbligare le rinnovabili a contribuire al controllo della tensione. Soluzioni tecniche includono inverter intelligenti e compensatori sincroni, ma i cicli di investimento quinquennali rallentano gli adeguamenti. I costi ricadranno sui consumatori. Il solare è destinato a diventare la prima fonte verde globale secondo l’IEA, e l’Ue punta a triplicare le rinnovabili entro il 2030 per rispettare la COP28 e l’Accordo di Parigi. Con la domanda in calo del 5% rispetto al pre-pandemia e gli investimenti privati che superano le infrastrutture, gli esperti avvertono: senza upgrade rapidi, la Spagna non sarà l’ultima a spegnersi.
CINESI AL RECORD IN EUROPA: 7,4% DEL MERCATO CON IBRIDI PLUG-IN
È ancora Bloomberg ad informarci che a settembre i costruttori cinesi hanno conquistato il 7,4% delle vendite di auto passeggeri in Europa, toccando un record storico e superando per la prima volta i marchi coreani come Kia e Hyundai. BYD, SAIC-MG e Chery guidano l’avanzata, arrivando all’8% in Europa occidentale secondo Schmidt Automotive Research. Il boom è alimentato dagli ibridi plug-in, le cui vendite sono schizzate del 62%, secondo i dati ACEA, e dagli EV: segmenti in cui i cinesi dominano grazie a prezzi accessibili, range elettrico fino a 80 km e dotazioni premium. BYD ha sestuplicato le vendite nel Regno Unito in un solo mese, MG ha quasi eguagliato il ritmo; Chery ha quadruplicato i volumi con Omoda e Jaecoo. Proprio il mercato britannico assorbe quasi metà delle vendite cinesi in Europa, favorito da dazi al 10% contro il 17-38% dell’UE. Dataforce evidenzia una penetrazione inarrestabile: la quota cinese nei PHEV è balzata al 20% (+7%), negli EV all’11% (+1,7, fino al 13% includendo JV come Leapmotor-Stellantis ed Ebro-Chery). BYD vanta l’apertura di un centinaio di nuove concessionarie in Gran Bretagna in meno di 2,5 anni, attirando dealer con offerte aggressive. Bloomberg sottolinea che i dazi Ue del 2024 hanno solo rallentato temporaneamente la marcia: “È un segnale di ciò che verrà”, commenta Benjamin Kibies di Dataforce. Il vantaggio deriva da batterie low-cost e overcapacity interna, che spingono l’export. L’Europa è sulla difensiva: nuove tensioni sui chip olandesi rischiano di fermare linee produttive, ammonisce ACEA. La domanda di PHEV economici premia i cinesi; anche VW e Renault crescono, ma perdono terreno. “Solo i cinesi offrono PHEV a prezzi ragionevoli: l’UE deve accelerare”, avverte Michael Dean di Bloomberg Intelligence.
USA-CANADA: ACCORDO DA 80 MLD PER REATTORI WESTINGHOUSE
Come riferisce Reuters, il governo Usa ha firmato martedì scorso un partenariato con i proprietari canadesi di Westinghouse Electric – Cameco e Brookfield Asset Management – per realizzare reattori nucleari del valore di almeno 80 miliardi di dollari. È uno dei progetti più ambiziosi nell’energia atomica americana da decenni, in sintonia con l’agenda di Trump per massimizzare la produzione energetica. Il piano risponde alla prima crescita della domanda elettrica in 20 anni, spinta dai data center per l’IA che stanno mettendo sotto pressione la rete nazionale. L’accordo prevede che, in cambio di finanziamenti e permessi accelerati, gli Usa riceveranno il 20% dei profitti futuri una volta che Westinghouse avrà distribuito 17,5 miliardi a Brookfield e Cameco. Potranno convertire questa quota in equity fino al 20% e obbligare a un’IPO entro il 2029 se il valore supererà i 30 miliardi. L’annuncio, sottolinea Reuters, è arrivato durante il viaggio di Trump in Asia, con il Giappone che stanzierà fino a 332 miliardi per infrastrutture negli Usa, inclusi reattori AP1000 e SMR. Coinvolte Mitsubishi Heavy Industries, Toshiba e IHI per fino a 100 miliardi in reattori. Le azioni Cameco quotate in America sono balzate oltre il 25%. Il successo resta però incerto: gli ultimi due reattori Westinghouse a Vogtle, in Georgia (2023-2024), hanno accumulato 7 anni di ritardi e costi di 35 miliardi, più del doppio dei 14 previsti. Westinghouse fallì nel 2017; oggi Brookfield ne detiene il 51%, Cameco il resto. Attualmente nessun grande reattore è in costruzione negli Usa. A maggio Trump ha ordinato alla NRC di deregolamentare e ridurre i tempi per le licenze a 18 mesi, puntando a dieci nuovi reattori entro il 2030. Mentre il Segretario all’Energia Wright celebra una “rinascita nucleare”, i critici temono compromessi sulla sicurezza.


