Il prossimo decennio sarà cruciale per l’automotive dell’Ue. Concorrenza cinese, stop alle endotermiche, transizione elettrica sono solo alcune delle sfide. Ma il recente voto europeo potrebbe rimescolare le carte
I prossimi 10 anni saranno decisivi per l’automotive dell’Ue. La decarbonizzazione rappresenta al tempo stesso un’opportunità e un pericolo per la competitività dell’industria europea. L’avanzata cinese, lo stop alle endotermiche, il ritardo nell’elettrico, e-fuels e combustibili alternativi. Sono molte le sfide da affrontare per completare la decarbonizzazione della mobilità.
AUTOMOTIVE, COSA CAMBIA CON I NUOVI EUROPARLAMENTARI
Il recente voto europeo potrebbe rimescolare le carte. Infatti, il costo delle politiche green sta facendo crescere il dissenso nei confronti della transizione verso l’elettrico. Alimentazione che rappresenta ancora l’obiettivo ideale di Bruxelles. Tuttavia, non è da escludere una sempre maggiore apertura nei confronti di e-fuels e biocarburanti, su cui stanno discutendo gli europarlamentari. Infatti, una delle proposte chiave del Partito popolare europeo di centro-destra, che ha vinto le elezioni europee di quest’anno, è modificare lo stop al 2035.
Anche il manifesto di Ursula Von der Leyen, riconfermata alla presidenza della Commissione Europea, tra i punti centrali elenca la neutralità tecnologica.
“La decrabonizzazione richiederà un approccio neutro dal punto di vista tecnologico, in cui i carburanti elettronici avranno un ruolo da svolgere attraverso una modifica mirata del regolamento come parte della revisione prevista”, si legge sul suo manifesto elettorale.
L’AUTOMOTIVE UE PUNTA SULL’IBRIDO
Per più di un secolo l’industria europea ha primeggiato nei motori a combustione interna. Tuttavia, l’avvento dell’elettrico ha trovato molte aziende impreparate o non abbastanza convinte nell’abbracciare la transizione. Il risultato è che diversi brand europei stanno perdendo terreno rispetto ai concorrenti, Cina in primis.
VW, Renault, Stellantis e Mercedes-Benz stanno puntando sulla diversificazione delle alimentazioni, le alleanze per la condivisione dei macchinari e gli investimenti in ricerca per competere con i modelli a batteria sempre più economici e tecnologici made in China. Un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi anni, quando diverse case automobilistiche occidentali hanno puntato su veicoli elettrici di lusso e più costosi. Oggi i brand dell’Ue si concentrano sugli ibridi, gli unici veicoli che hanno visto la loro quota di mercato crescere nei mesi di maggio e giugno, portando la loro quota complessiva a quasi il 30 per cento, secondo i dati dell’Associazione europea dei costruttori automobilistici (ACEA).
Stellantis, ad esempio, ha annunciato che quest’anno produrrà 30 modelli ibridi e prevede di lanciare sei nuovi veicoli ibridi sul mercato europeo entro il 2026. Tuttavia, la sfida è impegnativa e non è detto che possa essere vinta senza una decisa accelerazione sull’elettrico. Infatti, il trasporto su strada rappresenta il 16% delle emissioni del l’UE. Il Green Deal prevede che nel 2025 i costruttori dovranno ridurre le loro emissioni del 15% rispetto al 2021. Se non riusciranno ad assolvere a questo obbligo, dovranno pagare una multa pari a € 95 per grammo di CO2 aggiuntiva emessa al chilometro. Gli ibridi non possono soddisfare i nuovi obiettivi di emissione, secondo Arun Kumar, un partner della società di consulenza AlixPartners, come riporta Politico.
“L’unico modo per raggiungere questi obiettivi è quello di passare completamente ai veicoli elettrici”, ha affermato.
UE VS CINA, LA SITUAZIONE
Intanto, la Cina è ancora lontana e cresce il timore per il futuro dell’automotive europeo. Un timore motivato poiché sono a rischio il 7% del PIL del continente e il 6% di tutti i posti di lavoro, pari a circa 13,8 milioni di persone. Oggi la Cina ha ormai guadagnato il primato di primo mercato al mondo per auto elettriche. Le case automobilistiche nazionali hanno puntato tutto sui veicoli elettrici, lavorando per creare una catena di approvvigionamento estesa con bassi costi di produzione. Una strategia che ha pagato. Infatti, oggi le vetture a batteria cinesi sono più economiche e tecnologiche. Non a caso, BYD è diventato il primo venditore al mondo e sta cercando di espandersi sempre più nell’Ue, così come altri produttori cinesi.
La Commissione Europea ha risposto con un’indagine su sussidi di Stato illegali a favore dei produttori di auto elettriche, che si è conclusa con la decisione di imporre dazi aggiuntivi che vanno dal 19 al 37,6% rispetto a quelli attuali sulle importazioni. Ad ottobre ci sarà una seconda valutazione, che confermerà o modificherà le misure. Anche Washington ha imposto tariffe aggiuntive del 100 per cento su elettriche made-in-Cina. Dazi che alcune imprese cinesi riescono comunque ad aggirare.