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Rinnovabili

La svolta ‘green’ delle compagnie petrolifere per il rilancio post-Covid-19

La pandemia di Covid-19 sembra aver cambiato il mondo per sempre, a quanto pare, e un aspetto di questo cambiamento potrebbe essere la domanda di energia

Tutto è cominciato con una guerra di prezzi del petrolio che ha fatto crollare i parametri di riferimento del settore. Poi c’è stata l’epidemia di coronavirus che alla fine si è trasformata in una pandemia. Ora una terza piaga si sta per abbattere sull’industria petrolifera, e potrebbe essere la più devastante di tutte: si chiama ‘ripresa green’ e su di lei puntano gli ambientalisti che ne hanno iniziato a parlare durante la crisi e che ora sta raccogliendo crescente attenzione e sostegno sia nel settore pubblico sia in quello privato.

L’UE ALLA GUIDA DELLA RIPRESA ‘GREEN’

L’Unione Europea è alla guida di questo tentativo di ripresa ‘green’. La Commissione Ue è già pronta a raccogliere la sfida così come la stragrande maggioranza dei paesi Ue. Ma anche il mondo degli affari pare aver cambiato rotta ponendo, dunque, le basi per una solida spinta verso una decarbonizzazione dell’economia.

IL ‘MANIFESTO’ DELLE UTILITY DEL NORD EUROPA

Per capire in che modo la ripresa ‘green’ del dopo Covid-19 stia decollando basta leggere un editoriale di un gruppo di utility del Nord Europa – Swedenergy, Danish Energy Association, Energy Norway e Finnish Energy – in cui gli autori hanno sostenuto che il recupero economico europeo deve essere necessariamente legato agli obiettivi del cambiamento climatico non solo per il bene del clima, ma anche per il bene della crescita economica.

“Il Green Deal è la strategia di crescita dell’Europa. Renderlo la spina dorsale del piano di ripresa non è necessario solo in una prospettiva climatica, ma anche dal punto di vista economico, per creare opportunità di crescita e di lavoro sostenibili nel lungo periodo”, hanno scritto, aggiungendo che l’elettrificazione deve essere al centro del progetto.

“Un settore ancora fortemente dipendente dai combustibili fossili è quello dei trasporti, che rappresenta circa il 20% delle emissioni di gas serra dell’Ue” hanno osservato gli autori spiegando proprio che l’elettrificazione su larga scala dei trasporti, compresa la costruzione di circa 800.000 punti di ricarica in cinque anni, è la soluzione al problema delle emissioni.

Pur riconoscendo che questa e altre iniziative per elettrificare il settore dei trasporti in Europa richiederanno ingenti investimenti, gli autori dell’editoriale hanno sottolineato che “un’infrastruttura inadeguata è attualmente una barriera alla maggiore diffusione dell’elettricità a emissioni zero e per le industrie delle energie rinnovabili per espandersi e creare opportunità di lavoro”. Gli investimenti nella rete sono necessari anche per trasportare grandi quantità di energia elettrica a livello locale in tutta Europa e rappresentano una via economicamente vantaggiosa per la ripresa economica”.

COSA C’ENTRA TUTTO QUESTO CON IL PETROLIO?

Il problema più ovvio per il petrolio è che l’elettrificazione su larga scala del continente influenzerà la domanda di carburante in modo permanente. Un problema meno immediato è il fatto che i leader europei hanno proposto una tabella di marcia ‘green’ per la ripresa per ogni industria, e l’energia non fa eccezione. Queste tabelle di marcia saranno senza dubbio legate agli obiettivi climatici e probabilmente fisseranno tali obiettivi per le industrie e sulla base di questi, i fondi disponibili.

TIMMERMANS INSISTE: FONDI SIANO LEGATI A EMISSIONI

Roger Harrabin, analista ambientale della BBC, ha scritto all’inizio di questo mese che il leader del team che lavora al Green Deal europeo è contrario al sostegno finanziario per le “industrie vecchie e sporche”. Mentre il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans, continua a insistere sul fatto che tutti i fondi per il rilancio dell’economia europea siano diretti alle aziende che aiutano a ridurre le emissioni di carbonio e alle aziende digitali.

LE CINQUE MAGGIORI MAJOR UE (TRA CUI ENI) TAGLIANO SUGLI IDROCARBURI MA NON SULLE RINNOVABILI

In questo senso, molte compagnie europee, BP, Shell, Total, Eni, Equinor stanno stanziando sempre più fondi all’energia pulita, ha riferito Reuters all’inizio di questa settimana. Secondo i calcoli della stessa Reuters, tutte e cinque le maggiori major petrolifere europee stanno effettuando i maggiori tagli di spesa nel loro core business del petrolio e del gas, risparmiando le energie rinnovabili e persino aumentando la spesa in questo settore. Insomma, pare le compagnie petrolifere si stiano allontanando dal petrolio.

LE ‘SORELLE’ USA LONTANE DALL’UE

Non tutte lo stanno facendo. Le aziende statunitensi sono lontane anni luce dalle mosse delle sorelle europee. Anche perché non si trovano ad affrontare lo stesso tipo di pressioni ‘green’. La domanda è semmai se saranno in grado di dare una svolta ‘verde’ abbastanza velocemente da garantire la loro sopravvivenza nel lungo termine.

“Alcuni hanno messo in dubbio i meriti e la base finanziaria, nonché chi pagherà” per questa svolta ‘green’. Tuttavia, almeno una parte della ripresa verde avverrà spontaneamente come conseguenza della pandemia”, ha sottolineato Oilprice.

COVID-19 HA CAMBIATO PER SEMPRE IL MONDO

Come ha scritto Harrabin, le persone desiderose di mantenere l’attuale distanza sociale continueranno probabilmente a lavorare a distanza anche nel lungo periodo e opteranno per una bicicletta piuttosto che un autobus per il trasporto urbano. Questi comportamenti mutevoli influenzeranno la domanda di petrolio nel lungo periodo e – ecco la parte importante – questi comportamenti mutevoli potrebbero non rimanere confinati in Europa. La pandemia di Covid-19, insomma, sembra aver cambiato il mondo per sempre, a quanto pare, e un aspetto di questo cambiamento potrebbe essere la domanda di energia.

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