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Auto Elettrica

Il costo nascosto delle auto elettriche? Ecco cosa dice “Report”

Deforestazione, centrali a carbone, inquinamento delle acque. Cosa ha scoperto il servizio di Report
Il prezzo nascosto dell’auto elettrica? “Deforestazione, centrali a carbone, interi villaggi sgomberati con la forza, scarti chimici nelle acque, operai bruciati vivi, schiavi bambini, fauna e flora devastate, incidenti mortali. La rivoluzione verde, infatti, come tutte le rivoluzioni, non è un pranzo di gala”. È il tema al centro dell’inchiesta “Scoperta elettrizzante” di Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella, collaborazione Eva Georganopoulou, Stefano Lamorgese, andato in onda su “Report”, domenica 19 novembre.

PERCHÉ L’AUTO ELETTRICA?

“La Commissione Europea ha deciso che dal 2035 si potranno vendere solo veicoli elettrici. Bisogna abbattere a tutti i costi le emissioni di CO2 per combattere l’effetto serra. Ma se la transizione avverrà senza tenere in conto i costi umani e ambientali, rischia di essere solo una tinta di verde che copre ogni sorta di abusi”, sottolinea Report. Che poi entra nel vivo dell’inchiesta, ovvero la produzione delle batterie.

IL NODO DELLE BATTERIE

“La parte più importante di un’auto elettrica è la sua batteria: 500 chili di minerali tra cui nichel, litio, manganese, cobalto, che viaggiano fino a 50.000 miglia nautiche prima di raggiungere la fabbrica in cui saranno trasformati in celle. Non proprio a Km zero. E d’altronde i fornitori di materie prime per ogni singola casa automobilistica sono centinaia: è difficile sapere da dove arrivano e dove finiscono i minerali per i veicoli elettrici, nemmeno il congresso americano è riuscito a farli mappare. ‘Report’ ha deciso di indagare sulla filiera del nichel, un minerale che costituisce il 10% circa del peso delle batterie più performanti, dai 39 ai 43 chili per auto. La troupe di ‘Report’ è finita in Indonesia dove ha potuto documentare quanto poco pulita è la filiera e quanto incide sui diritti umani più basici, a partire dall’accesso all’acqua. Anche nella vicina Germania, la fabbrica di Tesla è al centro di infuocate polemiche per il suo impatto ambientale”.

L’INDONESIA

Il nichel indonesiano, ad esempio, è diventato molto popolare perché costa meno. Ma i danni umani e ambientali sono enormi. Eppure il viceministro agli investimenti e alle Miniere Saptian Hario Seto non sembra preoccupato. Anzi, aspetta gli investimenti di Elon Musk: “Ne stiamo parlando da più di un anno e mezzo. Tesla già acquista il nichel da noi attraverso il suo fornitore. Se ora vuole venire ad aprire uno stabilimento tutto suo, ovviamente gli diamo il benvenuto”, dice a Report.

Il nichel incide per il 10% sulle batterie e l’Indonesia ha deciso di fare tutto da sola, estraendo e lavorando tutto in loco: oggi è il primo produttore mondiale. Nella zona orientale il colosso produttivo Inip da 15 mld di fatturato è nato in collaborazione con i cinesi. Tutti i produttori mondiali di auto sono interessati. Ma c’è un ma: il problema ambientale.

IL PROBLEMA AMBIENTALE

“A settembre 2023 l’area delle operazioni del nichel in Indonesia ha raggiunto quasi un milione di ettari con 362 licenze. Per le riserve di nichel ancora da esplorare abbiamo scoperto che verranno disboscati altri 600mila ettari di foresta vergine. Significa che la lavorazione del nichel, oltre a produrre emissioni molto elevate, distruggerà anche la biodiversità della regione”, ha detto Arie Rompas di Greenpeace Indonesia

Quest’anno, ha riferito la segretaria generale Meidy Katrin LengKey, “sono state estratte 178 milioni di tonnellate di minerale grezzo. L’obiettivo nazionale è di 468 milioni di tonnellate”, ha aggiunto. Secondo report per alimentare tutta questa industria l’Indonesia utilizza 303 milioni di tonnellate di carbone per alimentare la sua energia. Ogni tonnellate di nichel prodotto emette 58 tonnellate di CO2 in media.

IL CONGO

Lo stesso accade in Congo: “L’area di Kolwezi è ricca di cobalto, minerale fondamentale per le batterie elettriche, ma per gli abitanti lo sviluppo dell’attività estrattiva è diventata una sventura: la popolazione rischia la deportazione completa”.

L’EUROPA E L’ITALIA CHE FANNO?

E l’Europa che fa? In realtà i fondi europei “sono destinati principalmente alla ricerca e all’innovazione e meno alla produzione vera e propria della batteria. Nella nostra relazione abbiamo constatato che manca una supervisione”, ha detto Annemie Turtleboom della Corte dei Conti europea. Intervistata dalle telecamere del programma Rai, ha aggiunto: “Ricordiamo che 3,5 milioni di persone in Europa lavorano nell’industria automobilistica, in Italia sono circa 200 mila. Si può spingere sulla neutralità climatica ma bisogna vedere se si può raggiungere l’obiettivo solo importando dalla Cina”.

Per quanto riguarda il nostro paese l’obiettivo indicato dal ministro Adolfo Urso è quello di estrarre dal nostro sottosuolo almeno il 10% dei minerali e poi riciclarne il 15%. Tra le decine di siti italiani dove trovare minerali critici, ad esempio, viene citato il più grande giacimento d’Europa di titanio che si trova in Liguria nell’area protetta del Beigua. Una vicenda finita in tribunale perché la popolazione non vuole che si scavi nemmeno nelle aree contigue.

“Se si vuole proseguire lungo la strada dell’elettrificazione non c’è alternativa”, ha detto Gianclaudio Torlizzi di T-Commodity che ha parlato di leggi speciali e di “militarizzazione delle materie prime come arma geostrategica nei confronti di chi quelle materie prime non ce l’ha”. Per il momento, ha spiegato, il pallino del gioco ce l’ha in mano la Cina che sta tenendo i prezzi bassi per sbaragliare la concorrenza per poi acquisire il monopolio dei prodotti.

LA UE IMPORTA 18MILA TONNELLATE DI TERRE RARE. ECCO DA CHI

Nel 2022, l’Ue ha assistito a un aumento significativo delle importazioni di elementi delle terre rare (REE+). Sono state importate complessivamente 18mila tonnellate, in aumento del 9% rispetto al 2021, e esportate 7mila tonnellate, in calo dell’8% rispetto all’anno precedente. Il valore delle importazioni è salito a 146 milioni di euro, segnando un aumento del 37% rispetto al 2021, mentre le esportazioni hanno raggiunto i 142 milioni di euro, con un aumento del 2% rispetto all’anno precedente. È quanto si legge sui dati Eurostat appena pubblicati. Gli elementi delle terre rare sono un gruppo di 17 metalli speciali con un elevato rischio di approvvigionamento e una significativa importanza economica, utilizzati in varie applicazioni high-tech.

Il prezzo medio delle importazioni è stato di 7,9 euro al chilogrammo, segnando un aumento del 26% rispetto al 2021, mentre il prezzo delle esportazioni è stato di 20,7 euro per ogni chilogrammo di elementi delle terre rare, con un aumento dell’11%.

La Cina è stato il principale partner per le importazioni di elementi delle terre rare, rappresentando il 40% del peso totale delle importazioni, ovvero 7,4 mila tonnellate. Seguono la Malesia, che ha contribuito con il 31% delle importazioni, ovvero 5,6mila ton, e la Russia, con il 25% delle importazioni, ovvero 4,5 mila ton. Gli Stati Uniti e il Giappone detenevano ciascuno una quota del 2% nelle importazioni Ue di elementi delle terre rare.

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