Neue Zürcher Zeitung (NZZ), quotidiano svizzero di orientamento conservatore, smonta la transizione energetica tedesca con una critica netta.Ecco cosa dice
Un’analisi che smonta la transizione energetica tedesca così come si è dipanata sinora e invita il prossimo nuovo governo a imprimere un deciso cambio di rotta. È quella realizzata dalla Neue Zürcher Zeitung (NZZ), quotidiano svizzero di orientamento conservatore, probabilmente una delle testate più autorevoli d’Europa. La critica è netta. A prima vista, scrive il quotidiano svizzero, la transizione energetica tedesca sembra una storia di successo. Nel 2023, l’energia eolica e solare hanno coperto il 62,7% della produzione elettrica nazionale, il livello più alto mai registrato. Inoltre, le emissioni di CO2 hanno raggiunto il punto più basso degli ultimi settant’anni e nel 2024 sono ulteriormente diminuite. Si potrebbe pensare che la Germania sia sulla giusta strada verso la neutralità climatica e che basti continuare a installare turbine eoliche e pannelli solari e il problema sarà risolto. Tuttavia, la realtà è ben diversa.
IL PREZZO NASCOSTO DEL PRESUNTO SUCCESSO
Dietro questi numeri incoraggianti si cela una verità scomoda: i risultati della transizione energetica tedesca sono stati ottenuti a caro prezzo. Secondo il think tank Agora Energiewende, il calo delle emissioni del 2023 non è stato un trionfo delle politiche climatiche, bensì la conseguenza del declino dell’industria, colpita dalla crisi energetica.
Un altro problema riguarda la qualità dell’energia prodotta. Non basta valutare quanta elettricità proviene da fonti rinnovabili, ma bisogna considerare anche il suo valore effettivo. In estate, la Germania genera così tanto solare che deve addirittura pagare i paesi vicini affinché assorbano il surplus. In inverno, invece, la produzione è insufficiente e si rende necessario importare energia, con conseguenze economiche e politiche non trascurabili. Questa instabilità ha portato all’aumento dei prezzi energetici in molti Stati confinanti, generando tensioni diplomatiche.
Anche la competitività industriale è a rischio. L’istituto economico Iw di Colonia ha evidenziato come, dalla crisi energetica in poi, il costo dell’elettricità per l’industria non sia più competitivo su scala internazionale. Nonostante gli ingenti investimenti nelle rinnovabili – più di 200 miliardi di euro dall’inizio degli anni 2000 – la Germania continua a generare un’energia più inquinante rispetto ai suoi vicini.
UN CAMBIO DI ROTTA NECESSARIO
Questi elementi indicano che la transizione energetica, così come è stata concepita, è fallita e necessita di una revisione profonda, continua la NZZ. L’obiettivo dovrebbe essere un sistema energetico più orientato al mercato, in cui il commercio europeo delle emissioni di CO2 svolga un ruolo centrale. Questo schema, esteso dal 2027 anche a trasporti ed edifici, potrebbe incentivare la riduzione delle emissioni senza ricorrere a divieti e sussidi statali. È fondamentale eliminare gli ostacoli ideologici e ripensare il mix energetico tedesco.
Quattro le misure più urgenti che gli analisti del quotidiano svizzero suggeriscono al prossimo governo guidato presumibilmente dalla Cdu di Friedrich Merz. Innanzitutto, la riattivazione delle centrali nucleari. La Germania dovrebbe avviare un confronto con i gestori delle cinque centrali nucleari chiuse nel 2023 – Isar 2, Emsland, Neckarwestheim, Grohnde e Brokdorf – per valutare la possibilità di rimetterle in funzione. Anche se la riattivazione comporterebbe investimenti miliardari, sarebbe comunque più conveniente rispetto alla costruzione di nuove centrali a gas, il cui finanziamento rimane un’incognita. Attualmente, il piano prevede la costruzione di almeno 34 centrali a gas entro il 2030 per garantire una fornitura stabile nei periodi di bassa produzione eolica e solare, ma i costi sarebbero esorbitanti. Sempre in questo settore, la Germania dovrebbe impegnarsi nella ricerca sui piccoli reattori modulari (SMR) e aderire ai programmi internazionali per lo sviluppo della prossima generazione di centrali nucleari. Consentire a investitori stranieri di costruire impianti atomici nel paese potrebbe contribuire alla sicurezza energetica e alla riduzione delle emissioni. Le principali potenze industriali del mondo stanno già investendo nel nucleare: la Germania non può più permettersi di restare indietro.
In secondo luogo, autorizzare la cattura e lo stoccaggio di CO2. Nel 2023, il governo tedesco aveva previsto la possibilità di immagazzinare anidride carbonica nel sottosuolo, soprattutto nelle aree del Mare del Nord. Tuttavia, osserva il quotidiano di Zurigo, la proposta è stata bloccata da una parte della coalizione di governo, che temeva una riduzione degli investimenti nelle rinnovabili. Questo atteggiamento miope va superato, la cattura del carbonio è una tecnologia cruciale per ridurre le emissioni industriali e garantire una transizione sostenibile. Anche le centrali a gas e carbone potrebbero adottare questa soluzione per ridurre il loro impatto ambientale, senza compromettere la stabilità della rete elettrica.
Come terza misura la NZZ suggerisce l’introduzione di zone tariffarie per l’elettricità. Attualmente, il prezzo dell’elettricità è uniforme in tutta la Germania, nonostante ci siano enormi differenze nella produzione locale di energia. Dividere il paese in due zone tariffarie – una per il nord, dove la produzione eolica è abbondante, e una per il sud, dove è più scarsa – potrebbe incentivare gli investimenti in nuove fonti energetiche nelle regioni meno servite. Un simile sistema favorirebbe anche una maggiore concorrenza, poiché le aziende potrebbero decidere di investire in nuove infrastrutture per stabilizzare i prezzi e ridurre la dipendenza dalle importazioni.
Infine: armonizzare gli obiettivi climatici con l’Unione Europea. La Germania si è posta l’ambizioso obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2045, cinque anni prima della scadenza prevista per l’Ue. Tuttavia, questa accelerazione impone costi enormi senza reali benefici ambientali. Nel sistema di scambio delle emissioni europeo, infatti, qualsiasi riduzione ottenuta in Germania permette ad altri paesi di emettere di più. Le industrie tedesche, nel frattempo, sono costrette a produrre in condizioni meno vantaggiose rispetto ai concorrenti europei, con il rischio di delocalizzazioni e perdita di posti di lavoro.
LA FINE DELLE ILLUSIONI E IL RITORNO DEL PRAGMATISMO
La Germania deve abbandonare l’illusione che sole e vento possano da soli sostenere una grande economia industriale, conclude la Neue Zürcher Zeitung la sua lunga analisi critica: deve inoltre riconoscere che il dogma delle rinnovabili come unica soluzione sostenibile è fallace. La futura politica energetica dovrebbe essere pragmatica, basata su un mix diversificato che includa nucleare, gas a basse emissioni e tecnologie innovative per la cattura del carbonio.
Infine, Berlino deve evitare di scaricare sulle nazioni vicine le conseguenze delle proprie scelte ideologiche. Solo tornando a una gestione razionale e competitiva dell’energia, la Germania potrà garantire un futuro economico solido e sostenibile. Il prossimo governo avrà il compito di correggere gli errori del passato e riportare il paese sulla strada della crescita, senza compromettere la sicurezza energetica e la stabilità industriale.