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Hormuz

Si infiamma la guerra dell’energia tra Iran e Israele. Occhi puntati sullo Stretto di Hormuz

 La guerra dell’energia imperversa in Iran e Israele. Tutti gli occhi sono puntati sullo Stretto di Hormuz. Tutti i rischi per l’Italia e l’Ue

L’attacco di Israele a infrastrutture energetiche, depositi di petrolio, raffinerie e giacimenti di gas dell’Iran non è casuale. L’obiettivo è mettere in ginocchio gli ayatollah colpendo al portafogli. Il rischio è che l’Iran, alle corde, risponda mettendo in pratica l’antica minaccia di chiudere lo stretto di Hormuz, snodo centrale del traffico di gas liquefatto e petrolio mondiale. Una mossa che potrebbe paralizzare il commercio di greggio e GNL, facendo schizzare in alto i prezzi e complicando gli approvvigionamenti.

LA BATTAGLIA DELL’ENERGIA IMPERVERSA

La battaglia dell’energia avviata da Israele mira ad assestare un colpo cruciale al pilastro dell’economia della Repubblica islamica. Da venerdì Israele ha messo nel mirino l’industria petrolifera iraniana, colpendo diverse infrastrutture, impianti e depositi. Fino ad oggi sono state bersagliate le raffinerie più grandi e le cisterne della capitale, provocando danni da miliardi. La ricaduta sulle esportazioni si vedrà a breve. Infatti, l’Iran esporta ogni giorno un milione e mezzo di barili di greggio, verso soprattutto la Cina, che si aggiunge a un altro milione di gas liquefatto, benzina e diesel.

“L’effetto sulle vendite all’estero si sentirà nelle prossime settimane e aprirà una voragine nelle casse statali. Nonostante le sanzioni, si stima che nell’ultimo anno l’export abbia garantito entrate per130 miliardi di dollari: il 40 per cento attraverso canali paralleli che finanziano i Guardiani della Rivoluzione, alimentando le attività segrete del programma nucleare e la costruzione dell’arsenale missilistico. Invece l’impatto sulla popolazione si sentirà molto presto, in particolare nella capitale. Lì è stato oltre alla raffineria è stata incenerita parte del deposito di Shahran, che conteneva 260 milioni di litri di combustibile. Erano la riserva principale della metropoli ed è prevedibile che ci saranno difficoltà per le centrali elettriche e per fare il pieno alle vetture: si sono formate lunghe code di auto ai distributori”, scrive La Repubblica.

ISRAELE NON E’ IMMUNE

La scelta di intraprendere una guerra dell’energia contro l’Iran potrebbe ritorcersi contro Israele. Infatti, il Paese è totalmente dipendente dalle importazioni. L’Iran ha già riposto ai primi attacchi lanciando alcuni missili contro l’impianto petrolchimico di Haifa, riuscendo a provocare danni minori che non hanno interrotto l’attività. Le bombe iraniane hanno cercato di colpire anche l’altro impianto del Paese, ad Ashod, senza successo.

“Il 28 per cento del greggio arriva via oleodotto dall’Azerbaijan, un altro 22 per cento proviene dal Kazakhstan: raggiunge Haifa via mare e le petroliere nel Mediterraneo un tempo potevano venire aggredite dai porti siriani o dagli Hezbollah libanesi”, continua il giornale del gruppo Gedi.

ENERGIA, CRESCONO I TIMORI PER LO STRETTO DI HORMUZ E I RISCHI PER L’ITALIA

Tutti gli occhi del mondo dell’energia sono puntati sullo Stretto di Hormuz, snodo cruciale del traffico internazionale di petrolio e gas. La flotta iraniana armata per chiudere lo Stretto è pronta ad intervenire. Una decisione che rappresenterebbe una vendetta trasversale per gli attacchi all’export iraniano, ma non avrebbe effetti diretti su Israele. Il conflitto rischia di scatenare un caro-greggio con conseguenze dirette sui consumi degli italiani, ad iniziare dal costo dei carburanti. Fino ad oggi il rincaro è contenuto intorno all’8% per il petrolio e al 5% per il gas, rassicura il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin. Tuttavia, se lo scontro non dovesse diminuire di intensità, l’aumento dei prezzi potrebbe essere dietro l’angolo.

“Sarà uno dei punti critici, nelle prossime settimane, ma anche a medio-lungo termine la situazione può avere conseguenze importanti, incluso un aumento del rischio di attacchi terroristici”, ha affermato il ministro della Difesa Guido Crosetto, secondo quanto riporta il Sole 24 Ore.

PERCHE’ LO STRETTO DI HORMUZ E’ CRUCIALE PER L’ENERGIA

L’attacco contro gli impianti petroliferi iraniani non preoccupa più di tanto i mercati. L’incubo che perseguita gli analisti è la chiusura dello Stretto di Hormuz. Infatti, un blocco totale farebbe schizzare il petrolio oltre i 200 dollari, secondo le ipotesi fatte l’anno scorso dagli esperti. Infatti, gli oltre 500 milioni di barili di petrolio greggio che viaggiano verso est dagli Stati produttori di petrolio dovrebbero trovare rotte alternative per raggiungere il mercato (con conseguente aggravio dei costi).

“Attraverso il canale transita infatti tutto il petrolio diretto dal Golfo Persico agli importatori nel mondo comprese le esportazioni di Gnl dal Qatar e dall’Oman: si tratta della principale arteria petrolifera, il 40% del volume del mercato. Circa 15 milioni di barili al giorno navigano per quelle acque, Più in generale lo Stretto di Hormuz è importante dal punto di vista degli scambi commerciali. Secondo alcune stime aggiornate ai primi mesi dell’anno di Lloyd’s List, ogni mese da lì transitano in media più di 3.000 navi. (…) Analizzando i transiti nel primo trimestre del 2025 per paese di proprietà effettiva, le navi greche, giapponesi e cinesi dominano e sarebbero le più colpite da un eventuale blocco”, si legge su Il Sole 24 Ore.

CHI CI GUADAGNEREBBE DALLA CHIUSURA DI HORMUZ

La guerra dell’energia tiene con il fiato sospeso soprattutto il mercato del gas è più vulnerabile rispetto a questa guerra di quello del petrolio per due ragioni.

“Il metano in offerta è più scarso del greggio e soprattutto il Qatar è fondamentale per l’accumulo di riserve in Europa in vista dell’inverno”, si legge su Il Corriere della Sera.

La Russia sarebbe il vincitore principale se l’Iran decidesse di chiudere lo Stretto di Hormuz. Infatti, Putin potrebbe vendere il petrolio a prezzo più alto.

UNITÀ CRISI FARNESINA RIUNITA: FOCUS SU BLOCCO HORMUZ ANCHE CON PARTNER UE

Intanto è in corso dall’Unità di Crisi della Farnesina una riunione del Ministro degli Esteri Antonio Tajani con gli Ambasciatori italiani presso i Paesi interessati alle dinamiche prodotte dagli scontri militari fra Iran e Israele. E’ stata fatta innanzitutto una valutazione sulla situazione dei cittadini italiani presenti in Israele e Iran: utilizzando i valichi terrestri e in attesa dell’apertura degli aeroporti, le Ambasciate e i Consolati italiani stanno assistendo i connazionali che vogliono lasciare i due Paesi.

Fra i temi affrontati, anche quelli relativi agli aspetti economici del conflitto. Il timore principale è quello di un blocco militare dello stretto di Hormuz, attraverso cui passa il 30% circa del petrolio trasferito a livello globale, per 20 milioni di barili al giorno. Altro timore è quello che una escalation del conflitto possa coinvolgere gli stati del Golfo dirimpettai dell’Iran, potenziali obiettivi di azioni militari.

Nell’ambito dei contatti telefonici con i partner UE e regionali, il Ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani ha avuto un colloquio telefonico con il Primo Ministro e Ministro degli Esteri del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani e con il Vice Primo Ministro e Ministro degli Esteri dell’Iraq, Fuad Hussein.

I colloqui hanno permesso di fare il punto sulle operazioni militari tra Iran e Israele. Tajani ha espresso la preoccupazione del Governo italiano per il rischio di escalation nella regione e sottolineato l’importanza della ripresa dei negoziati sul nucleare. Il Ministro ha sollevato anche il tema degli effetti economici delle operazioni militari in tutta la regione. Il responsabile della Farnesina, incaricato di seguire anche il Commercio internazionale, ha ricordato agli interlocutori che il 40% del Pil italiano deriva dall’export.

Il premier del Qatar ha condiviso informazioni sulla pericolosità degli scontri militari per il suo paese e ad esempio anche per i circa 10.000 tecnici internazionali impegnati sulle piattaforme petrolifere off-shore dell’emirato, e ha condiviso l’impostazione del governo italiano che sta lavorando per una de-escalation e un ritorno a una fase di confronto diplomatico.

Nel colloquio col ministro iracheno, Tajani ha ricevuto informazioni sull’agibilità momentanea dei punti di imbarco del petrolio iracheno, che passa tutto attraverso lo stretto di Hormuz. Il titolare della Farnesina ha espresso apprezzamento per la posizione di moderazione esercitata dall’Iraq – ove sono presenti circa 500 militari italiani e circa 500 tra iscritti AIRE e presenze stabili – auspicando un intervento da parte delle Autorità irachene verso Teheran per favorire una ripresa dei negoziati.

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