Il G7 ambiente al via in Italia, nuove risorse per ex Ilva, l’eolico galleggiante di Renantis e la dipendenza dall’estero dell’Ue sui prodotti strategici: la rassegna dei giornali
Addio al carbone per entrare nel nuovo nucleare. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin impegnato in una serie di incontri ieri a Torino alla vigilia del G7 Energia, Clima e Ambiente ha confermato il nuovo corso dell’Italia e firmato l’adesione all’Alleanza industriale europea sugli Smr, i piccoli reattori modulari. Intanto, sul fronte delle rinnovabili, Renantis ha confermato di voler puntare sull’eolico galleggiante che in Italia, uno dei cinque mercati più interessanti del mondo per questa tecnologia nascente. Mentre l’ex Ilva avrebbe bisogno di altri 600 milioni di euro per poter proseguire la sua attività e i tempi e i modi del finanziamento saranno poste dai sindacati oggi alle 15 nell’incontro convocato a Palazzo Chigi per fare il punto della situazione con i ministri competenti, guidati dal responsabile delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Infine la dipendenza europea dall’estero: sono in tutto 204 i prodotti critici individuati dai tecnici di Bruxelles, dalle materie prime ai computer, dai dispositivi per la navigazione aerea ai pannelli solari. Di questi, oltre una cinquantina appaiono particolarmente sensibili, visto che le importazioni europee dipendono da una singola fonte, per lo più la Cina.
G7, PER L’ITALIA ADDIO AL CARBONE MA SÌ AL NUCLEARE. MANIFESTANTI BRUCIANO FOTO LEADER
“Uscire del tutto dal carbone ed entrare nel nuovo nucleare. Con un mix energetico che non comprenda solo le rinnovabili tra le fonti per arrivare alla decarbonizzazione. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin impegnato in una serie di incontri ieri a Torino alla vigilia del G7 Energia, Clima e Ambiente in agenda oggi e domani a Venaria Reale sotto la presidenza italiana, ha parlato chiaro: ‘L’obiettivo al 2050 è la decarbonizzazione totale, la scala è lunga, bisogna fare uno scalino per volta. Il primo è quello del carbone, poi il petrolio e produrre energia pulita con le rinnovabili e, per dare continuità, anche il nuovo nucleare’. Un tema, quest’ultimo, inviso ai Verdi tedeschi e in larga parte ai movimenti ambientalisti italiani. Ieri è stato un pomeriggio di tensione con i manifestanti che hanno dato fuoco alle gigantografie con i volti dei leader, tra cui quella di Giorgia Meloni”. È quanto si legge sul Corriere della Sera di oggi. “Sul carbone la chiusura definitiva delle ultime centrali esistenti era già prevista entro il 2025, (…) Confermando l’obiettivo italiano, Pichetto ha lanciato un messaggio alla Germania che ha chiuso gli ultimi reattori l’anno scorso ma usa ancora carbone e lignite. Il governo italiano ha mosso i primi passi per portare il nucleare di nuova generazione: ieri il Mase ha firmato l’adesione all’Alleanza industriale europea sugli Smr, i piccoli reattori modulari. (…)”, conclude il quotidiano.
ENERGIA, RENANTIS PUNTA SUI PARCHI EOLICI GALLEGGIANTI
“Renantis, già Falck Renewables, punta su una fonte energetica potente, inesauribile e sempre più economica. Non è il nucleare, ma l’eolico galleggiante, che l’International energy agency considera la fonte rinnovabile del futuro e che potrebbe fornire, secondo le sue stime, energia elettrica sufficiente a soddisfare dieci volte la domanda mondiale da qui al 2050”. È quanto si legge sull’inserto Economia del Corriere della Sera. “Una prospettiva interessante in particolare per l’Italia, secondo Ksenia Balanda, responsabile dei progetti di eolico galleggiante per l’azienda erede di Falck Renewables. ‘In Italia — dice — stiamo sviluppando insieme con BlueFloat Energy sei parchi eolici galleggianti, per una capacità installata di 5,5 gigawatt, con un investimento complessivo di 18 miliardi. È un piano su cui Renantis ha già investito diversi milioni per le attività preliminari, a dimostrazione del fatto che crediamo nelle potenzialità del Paese’. (…)”.
“L’Italia è considerata uno dei cinque mercati più interessanti del mondo per questa tecnologia nascente, grazie ai suoi fondali profondi, che non sono adatti per l’eolico offshore a fondo fisso, come quello del Mare del Nord dove l’eolico offshore è diventato ormai la prima fonte per Paesi come la Germania, l’Olanda e il Regno Unito. Nel Mediterraneo, invece, sarà l’eolico galleggiante a fare la parte del leone. (…) ‘Per un impianto medio da due gigawatt parliamo di duemila-quattromila persone nella fase di realizzazione e di 150-200 a tempo pieno per 30 anni, con corsi di formazione per creare le professionalità giuste — dice Balanda —: così facciamo nascere un intero settore che può prendere il posto di altri crisi. Abbiamo già accordi con il porto di Taranto, Fincantieri e tutto l’ecosistema, cercando di creare una catena di approvvigionamento interamente locale per le basi galleggianti che reggono le turbine’. (…) Nel frattempo sono stati realizzati altri due parchi eolici galleggianti al largo della Scozia e della Norvegia, che portano la capacità installata dell’eolico galleggiante europeo a 180 megawatt, ma la Francia e la Gran Bretagna si stanno muovendo con un programma imponente, per cui si prevedono almeno altri quattro gigawatt di eolico galleggiante in esercizio in Europa entro il 2030. (…)”, conclude il quotidiano.
EX ILVA: SERVONO ALTRI 600 MILIONI PER PROSEGUIRE L’ATTIVITÀ
“All’appello mancano 600 milioni, per riuscire a garantire che l’ex Ilva rimanga in piedi. Non considerando il prestito ponte di 320 milioni, su cui si deve esprimere ancora l’Unione Europea, e i fondi che Acciaierie d’Italia (la società di gestione) ha a disposizione (150 milioni arrivati dalla Ilva in amministrazione straordinaria grazie al decreto Pnrr), servirebbero altri 600 milioni, almeno, per arrivare a circa 1 miliardo di euro”. È quanto si legge su La Repubblica di oggi. “Secondo i dati raccolti dai sindacati, sarebbe questo il fabbisogno annuale per far vivere gli stabilimenti, a partire dal gigantesco complesso di Taranto. Dove intende trovarli il governo? In che tempi? E qual è la road map per trovare il nuovo partner industriale dopo che la società è stata di nuovo commissariata e la multinazionale ArcelorMittal è stata messi fuori gioco? Questioni che saranno poste dai sindacati oggi alle 15 nell’incontro convocato a Palazzo Chigi per fare il punto della situazione con i ministri competenti, guidati dal responsabile delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Ai sindacati, preoccupati dalla prospettiva di aumentare la cassa integrazione, verrà illustrato il nuovo piano industriale. (…)Nella fase transitoria, entro il 2025, l’idea è di arrivare a 5 milioni di tonnellate di prodotti lavorati per poi arrivare a 6 milioni con tutti e tre gli altoforni in marcia. Tutto questo fino al 2028. Poi rimarrà operativo un altoforno tradizionale che produrrà due milioni di tonnellate, necessario per alcune lavorazioni legate all’automotive, e due forni elettrici che insieme produrranno quattro milioni di tonnellate. (…)”, conclude il quotidiano.
ECONOMIA: SUI PRODOTTI STRATEGICI PER L’UE UNO SU TRE È “MADE IN CHINA”
“L’ Europa rischia di ritrovarsi ‘permanentemente dipendente’ da Stati Uniti e Cina, ha avvertito un paio di settimane fa Mario Draghi. Il riferimento è agli investimenti miliardari delle due superpotenze per dominare le industrie nei settori strategici dei prossimi decenni, come digitale, green e difesa, su cui invece i 27 Paesi dell’Unione non hanno strategia comune né risorse all’altezza. Il rischio è molto concreto: perché dipendente da molte importazioni, in vari anelli delle filiere chiave, l’Europa lo è già”. È quanto si legge su Affari & Finanza di Repubblica di oggi. “A certificarlo è la stessa Commissione, che di recente ha misurato e mappato questi legami commerciali asimmetrici che – in un mondo che si frattura e passa da crisi a crisi – possono trasformarsi da un momento all’altro in vulnerabilità. Sono in tutto 204 i prodotti critici individuati dai tecnici di Bruxelles, dalle materie prime ai computer, dai dispositivi per la navigazione aerea ai pannelli solari. Di questi, oltre una cinquantina appaiono particolarmente sensibili, visto che le importazioni europee dipendono da una singola fonte, per lo più la Cina. (…)”, si legge sul quotidiano.
“Da questo punto di vista il report pubblicato dall’ufficio studi della Direzione crescita della Commissione è l’esercizio più ampio e sistematico visto finora. Basandosi sui dati doganali, gli economisti hanno censito 5.400 prodotti, cercando quelli per cui la quota di importazioni da territori extra-Ue è più alta, le forniture arrivano da un numero ristretto di Paesi e la capacità produttiva europea è più bassa. Emergono così 546 “dipendenze”, che gli analisti hanno poi circoscritto a 204 restringendo il campo ai settori critici come sanità, sicurezza, transizione verde e transizione digitale. Molti dei beni sulla lista si collocano a monte delle filiere industriali. Gli ultimi dati sono del 2020, quindi compaiono ancora materie prime energetiche come carbone e gas, dove la dipendenza dalla Russia è diventata emergenza dopo l’invasione dell’Ucraina, ed è stata superata non senza cicatrici per la competitività europea. Decisamente irrisolte invece sono le dipendenze dall’import di prodotti minerari decisivi per le industrie hi-tech, dal nichel al silicio, dall’uranio alle terre rare. (…)”, si legge sul quotidiano.
“I Paesi esportatori da cui quei prodotti provengono coprono tutto il planisfero: Canada, Sud Africa e Norvegia sono decisivi per varie materie prime, India e la Svizzera per la farmaceutica, Stati Uniti e Giappone per l’industria. Ma un terzo dei prodotti critici, cioè 64, vengono dalla fabbrica del mondo: la Cina. (…) Sono 45 i prodotti made in China che corrispondono a questo identikit, tra cui terre rare, telefoni cellulari e pannelli fotovoltaici. (…) Sia la direttiva sulle materie prime critiche, che quella “Net Zero” sulla transizione verde, che quella sui microchip si pongono l’obiettivo di rafforzare l’autonomia europea. Il limite, in tutte, è l’assenza di risorse e strumenti comuni. (…)”, conclude il quotidiano.