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Flotta

Le sanzioni a diesel e benzina attirano la “flotta ombra” della Russia

Il blocco alle importazioni di benzina e diesel russi rischia di ingrossare le fila della “flotta ombra” e diminuire la disponibilità di combustibili fossili

Il blocco alle importazioni di benzina e diesel russi rischia di ingrossare le fila della “flotta ombra” e diminuire la disponibilità di combustibili fossili. Il cambio di rotta dei prodotti petroliferi ha provocato infatti un aumento dei prezzi della logistica del 70% per cento da inizio febbraio, come certifica l’indice Baltic Exchange clean. Clarksons, un operatore attivo nel settore delle spedizioni, ha detto al Financial Times che quest’anno il chilometraggio per tonnellata di prodotti petroliferi dovrebbe aumentare, salendo da 3.000 miglia del 2020 a più di 3.500 (+16%). Al tempo stesso, diminuirà la capacità di carico delle navi, che dovranno utilizzare più carburante per portare a termine le consegne. Putin potrebbe ricorrere alla flotta di vecchie imbarcazioni battenti bandiera straniera che avrebbe già armato per commercializzare il petrolio, sfuggendo alle sanzioni Ue.

STOP A DIESEL E GAS, ARRIVA LA FLOTTA OMBRA

Il divieto di importare combustibili fossili russi spinge le navi di Putin a dover viaggiare verso lidi più lontani. Le mete principali sono i Paesi che non applicano le misure restrittive occidentali, Cina e India fra tutte. Ma oltre alle petroliere tracciate e registrate, molti analisti e esperti concordano nell’esistenza di una flotta che sfugge agli strumenti di controllo.

Parliamo della famigerata “flotta ombra” agli ordini di Putin, denominata così perché le navi cisterna non battono bandiera russa, hanno polizze assicurative false e sono intestate a prestanome.
È un vero e proprio esercito di imbarcazioni che trasportano prodotti petroliferi rifornendo acquirenti anonime. Una rete che funziona grazie al coinvolgimento di intermediari, armatori, porti e passaggi sicuri presidiati dai Paesi che sono ancora disposti a trattare con la Russia.

I RISCHI E LE CONSEGUENZE

Le tecniche per aggirare il divieto europeo che incombe sul petrolio russo mettono a rischio l’ambiente, oltre all’efficacia delle sanzioni imposte alla Russia.

Gli stessi metodi con cui questo commercio illegale viene condotto sono criminali e rappresentano un pericolo per l’ambiente. Le petroliere hanno infatti un’età media che si aggira tra i 10 e 15 anni, non sono coperte da assicurazioni contro i danni ambientali e gli incidenti.

Come se non bastasse, spesso questi traffici illegali avvengono attraverso trasbordi di combustibile da una nave più piccola a un’imbarcazione più grande battente bandiera europea o di Paesi non sanzionati da Bruxelles. Tutto questo avviene nel bel mezzo del mare. Lo dimostra l’impennata dei trasferimenti ship to ship fatta registrare da dicembre, quando è entrato in vigore lo stop al greggio russo. Operazioni che in Europa avvengono principalmente nel Mediterraneo, tra Cipro e Malta. Una rete costituita da petroliere battenti bandiere di comodo, con triangolazioni in Europa tra Cipro e Malta.

BUONE NOTIZIE PER GLI ARMATORI

I tassi più elevati sono estremamente redditizi per i proprietari di petroliere, che devono far fronte principalmente a costi fissi.

Infatti, le aziende legato ai prodotti petroliferi hanno mostrato performance migliori rispetto a quelle legate al greggio. Le azioni di Scorpions nel mercato statunitense Stati Uniti hanno quasi quadruplicato il loro valore in un anno, mentre il trasporto di greggio Euronav cresciuto del 58%.

Le sanzioni occidentali iniziano a mostrare i primi effetti. La domanda è: sono quelli sperati?

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