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Asia Centrale

La guerra in Ucraina e le conseguenze geopolitiche (ed energetiche) della Russia nei Paesi dell’Asia centrale

Le esportazioni di petrolio e gas rappresentano oltre il 40% delle entrate del Kazakistan. Inoltre, per l’80% i flussi transitano per il Caspian Pipeline Consortium (Cpc), l’oleodotto del quale Mosca detiene la quota maggiore

Il terremoto geopolitico prodotto dalla guerra del Cremlino contro Kiev si ripercuoterà anche nei territori dell’Asia centrale, mettendo in forse il peso della Russia e la tenuta dell’asse Mosca-Pechino nella regione ex sovietica. Lo si legge sull’ultimo numero di Limes. Le cinque repubbliche al centro asiatiche – Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan e Kirghizistan – stanno assistendo ad un primo parziale riadattamento sul campo dei rapporti di forza tra le grandi potenze, in attesa che le sorti del conflitto ucraino delineino con maggior chiarezza il quadro entro cui poter difendere i propri interessi.

L’INFLUENZA DELLA RUSSIA SUI PAESI DELL’ASIA CENTRALE

La Russia per il momento non molla la sua influenza. I Paesi “-stan” sono legati a doppio filo con Mosca, sia in termini economici che di sicurezza. Forte delle sue due basi militari nella regione e del ruolo guida nella Csto (l’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva che comprende tre dei cinque Paesi), Mosca aumenta la presenza delle sue aziende e, nonostante la guerra e la pandemia Covid, continua ad importare manodopera: giovani lavoratori provenienti soprattutto da Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan, ai quali offre un iter semplificato per l’ottenimento della cittadinanza russa, in cambio di un anno di servizio nelle Forze armate del Paese. Questa mossa può costare cara in termini di immagine e tenuta e indispettisce i governi degli -stan interessati.

Il sempre più delicato rapporto tra Russia e Asia centrale può tornare utile alla Cina, che punta a consolidare la sua presenza (e interessi) in una regione vitale per i suoi progetti di trasporto eurasiatici. I recenti e numerosi incontri e accordi tra il presidente cinese Xi Jinping e i capi delle cinque repubbliche hanno portato ad un aumento degli scambi commerciali e degli investimenti da parte cinese, ma anche delle promesse fatte da Xi a protezione della loro integrità e sicurezza nazionali. Una mossa che, se confermata, potrebbe incrinare il postulato di una Russia armata a difesa della regione e di una Cina che spende per commercio, energia e infrastrutture.

I RAPPORTI TRA CINA, UZBEKISTAN E KIRGHIZISTAN

Con Uzbekistan e Kirghizistan Pechino si è accordata per costruire una ferrovia comune e tagliare i tempi di trasporto verso l’Europa a danno di altri percorsi, compreso quello russo. Per quanto riguarda invece il Kazakistan, la Cina vuole rafforzare la sua influenza e frenare gli interessi statunitensi nell’ex repubblica sovietica. In Kazakistan, infatti, Washington ha una notevole cooperazione economica ed energetica.

Un altro fattore di pressione russa sull’economia kazaka è la logistica, visto che oltre la metà del traffico merci attraversa il territorio della Russia. Soprattutto, la capitale kazaka Nur-Sultan è ricattabile, perché il Cremlino può intervenire su una delle principali fonti di guadagno: le esportazioni di petrolio che, insieme a quelle del gas, rappresentano oltre il 40% delle entrate kazake. Inoltre, per l’80% i flussi transitano per il Caspian Pipeline Consortium (Cpc), l’oleodotto del quale Mosca detiene la quota maggiore (31%). Il tubo trasporta il greggio kazako fino al porto russo di Novorossijsk e da lì, attraverso il Mar Nero, lo porta al mercato europeo, soprattutto italiano. Non sono quindi una sorpresa gli strani danni avvenuti di recente al Cpc, che hanno causato degli arresti e delle riduzioni del flusso di gas. Si tratta probabilmente di un avvertimento alla leadership kazaka, consapevole che una chiusura priverebbe le casse statali di oltre il 40% delle entrate. Ci vuole tempo per ridimensionare, senza interromperlo, il legame con le condotte russe, ma intanto è il caso di iniziare.

GLI SCAMBI PETROLIFERI TRA KAZAKISTAN E AZERBAIGIAN

Questa la linea del presidente Tokaev, riassunta nel suo discorso del 20 settembre all’Assemblea generale dell’Onu in cui ha parlato di fare del Mar Caspio un bacino di nuove opportunità, sviluppando un’infrastruttura di trasporto globale e diversificata. Il mese prima Tokaev aveva visitato il collega azero Aliyev, mentre le compagnie petrolifere statali dei due Paesi contrattavano la vendita di ingenti quantità di greggio kazako attraverso l’oleodotto che da Baku arriva in Turchia via Georgia. Con la visita, il leader kazako ha segnalato alla Russia di voler scegliere liberamente alleati e soci in affari. Si è schierato apertamente con l’Azerbagian nel conflitto caucasico contro l’Armenia, si è congratulato della riottenuta integrità territoriale e ha posto il veto all’invio di truppe kazake in soccorso di Erevan, altro membro della Csto. Uno schiaffo a Mosca, preceduto dal viaggio in Turchia, sponsor e alleato di Baku.

Alcuni spazi d’influenza che Mosca è destinata a cedere nella regione possono essere riempiti dalla Cina. Al pari della Russia, Pechino ha goduto finora di una partnership strategica con tutti i Paesi -stan, anche se con diverse scale di valori. Russia e Cina restano ben radicate nelle economie locali: tra il 2010 e il 2021 gli investimenti russi hanno superato i 30 miliardi di dollari, con una presenza di oltre 10 mila imprese e 900 mila occupati. La Cina ha investito di più nello stesso periodo e conta di raggiungere entro il 2030 un interscambio di 70 miliardi di dollari con le cinque repubbliche 19. Nei primi sette mesi di quest’anno gli scambi bilaterali, a parte la riduzione con il Kazakistan, sono aumentati dell’85,5% con il Tagikistan, del 53,4% con il Turkmenistan, di oltre il 32% con l’Uzbekistan e di ben il 150,4% con il Kirghizistan 20.

IL PROGETTO DELLA FERROVIA CINA-KIRGHIZISTAN-UZBEKISTAN

Con Tashkent e Bishkek Pechino vuole riprendere un progetto, vecchio di oltre 20 anni, che può mettere in difficoltà l’alleato russo: un accordo per la costruzione della ferrovia Cina-Kirghizistan-Uzbekistan, firmato durante l’ultimo vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco). Rimasto a lungo nel cassetto, anche per volere di Mosca, oggi l’accordo viene riproposto, mentre la Russia ha altro a cui pensare.

Nel giugno 2023 è previsto uno studio di fattibilità ed entro la fine del decennio si pensa di ultimare i lavori di una via di trasporto che farà risparmiare tempo alle merci cinesi dirette in Europa: i treni infatti impiegheranno tra i 9 e i 10 giorni per giungere a destinazione (contro i 15-17 di oggi) utilizzando la linea attraverso il Kazakistan, e tra i 20 e i 25 giorni attraversando la Russia. Il costo dovrebbe aggirarsi intorno ai 4-5 miliardi di dollari, da dividere tra le parti.

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