Il regolatore della Norvegia ha avvisato che la produzione di gas del Paese inizierà a calare l’anno prossimo e si fermerà definitivamente nel 2050, se il Governo non prenderà contromisure. Una batosta per l’Ue ma l’Italia sorride. Ecco perché
Di questo passo nel 2025 la produzione della regina del gas dell’Ue inizierà a calare, nel 2050 si fermerà. L’allarme arriva dal report del regolatore del Paese nordico, Norwegian Offshore Directorate (NOD). Le politiche climatiche, il calo della domanda globale di combustibili fossili dei prossimi decenni e la mancanza di nuove attività di esplorazione potrebbero azzerare la produzione norvegese, mostrando i loro effetti già l’anno prossimo. L’Ue deve correre ai ripari, ma l’Italia dovrebbe essere al sicuro.
LA NORVEGIA NON PRODURRA’ PIU’ GAS DAL 2050?
Gli importanti investimenti in infrastrutture fatti fino ad oggi non saranno sufficienti alla Norvegia. A lanciare l’allarme è il regolatore norvegese, la Norwegian Offshore Directorate (NOD), che ha avvertito che la produzione di petrolio e gas del paese inizierà a diminuire dal prossimo anno, se il governo non intraprenderà nuove attività di esplorazione, secondo quanto riporta Oil Price.
Una frenata della produzione di gas costerebbe molto alla Norvegia in termini economici, poiché perderebbe miliardi di entrate. Per il Paese Nordico equivarrebbe a perdere “quasi un intero fondo pensione del governo”, circa 1,42 trilioni di dollari, secpndo il NOD. Il rallentamento della produzione di gas sarebbe un danno importante anche per l’Unione Europea, che dipende in gran parte dal gas norvegese.
Ue che nei due anni successivi all’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha visto la sua domanda di gas scendere del 20%. Ai primi posti della classifica troviamo Italia, Germania e Regno Unito, secondo l’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA).
GAS, LA NORVEGIA NON PREOCCUPA L’ITALIA
Negli ultimi due anni, l’Italia ha ridotto il consumo di gas di 14,4 miliardi di metri cubi. La produzione nazionale, negli ultimi trent’anni, si è progressivamente ridotta, scendendo da circa 20 miliardi di metri cubi a circa 3,3 miliardi del 2021. Di conseguenza, il 96% del gas naturale consumato è importato dall’estero. Dal 2023 l’Algeria ha superato la Russia, diventando il principale fornitore del nostro Paese (39%), seguito dall’Azerbaijan (16,3%). Le importazioni di Gnl (26,1%), invece, provengono soprattutto da Qatar e Stati Uniti.
GNL su cui l’Italia punterà nei prossimi anni, aumentando la sua capacità di importazione del 62% fino al 2026. Anche altri Paesi stanno costruendo nuove infrastrutture per il GNL: otto terminali di importazione sono in funzione da febbraio 2022 e altri 13 progetti dovrebbero essere operativi entro il 2030. Così facendo la capacità combinata dei terminali GNL europei potrebbe essere di tre volte superiore alla domanda di GNL prevista entro la fine del decennio. Ad oggi, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia la Norvegia è diventato il maggiore fornitore di gas naturale per l’Europa. Il Paese possiede una riserva di circa 7,1 miliardi di metri cubi di equivalente petrolio (Bcmoe). Una delle maggiori imprese norvegesi attive nel settore, Equinor, ha annunciato che investirà $ 66 miliardi in petrolio e gas da qui al 2035. Inoltre, in seguito alla relazione del NOD, ha previsto un piano di preparazione alle emergenze per le attività del Mare di Barents finanziato con un fondo tra 5,7 e 6,6 miliardi di dollari l’anno per gli idrocarburi. L’obiettivo è mantenere la produzione a circa 1,2 milioni di barili al giorno nel prossimo decennio perforando tra 20 e 30 pozzi all’anno.
GLI SCENARI
Il NOD prevede tre diversi scenari per la produzione di petrolio e gas della Norvegia tra il 2025 e il 2050, indirizzati al raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Tutti i modelli prevedono un calo della produzione.
Nello “scenario di base”, la produzione di petrolio e gas salirà a 243 milioni di metri cubi di equivalente petrolio (MMcmoe) nel 2025 per poi scendere a picco a 83 milioni di metri cubi nel 2050, principalmente a causa del declino dei giacimenti petroliferi più grandi della Norvegia. Lo “scenario basso” stima una produzione in calo fino a raggiungere quasi allo zero entro il 2050. Nello scenario “alto”, infine, la produzione rimane elevata per il prossimo decennio prima di scendere a 120 milioni di mECU al 2050, in caso di intensificazione delle esplorazioni nei prossimi anni e introduzione di tecnologie avanzate nel settore.
“Dovremo intensificare l’esplorazione e gli investimenti in campi, scoperte e infrastrutture per poter rallentare il declino della produzione. Un fallimento degli investimenti porterà ad un rapido smantellamento del l’industria petrolifera.” Dahle ha aggiunto: “Gli scenari rivelano forti differenze nella futura creazione di valore e futuri ricavi governativi dalle attività petrolifere. I calcoli della Norwegian Offshore Directorate mostrano una differenza di flusso di cassa netto di circa 15 miliardi di NOK tra gli scenari alti e bassi”, ha dichiarato Kjersti Dahle, direttore della divisione Tecnologia, analisi e coesistenza del NOD.