Il passo indietro del consorzio azero, ancora non ufficializzato, composto da Baku Steel Company e Azerbaijan Investment Company rimescola le carte sulla gara per l’ex Ilva. La scadenza per presentare le offerte va dal 15 al 26 settembre sono rimasti gli indiani di Jindal Steel International e gli americani di Bedrock Industries. Si va verso una mini-proroga di una decina di giorni per concedere più tempo alle imprese candidate che dovranno studiare meglio alcuni aspetti tecnici.
Le motivazioni del passo indietro degli azeri non sono state ancora ufficializzate ma secondo quanto riporta il Sole 24 Ore di oggi, dietro potrebbe esserci il diniego del comune all’approvazione di una nave di rigassificatrice nel porto di Taranto per alimentare il processo di decarbonizzazione dell’impianto siderurgico ma contestato da ambientalisti e comitati cittadini.
SINDACO: LA NAVE RIGASSIFICATRICE COME PRETESTO
Le definisce realtà imprenditoriali importanti quelle che merita lo stabilimento di Taranto, il sindaco Piero Bitetti (Centro-sinistra): “Non mi sorprende (il ritiro degli azeri), lo stabilimento di Taranto merita realtà imprenditoriali importanti che abbiano commentando il ritiro degli azeri e non si dice sorpreso. Con la massima considerazione per gli azeri da cui arriva la fornitura di gas attraverso il gasdotto Tap, li vedevo, pur essendo una realtà importante, modesti rispetto alla produzione che Taranto ha avuto nel tempo”. Sempre secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore il sindaco non condivide la tesi che sia stato il no del Comune alla nave di rigassificazione, necessaria per alimentare i forni elettrici e i collegati impianti del Dri, a determinare la rinuncia di Baku. “E’ una strumentalizzazione. Quello che è avvenuto era già nell’aria. Abbiamo sottoscritto al Mimit un documento che punta alla decarbonizzazione della fabbrica, poi ci saranno i passaggi conseguenziali, ma intanto ci sono già realtà che hanno avanzato pubblicamente la loro posizione ed hanno escluso la necessità di importanti quantità di gas. E allora, siamo sicuri che serve tutto questo gas o possiamo puntare a fonti rinnovabili?”.
I SINDACATI
Altra prospettiva quella del sindacato che legge il ritiro di Baku un “segno di un calo di interesse da parte degli investitori, aggravato dalle difficoltà interne alle aziende e dall’incertezza che avvolge la città. L’Ilva versa in condizioni peggiorate e il mancato avvio di investimenti strategici come la nave rigassificatrice, essenziale per il fabbisogno di gas del polo del Dri ha ulteriormente allontanato lo sviluppo”.