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Energia

Giorgetti: no bilanciomercato, 1 progetto Pnrr su 3 in ritardo, Draghi: misure urgenti per competitività. Che c’è sui giornali

Giorgetti dice no al bilanciomercato, 1 progetto del Pnrr su 3 in ritardo, Draghi chiede misure urgenti per la competitività, Jindal vicina all’acquisto di polo siderurgico Piombino. La rassegna Energia

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dice basta al “bilanciomercato” e sottolinea che il Governo sta lavorando alla Manovra. “Basta parlare di tesoretto” ammonisce il ministro. La sfida più grande del sostituto di Raffaele Fitto sarà mettere a terra i fondi e passare dalle riforme e dalle gare alla realizzazione delle opere. Infatti, 1 progetto del Pnrr su 3 è in ritardo, scrive La Stampa. Draghi avverte: la competitività europea è stata soggetta a una serie di «freni strutturali» come i prezzi dell’energia più elevati, servono misure urgenti per invertire la rotta. Jindal sempre più vicina ad acquistare il polo siderurgico di Piombino. La rassegna Energia.

ENERGIA, GIORGETTI (MEF): “BASTA PARLARE DI TESORETTO”

“Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti suona lo stop a indiscrezioni, fughe in avanti e, soprattutto, richieste di nuove spese. «Prima il Piano strutturale di bilancio e poi, solo dopo, si vedrà il dettaglio delle misure», è tornato a spiegare ieri il titolare del Mef. «La nuova legge di bilancio? Certo che ci stiamo lavorando – ha risposto ai cronisti che ieri lo hanno intercettato alla Camera dove ha partecipato alla riunione della Lega convocata da Salvini -. Non dico niente perché leggo un sacco di cose strane. Io vedo delle cose che non so nemmeno io, di fantasia. Invece, prima di tutto bisogna avere il quadro. Quando abbiamo il quadro, e le linee, poi si declinano gli interventi»”, si legge su La Stampa.

“(…) «forse l’estate suggerisce che c’è calciomercato, poi finisce il calciomercato e arriva la realtà, arrivano le partite. E cosi vale anche per la legge di bilancio. Durante l’estate tutti scrivono cose come “legge di bilanciomercato” e poi arriva il momento in cui si fanno le cose che si devono fare». La realtà, dei conti, a fronte di un intervento che di partenza dovrebbe valere all’incirca 25 miliardi di euro certamente non facili da reperire, si concretizzerà a breve. Già oggi ci saranno i nuovi dati sulle entrate fiscali che contabilizzando sia il gettito dell’autoliquidazione delle partite Iva che l’incremento dell’Irpef legato all’aumento degli occupati registrato a luglio e quello dell’Ires spinto dal boom degli utili delle banche, in qualche modo dovrebbero confortare il governo e dare qualche indicazione sulle disponibilità di cassa. (…) Giorgetti ha già detto che non vuol sentir parlare di «tesoretto», perché questo termine non fa altro che alimentare gli appetiti dei partiti, ma non è da escludere che nel caso l’anno chiudesse – come pare – meglio del previsto si ricorra di nuovo a un decreto anticipi per scaricare in qualche modo la prossima legge di bilancio da una serie di spese”, continua il giornale.

“Il passaggio decisivo però sarà a metà mese quando Giorgetti presenterà al Parlamento il Piano strutturale di bilancio (Psb) che dopo la sua approvazione andrà inviato entro il 20 a Bruxelles e che stando al ministro, «come tutte le altre voci di spesa» tratterà anche la questione delle pensioni. Il Psb, che alla luce della riforma delle nuove regole del Patto di stabilità europeo, vincolerà per diversi anni le politiche di bilancio definendo una traiettoria precisa di messa in sicurezza dei conti (…) Da subito, dal momento che Bruxelles ha avviato nei nostri confronti una procedura per deficit eccessivo, dovremo ridurre il disavanzo di 0,5 punti all’anno, poi – una volta scesi sotto la soglia del 3% – ogni anno il debito pubblico andrà ridotto di un punto percentuale portando contestualmente il deficit sotto l’1,5%. Come si vede il sentiero è molto stretto, e questo spiega la cautela del Mef”, continua il giornale.

PNRR, IN RITARDO 1 PROGETTO SU 3

“Zero chilometri di ferrovia rinnovati, nessuna stazione rimessa a nuovo, neppure una biblioteca ristrutturata, solo il 10% di amministrazioni in grado di trasferire i documenti sul cloud. Da una parte ci sono gli annunci sulle missioni completate e sulla pioggia di miliardi concessi dall’Europa, dall’altra la realtà. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è al giro di boa – è appena stata superata la metà del percorso – e il ministro che erediterà le deleghe da Raffaele Fitto si troverà di fronte alla sfida più grande: mettere a terra i fondi e passare dalle riforme e dalle gare alla realizzazione delle opere. (…) Finora, secondo l’Osservatorio del think tank “The European House – Ambrosetti” che sarà presentato al Forum di Cernobbio e di cui La Stampa può anticipare i contenuti, l’Italia ha rispettato il calendario. «Un traguardo significativo, sebbene non privo di difficoltà», spiega Diego Begnozzi, responsabile dello studio. (…) Roma ha ricevuto in totale 113,3 miliardi di euro su 194,4 miliardi previsti, di fatto il 58,4 per cento del totale. Inoltre, dall’inizio del Recovery, sono stati raggiunti tutti i 269 traguardi previsti: per arrivare ai 618 obiettivi complessivi, ne restano ancora 349 da centrare in un anno e mezzo. L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni è anche l’unico ad aver richiesto il pagamento della sesta quota, che vale 8,56 miliardi di euro”, si legge su La Stampa.

“Spendere, però, è un altro discorso. Il contatore, al momento, si è fermato sotto la metà: 51,4 miliardi di euro, più o meno il 26% dell’importo totale previsto al 2026. (…) il report ricorda che la previsione di spesa per il 2024 è di 43 miliardi di euro, e a metà anno il governo ha impegnato solo il 22 per cento di quanto stimato, ossia 10 miliardi in sei mesi. Se il cammino dovesse proseguire a questa velocità, dice Begnozzi, «a fine anno si arriverebbe appena a 18,6 miliardi, meno della metà di quanto preventivato» (…) quella più indietro è “Inclusione e coesione” che, nonostante in percentuale sia la prima per obiettivi finali raggiunti, mostra uno stato di avanzamento della spesa pari all’8%. C’è di più: oltre il 14% dei progetti del Pnrr non è ancora stato nemmeno avviato”, continua il giornale.

“Uno dei punti critici riguarda i Comuni. Al 2024, il Pnrr ha messo in moto oltre 216 mila progetti e, dopo l’ultima revisione del governo – la terza -, ne sono stati eliminati circa 45 mila, lasciandone attivi 55 mila, il 25% del totale. A livello complessivo, circa un terzo è in ritardo, con un rallentamento medio di circa 13 mesi. Anche rispetto ai soli programmi gestiti dai Comuni, il 31% è in affanno. C’è anche un nodo geografico. Il maggior numero di progetti (44%) è concentrato al Nord, il 15% al Centro, mentre gli interventi al Sud e nelle isole rappresentano il 31% del totale. Il restante 10% è di ambito nazionale. Uno scenario che crea problemi: «A livello di importo complessivo dei progetti attivati ad aprile 2024, pari a 128,7 miliardi di euro, al Sud è allocato solo il 36%: il requisito di almeno il 40% delle risorse allocabili destinato al Mezzogiorno non è ancora stato rispettato», scrivono gli esperti. Rispetto al totale, prosegue lo studio, il 14% dei progetti non è ancora stato avviato o è nelle prime fasi di avvio. Questa percentuale si abbassa al 2% per i progetti sviluppati dai Comuni, mentre è ancora al 19 per cento per i progetti destinati al Sud”, si legge sul quotidiano.

“Un capitolo del documento che sarà presentato a Cernobbio riguarda l’impatto di lungo periodo degli investimenti previsti all’interno del Pnrr. (…) «L’analisi degli impatti si concentra sugli investimenti e non sulle riforme», premettono gli autori del report. «Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta un’importante iniezione di liquidità nel tessuto economico italiano, ma il suo scopo non è solo stimolare la ripresa economica tramite una manovra di politica fiscale, ma anche quello di fornire un indirizzo programmatico alla politica industriale, ridisegnando così, in modo strutturale, i prossimi anni di sviluppo del Paese». Un’incognita. The European House – Ambrosetti, in ogni caso, stima che gli investimenti con impatto strutturale, sul totale dei 191,5 miliardi di euro, siano una percentuale compresa tra 66 e 90 miliardi di euro (pari al 34,4-47,3 per cento del totale). Investimenti che potrebbero portare a una crescita strutturale del prodotto interno lordo nazionale: a partire dal 2026, il Pil italiano potrebbe essere l’1,9% superiore a quanto sarebbe stato in assenza del Pnrr”, continua il giornale.

ENERGIA, DRAGHI: “SERVONO MISURE URGENTI PER COMPETITIVITA'”

“Non è facile vedere il presidente del Ppe Manfred Weber e il copresidente dei Verdi Bas Eikhout sulla stessa linea politica, eppure si sono trovati d’accordo, per loro stessa ammissione, uscendo dall’aula dove nel pomeriggio l’ex premier Mario Draghi ha presentato le linee guida del suo Rapporto sulla competitività europea, che illustrerà ufficialmente e in dettaglio (sono oltre 400 pagine) lunedì in Commissione Ue. Questo è stato possibile perché Draghi ha sì parlato di competitività e dell’«urgenza» di invertire la rotta, ma ha anche sgombrato il campo da equivoci: quello che frena l’industria europea non è il costo del lavoro bensì la produttività del settore high tech — ha spiegato —, che è assai inferiore rispetto a quella di Stati Uniti e Cina. È dunque il ritardo nell’innovazione che l’Unione deve recuperare”, si legge su Il Corriere della Sera.

“L’ex premier ha spiegato che negli ultimi decenni la competitività europea è stata soggetta a una serie di «freni strutturali»: ritardi nella capacità di innovazione, prezzi dell’energia più elevati, carenze di competenze, necessità di accelerare rapidamente la digitalizzazione e di rafforzare urgentemente le capacità di difesa comune dell’Ue. Il rapporto è strutturato in cinque parti: produttività, riduzione delle dipendenze, transizione verde, inclusione sociale e raccomandazioni specifiche per i dieci maggiori settori dell’economia europea. Draghi ha sottolineato la necessità di una cooperazione senza precedenti tra gli Stati membri e di una riflessione sugli strumenti a disposizione — legali, politici e finanziari — oltre al coinvolgimento di tutte le istituzioni europee”, continua il giornale.

ENERGIA, JINDAL COMPRERA’ POLO SIDERURGICO PIOMBINO

“L’impasse dell’ex Lucchini vicina a una svolta. Ieri mattina il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso ha avuto una riunione in videoconferenza con il presidente del gruppo Jsw, Sajjan Jindal, per parlare del rilancio del polo siderurgico di Piombino. «Un incontro risolutivo — si legge in una nota — sia per quanto riguarda il piano industriale di Jsw per la realizzazione del treno rotaie, per il quale i gruppi di lavoro lavoreranno intensamente per la definizione dell’accordo di programma, sia per il raggiungimento dell’accordo con Metinvest riguardo la condivisione delle aree demaniali». Alla luce della riunione, il ministro Urso ha espresso la sua «piena soddisfazione». Secondo indiscrezioni la firma del contratto per la cessione dei 900 ettari inoccupati della Lucchini, e di proprietà degli indiani, a Metinvest dovrebbe arrivare già la prossima settimana con l’accordo di programma a fine mese. Guglielmo Gambardella, segretario Uilm, pur apprezzando il lavoro svolto dal ministro, chiede che «l’attenzione di Urso continui fino a quando non avremo ottenuto la certezza della reindustrializzazione della ex Lucchini”, si legge su Il Corriere della Sera.

“(…) Infatti, agli accordi verbali devono seguire atti formali a partire dall’accordo della ripartizione delle aree e gli accordi di programma a supporto degli investimenti dei due soggetti industriali, in particolare a quello di 2 miliardi di euro previsto da Metinvest per l’impiego di 700 lavoratori in una nuova acciaieria moderna e ambientale». (…) L’anno scorso Metinvest, in cordata con Danieli, ha deciso di costruire un polo siderurgico a Piombino proprio nei pressi di Aferpi. È iniziata così una trattativa con Jsw per farsi assegnare i 900 ettari su cui costruire due forni elettrici da cui sfornare 2,5 milioni di tonnellate di acciaio. Il progetto è stato messo nero su bianco in un memorandum of understanding firmato il 17 gennaio scorso al ministero delle Imprese. Ma da allora è cominciato il tira e molla sul prezzo di alienazione dei terreni”, continua il giornale.

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