Oggi oltre 600 miliardi di barili equivalenti delle riserve mondiali di petrolio e gas recuperabili commercialmente si trovano ad affrontare rischi elevati o estremi
L’innalzamento del livello del mare, gli incendi, le ondate di caldo e gli eventi meteorologici estremi stanno già provocando il caos ovunque, e potrebbero costare all’economia globale centinaia di miliardi di dollari in infrastrutture fatiscenti, raccolti ridotti, problemi di salute e manodopera persa.
Quando la maggior parte delle persone pensa al cambiamento climatico, le industrie del petrolio e del gas tendono ad assumersi la gran parte della colpa, a causa dei loro alti livelli di emissioni di CO2 e di gas serra. In pochi, però, si fermano e considerano che la stessa ricaduta ecologica che sta danneggiando le comunità sta mettendo a dura prova anche l’industria dei combustibili fossili.
LE CONSEGUENZE DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO SULL’INDUSTRIA OIL & GAS
Il cambiamento climatico sta rendendo più costoso operare per le compagnie petrolifere e del gas. Le minacce di approvvigionamento legate al clima hanno già iniziato a manifestarsi nell’industria del petrolio e del gas, con oltre 600 miliardi di barili equivalenti delle riserve mondiali di petrolio e gas recuperabili commercialmente – il 40% delle riserve totali – che si trovano ad affrontare rischi elevati o estremi.
Secondo Verisk Maplecroft, società di consulenza strategica e di rischio globale con sede nel Regno Unito, il rischio di eventi legati al clima che interrompono il flusso di petrolio verso i mercati globali è più alto in Arabia Saudita, Iraq e Nigeria.
Questo dato è preoccupante, considerando i crescenti segnali di picco dell’offerta di petrolio. Un numero crescente di dirigenti del settore statunitense si aspetta negli USA la produzione di petrolio raggiungerà il picco entro i prossimi 5-6 anni, mentre per altri, aumentando la produzione, il picco arriverà molto prima.
Le previsioni su un altro boom dello scisto stanno rapidamente diminuendo, grazie all’aumento dei costi e alle limitate forniture di manodopera e attrezzature, che ostacolano gli sforzi dei produttori statunitensi di scisto per aumentare rapidamente la produzione. Per fortuna, l’industria petrolifera e del gas si sta impegnando maggiormente negli sforzi volti a rallentare il cambiamento climatico.
L’OPPORTUNITÀ DELLA CATTURA DELLA CO2
Mentre gli alberi e altre piante rimuovono naturalmente l’anidride carbonica dall’atmosfera, la maggior parte degli esperti di cambiamento climatico concorda sul fatto che oggi non siamo in grado di piantarne abbastanza – e abbastanza velocemente – per limitare i danni.
La cattura del carbonio è una tecnologia che è stata proposta per limitare il riscaldamento globale e il cambiamento climatico. Sia l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) che l’AIE considerano la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio (CCUS) una soluzione ideale per molti settori difficili da abbattere come l’aviazione, la produzione di idrogeno e il cemento dai combustibili fossili.
Sfortunatamente, il mondo finora ha investito pochissimo nel CCUS: secondo l’AIE ci sono solo 35 strutture commerciali a livello globale che stanno applicando la CCUS ai processi industriali, alla trasformazione di combustibili e alla generazione di energia, con una capacità di cattura annuale totale di 45MtCO2. Tuttavia, McKinsey stima che, affinché il mondo raggiunga i suoi impegni net-zero entro il 2050, l’assorbimento globale di CCUS dovrà essere 120 volte superiore, arrivando ad almeno 4,2 gigatonnellate all’anno (GTPA) di CO2 catturate.
I PIANI DI BIG OIL SULLA CCUS
Tuttavia, Big Oil sta iniziando a farlo. Anche se, alla fine, è più un modo per prolungarsi la vita che per contribuire a ridurre gli effetti del cambiamento climatico. Negli ultimi anni, le grandi compagnie petrolifere hanno iniziato ad investire pesantemente nella CCUS, che molti sostengono sia semplicemente il modo di Big Oil di estendere la vita dei giacimenti di petrolio e gas, perché il carbonio catturato viene utilizzato per il recupero avanzato del petrolio (enhanced oil recovery – EOR).
Due settimane fa il CEO di Exxon Mobil, Darren Woods, ha dichiarato agli investitori che il business a basse emissioni di carbonio dell’azienda ha il potenziale per sovraperformare il suo business legacy di petrolio e gas entro un decennio e generare centinaia di miliardi di entrate. Woods ha spiegato che le proiezioni mostrano come l’azienda abbia il potenziale per raggiungere un fatturato di miliardi di dollari entro i prossimi 5 anni, decine di miliardi in 5-10 anni e centinaia di miliardi dopo l’accelerazione iniziale di 10 anni. Tuttavia – ha affermato Ammann – se Exxon riuscirà a realizzare il suo obiettivo dipenderà dal supporto normativo e politico sul prezzo del carbonio, oltre che dal costo per abbattere le emissioni di gas serra.
Exxon crede che questo si tradurrà in una situazione “molto più stabile o meno ciclica”, che è meno incline alle oscillazioni dei prezzi delle materie prime attraverso contratti a lungo termine con i clienti che mirano a ridurre la propria impronta di carbonio.
Ad esempio, Exxon di recente ha firmato un contratto a lungo termine con la società industriale di gas Linde che prevede il prelievo di CO2 associata al progetto di idrogeno pulito pianificato da Linde a Beaumont, in Texas. Exxon trasporterà ed immagazzinerà permanentemente fino a 2,2 milioni di tonnellate/anno di anidride carbonica ogni anno dallo stabilimento dell’azienda tedesca.
Nel febbraio scorso, Linde ha svelato i piani per costruire un complesso da 1,8 miliardi di dollari, che includerà il reforming autotermico con cattura del carbonio e un grande impianto di separazione dell’aria, per fornire idrogeno e azoto puliti.
LA NUOVA UNITÀ SLB NEW ENERGY DI SCHLUMBERGER
A febbraio, il colosso dei servizi petroliferi Schlumberger ha discusso della sua nuova unità SLB New Energy con Bloomberg New Energy Finance (BNEF). Secondo il presidente di SLB New Energy, Gavin Rennick, l’unità dovrebbe raggiungere un fatturato di 3 miliardi di dollari entro la fine del decennio in corso e almeno 10 miliardi di dollari entro la fine del prossimo decennio.
SLB si concentrerà su cinque nicchie di mercato, ciascuno con un mercato indirizzabile minimo di 10 miliardi di dollari:
– Soluzioni di carbonio
– Idrogeno
– Geotermia e geoenergia
– Stoccaggio di energia
– Minerali critici
Di questi segmenti, Rennick afferma che la cattura, l’utilizzo e il sequestro del carbonio (CCUS) è l’opportunità in più rapida, crescita grazie al significativo impulso ottenuto dall’Inflation Reduction Act (IRA) degli Stati Uniti.
MCKINSEY: CREARE DIVERSI HUB CCUS
Per raggiungere l’obiettivo climatico globale, McKinsey ha proposto la creazione di hub CCUS, essenzialmente un gruppo di strutture che condividono la stessa infrastruttura di trasporto e stoccaggio o utilizzo di CO2. Attualmente ci sono solo 15 hub CCUS in tutto il mondo, e MckInsey stima che ci sia il potenziale per costruirne fino a 700 a livello globale, situati su o vicino a potenziali siti di stoccaggio e siti di recupero avanzato di petrolio e gas (EOR/EGR).
Il governo degli Stati Uniti attualmente sta sostenendo quattro hub, con due importanti progetti di Occidental Petroleum visti come dei forti contendenti. Il governo offre tre livelli di finanziamento, che vanno da 3 milioni di dollari per studi di fattibilità in fase iniziale a 12,5 milioni di dollari per studi di progettazione ingegneristica, fino a 500 milioni di dollari per progetti pronti a completare le fasi di approvvigionamento, costruzione e funzionamento.
La startup svizzera Climeworks – che ad oggi ha raccolto oltre 800 milioni di dollari – è tra le aziende CCUS più attive. McKinsey stima che, entro il 2035, servirà un investimento globale annuo nel CCUS compreso tra 120 e 150 miliardi di dollari, affinché il mondo raggiunga lo zero netto.
Per ridimensionare la tecnologia in modo efficace, secondo l’azienda serve un maggiore coordinamento lungo la catena del valore. Per fortuna i grandi giganti dell’energia, mentre la domanda di combustibili fossili diminuisce, sembrano volersi posizionarsi in quella che potrebbe essere un’industria multimiliardaria.