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Gallo (Italgas): “Gas per liberare Ue da labirinto energetico”. Torino punta a primo azionista Iren. Dialogo per ingresso Cdp in Mermec

Il gas può liberare l’Ue dal labirinto energetico. Torino punta a diventare primo azionista di Iren. Dialogo per l’ingresso di Cdp in Mermec. La rassegna Energia

La minaccia dei dazi Usa, le tensioni con l’Ue, la richiesta di acquistare più gas e petrolio dagli Stati Uniti imprigionano l’Europa in un labirinto energetico, scrive il Foglio. Il gas può aiutare l’Ue a uscire dal labirinto, sottolinea l’ingegner Palo Gallo, ad di Italgas, intervistato dal giornale. Comprare GNL “conviene agli operatori americani. Oggi costa circa 10 dollari per megawattora, in Italia e in Europa il prezzo s’aggira sui 40 dollari. Un margine di ben quattro volte (…) Il REpowerEU, il piano presentato all’indomani dell’invasione russa andava in questo senso, puntava proprio su una pluralità di soluzioni, ma poi è finito in un cassetto e l’approccio ideologico ha spiazzato quello pragmatico”, aggiunge Gallo. Torino punta a diventare il primo azionista di Iren, superando Genova. Per realizzare l’obiettivo ieri la città ha lanciato, attraverso Metro Holding Torino (Mht), un reverse Abb su Iren per 83 milioni di euro (prezzo per azione fino a 2,228 euro) per raggiungere una quota vicina al 3% del capitale. In altre parole, Torino arriverebbe a possedere poco più di 37 milioni di azioni, contro i 33,5 milioni di Genova. Cdp punta ad entrare nel capitale di Mermec. La partecipazione nell’azienda del Mezzogiorno specializzata in tecnologie avanzate per il trasporto su rotaia potrebbe accelerare ulteriormente lo sviluppo del gruppo grazie alla capacità di fare scala e intensificare le collaborazioni con altri soggetti. La rassegna Energia.

ENERGIA, GALLO (ITALGAS): “PER USCIRE DAL LABIRINTO SERVE GAS”

“Quest’anno è cominciato con nuove tensioni sui prezzi dell’energia. Sembrava che tutto fosse tornato sotto controllo dopo lo choc provocato dall’invasione russa dell’Ucraina, invece così non è. Adesso la scossa arriva da oltre Atlantico, con la minaccia di dazi a tutto campo, le tensioni con l’Europa, la richiesta perentoria di comprare più gas e petrolio dagli Stati Uniti. L’incertezza si diffonde a macchia d’olio anche perché non siamo affatto “fuori dal labirinto”. S’intitola proprio così, Fuori dal labirinto, il libro di Paolo Gallo appena pubblicato dalla Luiss, analisi appassionata di una transizione energetica piena di troppe illusioni. (…) Gli azionisti sono Cdp reti (26 per cento), Snam (13,5), Lazard (9,8), BlackRock (3,7) e il resto flottante sul mercato. L’Italgas è uscita dai confini e ha acquisito la società DEPA Infrastructrure in Grecia (oggi Enaon). Nello scorso ottobre ha sottoscritto il contratto per l’acquisizione di 2i Rete Gas, secondo operatore italiano posseduto dal fondo F2i controllato da fondazioni bancarie, casse di previdenza, Intesa Sanpaolo e Unicredit. Ora l’intesa è al vaglio dell’antitrust perché il nuovo gruppo avrebbe più del 50 per cento dell’intera distribuzione italiana. (…) La transizione energetica impostata dalla prima Commissione von der Leyen si basava sulla convinzione che la certezza nelle forniture di metano avrebbe favorito il passaggio al tutto elettrico alimentato dalle fonti rinnovabili, in gran parte sole e vento, perché il nucleare era in regressione e l’idroelettrico ha raggiunto quasi ovunque il massimo del suo potenziale. Poi l’invasione dell’Ucraina ha cambiato tutto, è venuto a mancare il 40 per cento del gas, quello russo. “Avere una pluralità di fornitori è stata la soluzione messa in pratica dall’ora premier Mario Draghi, grazie alla lungimiranza dell’intero sistema, a cominciare dall’Eni e dalle infrastrutture che debbono essere resilienti e sempre pronte a reagire con efficacia. Ma il trilemma va affrontato in maniera più strutturale e organica”. Gallo critica l’ideologismo green, è d’accordo con l’obiettivo, cioè zero emissioni di CO2, non con i tempi (“si vuol procedere a tappe forzate”, dice) né con gli strumenti. (…) L’ingegner Gallo non è convinto e precisa: “Quale gas? Non c’è solo quello fossile, c’è il biometano, ci sono il metano sintetico, l’idrogeno, tutti gas rinnovabili con emissioni che tendono a zero”. Un esempio concreto: le caldaie. La loro installazione viene messa al bando dal 2029. “Non sarebbe stato più efficace vietare sistemi di riscaldamento che emettono CO2 lasciando all’industria, alla ricerca, all’innovazione il compito di individuare la soluzione migliore?”, si legge su Il Foglio.

“In sostanza il percorso, per quanto difficile, va condiviso, ma non c’è un’unica strada da battere. Per usare la metafora del libro, il labirinto non ha solo due possibilità, cioè trovare subito la via d’uscita o rimanere intrappolati; ce n’è una terza, forse meno diretta, più lunga, ma che porta comunque fuori. L’ingegnere sciorina un po’di calcoli. (…) “Sa quante ce ne vorrebbero? Tante da riempire 200 mila campi di calcio. Le sembra realistico? Senza contare il problema delle materie prime e dei costi di produzione o il loro smaltimento”. Se ci sarà una nuova distensione con la Russia, tornerà il metano siberiano? L’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi sostiene che non ne avremo bisogno. “Per il momento è così”, conferma Gallo. E il gas liquefatto americano? E’ disponibile e a quale prezzo? A chi conviene? “Conviene agli operatori americani. Oggi costa circa 10 dollari per megawattora, in Italia e in Europa il prezzo s’aggira sui 40 dollari. Un margine di ben quattro volte. Ogni gas c’è e ci sarà nel momento in cui costi e prezzi finali saranno convenienti”. Qual è allora la strada più lunga, ma sicura? “Decarbonizzare le molecole. Oggi le molecole sono fossili, ma ce ne sono altre del tutto rinnovabili. Il REpowerEU, il piano presentato all’indomani dell’invasione russa andava in questo senso, puntava proprio su una pluralità di soluzioni, ma poi è finito in un cassetto e l’approccio ideologico ha spiazzato quello pragmatico. (…) Il metano sintetico è in fase di avanzata sperimentazione soprattutto in Giappone. Il biometano è già disponibile e non abbiamo bisogno di importarlo. E il consenso, la merce forse oggi più rara almeno in Italia? L’ingegner Gallo non è pessimista. “Bisogna discutere, spiegare bene, applicare la ragion pratica, soprattutto non bisogna fare disinformazione”. Insomma il metano ci darà ancora una mano? “Il gas ci darà una mano. Anzi i gas. E la rete che li distribuisce in modo intelligente. Come la nostra”, continua il giornale.

ENERGIA, TORINO PRIMO AZIONISTA IREN

“Torino aumenta il suo peso nell’azionariato di Iren e punta a superare Genova per avere più potere decisionale nella gestione della multiutility. Un piano, fortemente voluto dal sindaco Stefano Lo Russo, che è maturato in oltre un anno di lavoro e che ieri ha portato Città Metropolitana di Torino, attraverso Metro Holding Torino (Mht), a lanciare un reverse Abb su Iren per 83 milioni di euro ovvero a un prezzo per azione fino a 2,228 euro (premio del 9% sulla chiusura odierna del titolo). Lo scopo è rilevare una quota vicina al 3% del capitale arrivando a comprare poco più di 37 milioni di azioni (il limite per eguagliare Genova è 33,5 milioni azioni) (…) In questo modo si ridisegnano gli assetti del patto di sindacato: Genova ha il 18,85%; Fct (la holding del Comune di Torino) il 13,80% a cui va sommato il 5,37% circa di Mht (per un totale del 19,17%); Reggio Emilia il 6,42% a cui si aggiunge il 5,23% degli altri Comuni della provincia. Un altro 3,85% è, invece, di Compagnia di San Paolo”, si legge su La Stampa.

“Così punta a incassare già ad aprile i maggiori dividendi che arriveranno con l’aumento della quota. Un’operazione, per portare la città nuovamente al timone, in più fasi: innanzitutto sanando quello che Lo Russo riteneva un punto debole perché l’ex sindaca, Chiara Appendino, aveva venduto e poi ricomprato il 2,5% attraverso Mht ma fuori dal patto di sindacato. Quindi la Città Metropolitana incassava solo i dividendi ma non aveva diritto di voto maggiorato (…) all’assemblea dei soci di aprile si proporrà la conferma dell’assetto attuale con il presidente, Luca Dal Fabbro che detiene anche deleghe operative, l’ad Gianluca Bufo (indicato da Genova) e il vice presidente Moris Ferretti (Reggio Emilia). Ma Torino sarà pronta a passare all’incasso alla prossima tornata”, continua il giornale.

ENERGIA, CDP STUDIA INGRESSO IN MERMEC

“Un gruppo italiano che, nel tempo, è cresciuto profittevolmente in tutto il mondo. Un’eccellenza industriale, basata nel Mezzogiorno (a Monopoli, in provincia di Bari), con una rilevante valenza strategica per il sistema Paese. Ma anche una realtà, specializzata nelle tecnologie avanzate per il trasporto su rotaia, che potrebbe accelerare ulteriormente lo sviluppo, facendo scala e intensificando le collaborazioni e le sinergie con altri soggetti, a partire da Ferrovie dello Stato. È questa, in sintesi, la logica alla base dei dialoghi in corso per il possibile ingresso nel capitale del gruppo Mermec da parte di Cassa Depositi e Prestiti, in particolare attraverso Cdp Equity. Da verificare anche il possibile ruolo delle stesse Ferrovie all’interno del potenziale riassetto, che al momento ha geometrie ancora molto variabili, dal punto di vista industriale e finanziario. (…) Tuttavia, la sensazione è che nel giro di qualche mese le trattative siano destinate ad arrivare a una svolta, in un senso o nell’altro, laddove l’esito positivo significa un’intesa vincolante”, si legge su Il Sole 24 Ore.

“Da una parte, infatti, c’è la volontà di Pertosa di mantenere il controllo e la guida di un’azienda che ha avuto il merito di portare a livelli di eccellenza anche a livello internazionale. Dall’altra parte, proprio il forte sviluppo di Mermec all’estero – solo due settimane fa ha ottenuto una commessa da oltre 1 miliardo per la sicurezza delle ferrovie tedesche – testimonia l’effervescenza di un mercato globale in cui le sfide non mancano e le opportunità per accelerare la crescita potrebbero aumentare in misura significativa grazie al sostegno di un soggetto come Cdp Equity. (…) In questo scenario, resta da verificare il possibile ruolo di Ferrovie dello Stato, con cui Mermec ha già in essere numerose intese e commesse. La possibilità è che vengano messe a punto joint venture per entrare su segmenti specifici di business all’estero perché la presenza al tavolo di Cdp potrebbe agevolarli. (…) Gli ultimi dati ufficiali, datati 2023, dicono che Mermec ha registrato ricavi consolidati in netta crescita a 287 milioni di euro (oltre +40%) e un Ebitda di quasi 50 milioni, in aumento del 33%, a fronte di un risultato operativo di 24 milioni e di un utile netto raddoppiato a 15 milioni. Guardando i multipli di settore, gli addetti ai lavori indicano un equity value almeno doppio rispetto al patrimonio netto, che a fine 2023 era pari a 207 milioni”, continua il giornale.

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