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Gli effetti dei dazi USA sui principali produttori di auto

La misura scatterà ufficialmente mercoledì 2 aprile, ma l’industria automotive mondiale sta già subendo i primi effetti, con gravi perdite in borsa

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato l’entrata in vigore dei dazi del 25% sulle auto importate negli USA. La misura scatterà ufficialmente mercoledì 2 aprile, ma l’industria automotive mondiale sta già subendo i primi effetti, con gravi perdite in borsa.

TESLA

Tra le varie case automobilistiche, forse l’unica meno colpita è stata Tesla, l’azienda di auto elettriche di Elon Musk, che è anche consigliere di Donald Trump. L’assemblaggio dei veicoli Tesla, così come gran parte della catena di fornitura, infatti, è localizzata negli Usa, tra California e Texas. Quindi la rende meno dipendente dalle componenti straniere, rispetto a compagnie competitor. Secondo un’analisi della società Bernstein, “grazie all’approvvigionamento quasi totale negli Usa, l’azienda non solo evita difficoltà ma guadagna anche in termini di margine, dato che i concorrenti aumentano i prezzi”. Un’analisi che sottolinea come Tesla sia “il chiaro vincitore dal punto di vista strutturale”. Tanto che in borsa il prezzo delle sue azioni è rimasto pressoché invariato.

Era stato lo stesso Trump ad ammettere che gli effetti dei dazi su Tesla sarebbero stati neutri o addirittura positivi. Musk ha provato a mettere le mani avanti, sottolineando sui social che comunque ci saranno alcune conseguenze negative per la sua azienda: “per essere chiari, inciderà sul prezzo dei pezzi delle auto Tesla che provengono da altri Paesi. L’impatto sui costi non è banale”. Certo che, se l’analisi di Bernstein viene sintetizzata con “Tesla vince, Detroit sanguina”, un motivo ci sarà.

GENERAL MOTORS

La casa automobilistica forse più in difficoltà è infatti la statunitense General Motors, con sede proprio a Detroit. In borsa ieri ha perso più del 7%. Il problema principale è la sua esposizione su altri mercati, specie quello messicano. Circa il 52% dei veicoli di General Motors venduti negli Usa nei primi nove mesi del 2024 sono stati assemblati in patria, ricorda Cnbc citando un’analisi di Barclays. Ma il resto è importato da altri paesi: circa il 30% dal Messico, appunto, e l’altro 18% da altre parti del mondo, soprattutto dalla Corea del Sud.

Come ricorda Il Sole 24 Ore, S&P Global Ratings ribadisce i danni per General Motors: “Il tema è cruciale per GM, perché in Messico produce i pick-up venduti negli Usa, vetture ad alto margine. Rimpatriare la produzione è in parte possibile, ma avverrebbe a costi decisamente più alti”.

FORD

Il mese scorso il CEO di Ford, Jim Farley, aveva parlato di “molti costi e molto caos” tra le conseguenze delle minacce dei dazi di Trump. Come nel caso di General Motors, anche Ford è una casa automobilistica americana e ha subito perdite in borsa dopo l’annuncio del tycoon (-3,8%). A differenza di GM, però, Ford è posizionata meglio perché circa l’80% delle auto vendute negli Usa sono prodotte negli States. Di conseguenza è meno esposta, anche se sembra voler aspettare che i dazi diventino ufficiali – senza la possibilità di retromarce – prima di iniziare a spostare il resto della produzione negli Stati Uniti.

STELLANTIS

Il gruppo franco-italiano Stellantis ha perso oltre il 4% in borsa. Stellantis produce negli Stati Uniti il 57% delle macchine che poi vende nel Paese, perciò è più esposta di Ford ed è quasi ai livelli di GM. Come scrive il Sole 24 Ore, “la preoccupazione prevalente per Stellantis, che comunque ha un footprint industriale importante negli Stati Uniti con 16 stabilimenti, è gestire le produzioni esterne ai confini USA e limitare l’impatto potenziale sulla catena di forniture”.

Bisognerà vedere anche le ripercussioni sull’Italia: dal nostro Paese Stellantis esporta in America la 500 elettrica, le Alfa Giulia, Tonale e Stelvio e le Jeep Compass e Renegade. Secondo La Repubblica si tratta di “numeri contenuti, sui quali l’azienda aspetta di fare le sue valutazioni, quando le misure saranno più chiare”. Il Sole 24 Ore scrive invece che Stellantis dovrà tener conto “degli impegni presi per aumentare la capacità produttiva sul mercato statunitense, 5 miliardi di investimenti annunciati, e della produzione del Gruppo negli stabilimenti in Messico”.

[articolo tratto dal sito Startmag.it]

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