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Carbonio

La tassa sul carbonio alle frontiere manda i produttori Ue nel caos

La tassa sul carbonio alle frontiere mette in crisi le aziende dell’Ue. Perché? Cosa fa la Commissione?

Le imprese europee faticano ad adottare la nuova tassa Ue sul carbonio alle frontiere. In Germania meno del 10% delle imprese si è registrata alla piattaforma, online da febbraio 2028, nata per proteggere i produttori comunitari dei Paesi con standard ambientali più bassi e porre un freno alle merci più inquinanti, secondo quanto riporta Bloomberg. Quali ostacoli incontrano le aziende?

IL CAOS REGNA SOVRANO

La transizione green delle aziende arranca. Burocrazia e difficoltà tecniche impediscono a molte aziende dell’Ue di rispettare il nuovo meccanismo sui limiti al carbonio alla frontiera. Le misure sono pensate per rendere più competitive le imprese che utilizzano molta energia per produrre e per ridurre l’aumento dell’inquinamento nell’Ue. Tuttavia, ancora molte aziende ancora non si sono registrate sulla piattaforma dedicata agli importatori. L’incertezza regna sovrana. Infatti, inizialmente la Commissione Europea ha annunciato che riguarderà i settori con la maggiore impronta ambientale, come cemento, ferro, alluminio e acciaio. Tuttavia, la portata della misura è molto più ampia.

TASSA SUL CARBONIO, QUANTE AZIENDE COLPISCE

Le imprese, da parte loro, non sanno con certezza quali quali importatori devono registrarsi alla piattaforma. Mentre la Commissione Europea ha detto che inizialmente coprirà i settori che sono più a rischio di esternalizzare le emissioni di carbonio – cemento, ferro, acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno – la portata è molto più ampia: ben 25.000 aziende potrebbero essere colpite nella sola Germania, disse il popolo.

“Colpisce le società commerciali con nemmeno 20 dipendenti, e sono semplicemente sopraffatti. Hanno bisogno di più tempo per il tutto per funzionare”, ha affermato Dirk Jandura, presidente della Federazione tedesca del commercio all’ingrosso, del commercio estero e dei servizi.

Basti pensare che nel Paese con la maggiore produzione dell’Ue, la Germania, l’autorità responsabile ha annunciato la nuova piattaforma solo alla fine dello scorso anno. Una comunicazione tardiva che ha dato alle imprese poco preavviso per iscriversi. E le realtà interessate sarebbero ben 25.000, secondo fonti di Bloomberg.

COSA FA LA COMMISSIONE

Un problema che ha spinto la Commissione Europea a prorogare il termine per presentare relazioni per la seconda volta, alla fine di marzo. Infatti, la scadenza iniziale del 31 gennaio è già stata spostata a causa di problemi software. Inoltre, a febbraio la Commissione ha sottolineato che non ci saranno sanzioni per il mancato rispetto della scadenza se i ritardi sono legati ad errori tecnici.

Il nuovo meccanismo per porre un freno all’ingresso di merci prodotte emettendo grandi quantità di CO2 è simile a una tariffa. Infatti, interviene sul prezzo merci importate, rendendolo equivalente a quello dei prodotti nazionali. Il sistema prevede che già da quest’anno le imprese inizino a comunicare i quantitativi di emissioni di gas serra lungo la catena di approvvigionamento. I pagamenti, invece, partiranno a partire dal 2026.

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