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Rifiuti

Il Green Book 2022 di Utilitatis: 13 mld di fatturato ma troppa frammentazione nelle gestioni dei rifiuti

Il tasso di effettivo riciclaggio dei rifiuti urbani è di oltre il 48%, superiore alla media europea del 47,8%

Il settore dei rifiuti in Italia sta affrontando una serie di importanti riforme strutturali, ma restano ancora numerose difficoltà da superare, soprattutto in termini di abbattimento dei tempi e snellimento delle procedure autorizzative, di accettazione sociale e governance locale: tutto ciò al fine di attivare gli investimenti necessari a colmare il fabbisogno impiantistico e di superare la frammentazione gestionale.

Questa la fotografia scattata dal Green Book 2022, il rapporto annuale sul settore dei rifiuti urbani in Italia, promosso da Utilitalia e curato dalla Fondazione Utilitatis, realizzato quest’anno in collaborazione con ISPRA e presentato oggi a Roma alla vigilia della Giornata della Terra. Il Rapporto evidenzia come la produzione italiana di rifiuti urbani e assimilati nel 2020 sia ammontata a circa 29 milioni di tonnellate, in calo rispetto al 2019 a causa dell’emergenza relativa al Covid-19 che, per effetto della chiusura di numerosi esercizi commerciali, ha determinato una diminuzione di oltre 1 milione di tonnellate.

Il tasso di effettivo riciclaggio dei rifiuti urbani è compreso tra il 54,4% (utilizzando la Metodologia 2 della Decisione 2011/753/UE inizialmente adottata dall’Italia) e il 48,4% (usando la metodologia 4 che considera i rifiuti urbani senza distinzioni merceologiche), in entrambi i casi al di sopra della media europea del 47,8%.

Il conferimento in discarica è stimato al 20%, un valore leggermente migliore rispetto alla media europea del 23%. Resta ancora importante il deficit impiantistico al Centro-Sud, dove i quantitativi di rifiuti raccolti superano quelli trattati, e dove il ricorso alla discarica rimane ancora la principale destinazione (oltre il 60% per il rifiuto urbano residuo).

FATTURATO, OCCUPATI E INVESTIMENTI PER L’ECONOMIA CIRCOLARE

Il comparto ha fatto registrare un fatturato di oltre 13 miliardi di euro (in linea con i valori 2018) circa lo 0,8% del PIL, in gran parte determinato dalla tariffa rifiuti, e un numero di addetti che supera le 95mila unità. A livello comunitario, secondo Eurostat, nel 2019 si è registrato un volume della produzione pari a circa 167 miliardi di euro. Come annunciato nel Piano d’Azione per l’Economia Circolare, la Commissione Europea ha presentato a marzo 2022 un pacchetto di proposte ad attuazione del Green Deal Europeo; le misure aggiuntive, oltre a prevedere il raggiungimento di un’economia completamente circolare entro il 2050, sono mirate a promuovere modelli imprenditoriali circolari e responsabilizzare i consumatori nella transizione verde. Saranno quindi necessari ulteriori investimenti nei prossimi anni, per raggiungere gli obiettivi di raccolta e riciclaggio dei rifiuti solidi urbani (65% di riciclaggio effettivo e ricorso alla discarica non superiore al 10% dei rifiuti urbani prodotti). In particolare, come indicato in uno studio della Commissione Europea (2019), si stima che gli investimenti necessari dal 2020 al 2035 per raggiungere i target previsti ammontino a 31,5 miliardi di euro, con una spesa media annua di 2,1 miliardi di euro. In quest’ottica, il PNRR rappresenta un’opportunità per gli investimenti che mirano a incentivare la circolarità delle risorse e, nello specifico, a migliorare i sistemi di raccolta e gestione dei rifiuti in tutto il territorio nazionale, per i quali sono stati stanziati 2,5 miliardi di euro. “Il Green Book – commenta il presidente della Fondazione Utilitatis, Stefano Pareglio – è una monografia di riferimento nel settore dei rifiuti urbani, e sottolineo perciò con soddisfazione la collaborazione avviata quest’anno con ISPRA. I dati presentati mostrano alcuni segnali di miglioramento del settore, ma evidenziano soprattutto i limiti che si incontrano in Italia nell’affermare una piena e diffusa logica di circolarità. Guardiamo dunque con grande attenzione al ruolo del legislatore e del regolatore affinché si avvii un percorso per promuovere un servizio di maggiore qualità e più omogeneo sul territorio nazionale”.

LA FRAMMENTAZIONE GESTIONALE: 7.253 SOGGETTI ATTIVI NEL COMPARTO

Sul fronte gestionale, il settore si caratterizza per l’elevata dispersione sia orizzontale, con un elevato numero di operatori, sia verticale, con la presenza di numerosi gestori specializzati nelle fasi a monte o a valle della filiera. Sono dunque pochi i grandi operatori in grado di assicurare la chiusura del ciclo. Il numero di aziende attive nel settore dei rifiuti supera le 650 unità (escluse le gestioni in economia): il 52% è specializzato nelle fasi di raccolta e trasporto, il 20% è operativo sia nelle fasi di raccolta sia nella gestione diretta di uno o più impianti di recupero e smaltimento, mentre il restante 28% è specializzato nella gestione impiantistica. Nel settore, molti enti locali gestiscono in economia il servizio: secondo i recenti dati pubblicati da ARERA, i Comuni attivi in una o più fasi del servizio sono più di 6.300, per un totale complessivo (tra aziende e enti locali) di 7.253 soggetti attivi nel comparto; il 70% di questi dichiara di svolgere soltanto un’attività (per gli enti locali tipicamente la riscossione della Tari), mentre il ciclo integrato è svolto solo dal 2,4% dei soggetti. “Lo studio – commenta il vicepresidente vicario di Utilitalia, Filippo Brandolini – evidenzia l’importanza di una gestione industriale dell’intero ciclo dei rifiuti, la necessità di realizzare impianti soprattutto al Centro-Sud e l’urgenza di superare le frammentazioni gestionali. Si tratta di tre elementi fondamentali per la piena affermazione dell’economia circolare, che consentirebbero inoltre di risparmiare materia prima e di produrre energia rinnovabile, offrendo un importante contributo nel percorso verso la decarbonizzazione. Il Green Book sicuramente fornisce una base di conoscenze importante anche per la definizione, attualmente in corso, del Programma nazionale di gestione dei rifiuti”.

IL CONTRIBUTO DI ISPRA: ESPORTATE 4,2 MILIONI DI TONNELLATE (E 7 IMPORTATE)

La sezione curata da ISPRA fornisce informazioni aggiornate relative ai flussi transfrontalieri di rifiuti urbani e speciali per il biennio 2019-2020. Nel 2020 sono state esportate oltre 4,2 milioni di tonnellate di rifiuti (4,4 milioni nel 2019) a fronte di un’importazione di circa 7 milioni di tonnellate (nel 2019 erano 7,2 milioni). Tra i rifiuti urbani esportati, molti sono quelli prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani, mentre tra i rifiuti urbani importati, le principali categorie sono rappresentate da vetro e plastica. La Germania è il Paese che riceve la maggiore quantità di rifiuti italiani (20,5% delle esportazioni) e che ne invia in Italia il quantitativo più rilevante (29% delle importazioni). Dall’analisi di ISPRA si evince che i rifiuti urbani importati in Italia sono destinati totalmente al recupero di materia, per alimentare l’industria manifatturiera nazionale, mentre oltre il 36% di quelli esportati è destinato a recupero energetico, ad ulteriore conferma del deficit impiantistico che affligge il paese. “Il Green Book – spiega Valeria Frittelloni, responsabile del Centro Nazionale Rifiuti ed Economia Circolare dell’ISPRA – ci fornisce un quadro sull’efficienza del servizio di gestione dei rifiuti nel nostro Paese e rappresenta, in questo momento, una baseline sulla quale misurare i progressi che il sistema saprà attuare a seguito delle importanti misure che il Governo sta varando sul tema della gestione dei rifiuti. La prossima adozione della strategia nazionale sull’economia circolare integrata dalle azioni del Programma nazionale di gestione dei rifiuti e dai finanziamenti previsti dal PNRR, costituiranno una enorme spinta all’evoluzione del sistema che siamo pronti a misurare, a cominciare dalla qualità del servizio reso ai cittadini”.

I COSTI DEL SERVIZIO: 359 EURO AL SUD CONTRO I 282 DEL NORD

I costi del servizio variano in base alla distribuzione territoriale. Per una famiglia tipo (3 componenti in un’abitazione di 100 metri quadrati) nel 2021 la spesa per il servizio è stata pari a 318 euro, con forti differenze tra le aree del Paese: 282 euro al Nord, 334 euro al Centro, 359 euro al Sud. Differenze che si sono conservate lungo un arco temporale di 8 anni (2014-2021): al Nord la spesa si è mantenuta mediamente pari a 272 euro, al Centro si è ridotta da 336 euro a 329 euro, mentre al Sud è passata da 360 a 356 euro. La principale causa della spesa più alta per le famiglie del Centro-Sud è relativa ai costi sostenuti per il trasporto dei rifiuti fuori Regione, per effetto di un assetto impiantistico non adeguato.

AL VIA IL SECONDO PERIODO REGOLATORIO

La regolazione, che nel settore rifiuti è stata introdotta nel 2018, ha avviato il secondo periodo regolatorio (MTR2) che completa lo scenario con la definizione dei criteri per le tariffe di accesso agli impianti di trattamento e smaltimento e con l’emanazione del testo unico per la regolazione della qualità del servizio di gestione dei rifiuti urbani (TQRIF). Si configura un quadro unico tra qualità ambientale del servizio, qualità contrattuale e qualità tecnica. Una prima stima della Fondazione Utilitatis fissa tra i 10,3 e i 12,6 miliardi di euro le entrate tariffarie del servizio integrato di igiene ambientale assoggettate a regolazione.

PERCHÉ I RIFIUTI VENGONO TRASPORTATI FUORI REGIONE E FUORI ITALIA

“Il quadro sulla gestione dei rifiuti urbani che emerge dalle analisi dei dati rappresentati nelle sezioni del Green Book conferma situazioni di criticità note al Mite. Le lacune strutturali in alcune macro aree del Paese e il deficit impiantistico contribuiscono al differenziale di spesa per il servizio di igiene urbana. Ne deriva il ricorso al trasporto dei rifiuti fuori regione e anche fuori nazione, come evidenziato nella sezione curata da Ispra, che analizza i flussi transfrontalieri di rifiuti urbani e speciali”. Lo ha dichiarato il sottosegretario di Stato del MiTE, Vannia Gava, alla presentazione del Green Book di Utilitatis in collaborazione con ISPRA e con Utilitalia.

“I rifiuti urbani importati in Italia – ha spiegato Gava – sono destinati totalmente al recupero di materia, mentre oltre il 36% di quelli esportati è destinato al recupero energetico. Le attività del Mite nell’ultimo periodo sono orientate a trovare soluzioni per suddette criticità: è stato presentato il Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti come strumento strategico di indirizzo per le regioni e le province autonome nella pianificazione e gestione dei rifiuti. Il piano fissa macro obiettivi, definisce i criteri e le linee strategiche a cui dovranno attenersi i piani di gestione di rifiuti al fine di colmare i gap impiantistici presenti nel territorio.

Contributo fondamentale è rappresentato dalla missione 2 del PNRR “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, che si prefigge di colmare le lacune strutturali che ostacolano il raggiungimento di un nuovo e migliore equilibrio fra natura, sistemi alimentari, biodiversità e circolarità delle risorse, in linea con gli obiettivi del piano d’azione per l’economia circolare varato dell’Unione Europea”.

BANDI PNRR: OLTRE 3.700 DOMANDE, 2.400 DAL CENTRO-SUD

“Il PNRR intende intervenire proprio sulle criticità che sono state evidenziate oggi dalla presentazione dei dati del Green Book. Si è parlato di colmare gap di infrastrutturazione impiantistica con effetti diretti sui costi del servizio: su questo la nostra è una strategia che abbiamo condiviso fin dall’inizio dell’elaborazione del piano con Utilitalia, con Anci e con Confindustria, quindi tutti gli attori principali del sistema, proprio per garantire che le misure introdotte con il PNRR fossero misure efficaci”. Lo ha dichiarato il Capo Dipartimento per la transizione ecologica del MiTE, Laura D’Aprile.

“I primi effetti di questa azione combinata – ha spiegato D’Aprile – che va da investimenti di 1,5 miliardi di euro per l’impiantistica dei rifiuti urbani, di 600 milioni di euro per le filiere flagship dell’economia circolare, oltre che sulle riforme, a nostro avviso sono positivi. Nell’esito dei bandi che si sono chiusi il 23 marzo, andando sulla linea dell’investimento da un miliardo e mezzo – che forse è quella che interessa più il comparto – abbiamo ricevuto oltre 3.700 domande, di cui 2.400 provenienti dal Centro-Sud. La Campania forse ha presentato più domande della Lombardia, e questo rappresenta la spinta che c’è stata.

I progetti hanno un valore complessivo che supera i 6 miliardi, e per questa linea saranno sottoposti ad una selezione da parte di una commissione tecnica che vede coinvolti, oltre agli esperti di Ispra ed Enea, anche alcuni rappresentanti di Arera. Il nostro il nostro rapporto sia con Arera che con il garante della concorrenza per i profili concorrenziali – che sono di interesse del settore – è un rapporto pressoché quotidiano”, ha concluso.

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