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La lotta al cambiamento climatico è ostacolata dalla disuguaglianza energetica

Un rapporto di Bureau Veritas rivela uno squilibrio preoccupante: se le economie avanzate e la Cina rappresentano l’85% degli investimenti in energia pulita, i Paesi in via di sviluppo, che ospitano due terzi della popolazione mondiale, ne ricevono solo il 15%

Un nuovo rapporto globale di Bureau Veritas sulla transizione energetica avverte che, nonostante la crescita record delle installazioni di energia rinnovabile negli ultimi anni, il mondo continua ad allontanarsi dall’obiettivo fondamentale di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.

Il motivo risiede in una transizione disomogenea che favorisce le economie avanzate e lascia indietro il Sud del mondo, che ospita due terzi della popolazione mondiale.

L’85% DEGLI INVESTIMENTI NELL’ENERGIA PULITA È PER I PAESI AVANZATI

Il rapporto – scrive El Periodico de la Energia – rivela uno squilibrio preoccupante: mentre le economie avanzate e la Cina rappresentano l’85% degli investimenti in energia pulita, i Paesi in via di sviluppo, che ospitano due terzi della popolazione mondiale, ne ricevono solo il 15%. Questa “transizione energetica a due velocità” ostacola sia la decarbonizzazione globale sia lo sviluppo umano nelle regioni vulnerabili.

“La transizione energetica globale non può essere realizzata senza il Sud del mondo”, afferma il rapporto, che basa i suoi risultati su un sondaggio condotto su oltre 1.100 esperti del settore energetico in 11 regioni del mondo.

GLI INVESTIMENTI PER IL CLIMA

Nonostante l’impegno di 130 Paesi a triplicare la capacità di produzione di energia rinnovabile entro il 2030, gli investimenti non raggiungono ancora chi ne ha più bisogno. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, servirebbero oltre 1,3 trilioni di dollari all’anno nel Sud del mondo per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Tuttavia, gli impegni attuali raggiungono a malapena i 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035.

Le ragioni di questo divario includono elevati costi di capitale, quadri normativi deboli, rischi di autorizzazione e infrastrutture di rete insufficienti. Tutto ciò crea un ambiente poco attraente per gli investitori privati.

SERVONO PIÙ INCENTIVI E PROCEDURE AUTORIZZATIVE PIÙ SNELLE

Il 70% degli intervistati ritiene che siano necessari maggiori incentivi fiscali per promuovere progetti energetici nel Sud del mondo. Inoltre, il 73% afferma che le procedure di autorizzazione non sono migliorate nell’ultimo anno, mentre il 65% teme una guerra commerciale su componenti chiave a causa dell’aumento dei dazi e delle tensioni geopolitiche.

IL FATTORE INNOVAZIONE

Ciononostante, ci sono segnali di speranza: Paesi come India, Brasile, Cile e Indonesia stanno digitalizzando e semplificando i permessi per i progetti di energia rinnovabile, il che potrebbe attrarre nuovi investimenti. L’innovazione rimane un fattore chiave. Il 61% degli intervistati ritiene che il ritmo dello sviluppo tecnologico stia accelerando. Tecnologie come l’accumulo di energia tramite batterie, gli elettrolizzatori e l’intelligenza artificiale stanno facilitando una transizione più efficiente.

Inoltre, viene evidenziato il potenziale dell’economia verde di generare milioni di posti di lavoro, in particolare in Africa, dove si prevede la creazione di 3,3 milioni di posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili entro il 2030.

LA “TRANSIZIONE GIUSTA”

Anche il concetto di “transizione giusta” è al centro dell’attenzione. Esperti come Dan Marokane, CEO di Eskom, e Priyantha Wijayatunga della Banca Asiatica di Sviluppo concordano sul fatto che il processo debba generare sviluppo, occupazione e inclusione sociale, adattandosi al contempo alle realtà locali.

Il rapporto conclude che un’azione coordinata tra governi, istituzioni finanziarie e settore privato è fondamentale per agevolare la transizione energetica. La mancanza di investimenti nelle reti elettriche, la carenza di talenti tecnici e la lentezza dei processi normativi restano però degli ostacoli.

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