Fatti, dichiarazioni e scenari su un altro fronte della guerra energetica in Europa. Quello tra le compagnie britanniche e la National Grid
La Brexit ha significato l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, lo sappiamo. Ma certo non ha tagliato i canali di comunicazione tra le due parti. Men che meno in materia energetica, visto il momento. Nel quale Bruxelles e tutti i Paesi membri stanno lavorando sia alla sicurezza dell’oggi che all’orizzonte del prossimo futuro: tra stoccaggi da riempire per l’inverno, fornitori alternativi a Mosca e percorso verso le rinnovabili da intensificare.
LA GUERRA ENERGETICA, CAPITOLO GRAN BRETAGNA-UE
Come scrive, però, il Financial Times il Gnl da Usa e Qatar sta sbarcando nei porti d’Oltremanica pronto ad essere smistato anche nel resto del Vecchio Continente. Bene: il monito da alcune società del settore energia guarda proprio a questo gas. Che, secondo loro, contiene parti tossiche cioè materiale radioattivo. Fluxys, ora Securing Energy for Europe, Edf sono tra queste. Il destinatario è la National Grid britannica, supervisore del sistema di gas del Regno Unito. Il quale, scrive il quotidiano della City, “sta cercando di ottenere l’approvazione dell’autorità di regolamentazione energetica britannica Ofgem per aumentare temporaneamente il volume massimo di gas che può essere esportato verso l’Europa continentale attraverso il gasdotto che porta ai Paesi Bassi”.
COSA SI RISCHIA
La Interconnector Limited, di Fluxys, ha detto che è “molto sorpresa” del piano di NG di aumentare i flussi di gas, ignorando di fatto il tema dell’inquinamento. Secondo IL, fare questo significherebbe aggravare ulteriormente il problema, “portando a un aumento del rischio di interruzione dei flussi transfrontalieri, mettendo a rischio la sicurezza dell’approvvigionamento sia in Europa che in Gran Bretagna”.
LA DIFESA DELLA NATIONAL GRID
Eppure, il supervisore National Grid pare voler proseguire dritto. Difendendosi e sostenendo che la “presenza di polvere” nel sistema nazionale di trasporto del gas in Gran Bretagna è un “problema storico e noto, che monitoriamo continuamente” e ritenendo che aumentare i flussi all’Unione “non comprometterà la sicurezza del sistema né avrà un impatto sugli altri clienti”. Un altro fronte della guerra energetica è servito.