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Le Comunità energetiche rinnovabili stentano a decollare a causa della burocrazia

Le CER dispongono di fondi per l’incentivazione fino al raggiungimento di una potenza complessiva di 5GW e possono avere contributi del PNRR a fondo perduto per la realizzazione o il potenziamento di nuovi impianti fotovoltaici di soci pari al 40% del costo degli impianti

Una forma innovativa per aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili è costituita dalle Comunità energetiche rinnovabili (CER), soggetti che hanno personalità giuridica non-profit e di cui fanno parte sia soci che producono energia da fonti rinnovabili che soci consumatori.

IL FUNZIONAMENTO DELLE CER

Chi produce energia con un impianto fotovoltaico, ad esempio, ne consuma di norma solo una parte, e quella eccedente la immette in rete; se l’energia viene consumata da un altro socio, alla CER viene riconosciuta una tariffa incentivante. Gli importi così ricavati verranno poi redistribuiti agli stessi soci, secondo criteri definiti nel regolamento, e destinati a scopi sociali, per esempio a sostegno delle famiglie a rischio di povertà energetica. Questa formula si sta diffondendo ad esempio nelle parrocchie.

In prospettiva, le Comunità energetiche rinnovabili possono allargare il loro campo d’azione non solo ottimizzando i flussi degli scambi di energia tra i soci, ma anche fornendo servizi di efficienza energetica, di domotica, di ricarica di auto elettriche, di vendita dell’energia prodotta e non autoconsumata fino ad evolvere in quei “distretti rinnovabili”, veri e propri motori della rivoluzione energetica.

IL RUOLO DELLE CER NEL PNIEC

Le Comunità energetiche hanno ambiziosi traguardi anche nel PNIEC, il Piano Nazionale Integrato Energie e Clima, poiché dispongono di fondi per l’incentivazione fino al raggiungimento di una potenza complessiva di 5GW e possono avere contributi del PNRR a fondo perduto per la realizzazione o il potenziamento di nuovi impianti fotovoltaici di soci pari al 40% del costo degli impianti.

Inizialmente, questi contributi erano riservati solo a impianti localizzati in piccoli Comuni inferiori a 5.000 abitanti, ma successivamente sono stati estesi anche ai Comuni fino a 50.000 abitanti, con l’allungamento dei termini di presentazione delle domande fino al 30 novembre 2025 e l’aumento dell’anticipo dei fondi che è salito dal 10% al 30%.

I FONDI DEL PNRR SONO IN GRAN PARTE INUTILIZZATI

Ciononostante, i fondi del PNRR previsti, pari a 2,2 miliardi di euro, sono ancora largamente inutilizzati: allo scorso maggio risultavano qualificate dal Gestore Servizi Energetici (GSE) – e quindi ammesse alla tariffa incentivante – circa 600 CER, per una potenza complessiva di circa 50MW. I contributi PNRR concessi ammontano a circa 25 milioni di euro.

PROCEDURE COMPLESSE E LUNGHI TEMPI DI RISPOSTA

Ma a cosa si devono questi ritardi? Innanzitutto, alle procedure di qualifica e di concessione dei contributi PNRR, che risultano molto complesse: i tempi di risposta del gestore sono molto lunghi e, nonostante le regole operative prevedano un termine di 3 mesi per la risposta, questa scadenza spesso non viene rispettata.

Inoltre, la domanda da inviare al gestore per via telematica richiede competenze non alla portata di tutti e spesso richiede la consulenza di esperti. Ad oggi, infatti, la piattaforma del GSE obbliga ad inviare una PEC con numerosi allegati: per ogni nuovo socio bisogna fornire bollette recenti, compilare dei file Excel per gli impianti e i consumi e caricare diversi documenti. Il GSE ha affermato che sta lavorando ad una nuova piattaforma, che al momento però non è ancora operativa.

Inoltre, ha anch’essa tempi lunghi, senza contare che la procedura per l’assegnazione dei fondi non è ancora operativa. Con tutta probabilità il GSE non riesce ancora a gestire il carico di lavoro legato ai Comuni fino a 50.000 abitanti. Quel che è certo è che bisognerò correre ai ripari quanto prima, o si rischia di non riuscire a spendere i fondi del PNRR che la Commissione europea ha previsto per l’avvio delle comunità energetiche.

LA REVISIONE DEL PNRR POTREBBE AVERE EFFETTI NEGATIVI SULLE CER

Infine, a complicare ulteriormente le cose c’è la questione revisione del PNRR. A fine settembre il governo ha avviato la revisione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che si trova tuttora al vaglio del Parlamento. Se venisse approvata, la modifica potrebbe incidere sullo sviluppo delle CER, che potrebbe sottrarre (per poi dirottare altrove) fino a un miliardo di euro ai progetti che non riusciranno a concludersi nei tempi previsti.

I fondi tagliati verrebbero riassegnati a progetti considerati più maturi, poiché l’Unione europea eroga i finanziamenti solo al raggiungimento effettivo degli obiettivi fissati nel PNRR. Secondo il calendario ufficiale, la revisione del PNRR italiano dovrebbe ottenere il via libera definitivo dal Consiglio Ue entro il prossimo 13 novembre.

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