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Manovra

Le tasse? Vanno bene se sono ‘green’. Il report Green Alliance e il commento di Governatori

Governatori: Le persone sono favorevoli al principio ‘chi inquina paga’, ma hanno alcune idiosincrasie (in buona parte dovute a incompetenza in materia economica) che possono diventare bloccanti

Le tasse? Alla gente piacciono ma solo se sono verdi. Il recente sondaggio condotto da BritainThinks per Green Alliance e pubblicato sul Financial Times mostra che l’opinione pubblica è generalmente favorevole al principio ‘chi inquina paga’ ma ha alcune idiosincrasie bloccanti come quando si parla di disincentivi economici invece di incentivi.

COSA DICE IL SONDAGGIO

Sei persone su dieci sostengono il principio delle ‘green tax’, secondo cui i comportamenti dannosi per l’ambiente dovrebbero essere resi più onerosi, mentre solo una su dieci si oppone. La maggioranza pensa che tipi specifici di tasse verdi siano buone idee, comprese le tasse sulla CO2 sui produttori o sui consumatori, l’inverdimento del sistema IVA e l’implementazione di nuove tasse sui materiali.

Il sondaggio è stato condotto nel Regno Unito e ha evidenziato che l’80% degli intervistati vuole che il governo sia responsabile nelle questioni ambientali e il 62% è disponibile a veder lievitare la spesa pubblica per affrontarle. Il 63% crede sia necessario cambiare il proprio stile di vita per affrontare il cambiamento climatico e il 64% ammette di averlo già fatto.

Più nel dettaglio il 57% degli intervistati è favorevole a una carbon tax sui produttori, il 53% sui consumatori, il 54% a rendere più green il sistema dell’Iva e il 51% è favorevole a nuove tasse sui materiali

IL COMMENTO DI MICHELE GOVERNATORI

Dello studio inglese di Green Alliance ne ha parlato l’economista Michele Governatori sulla rubrica Derrik di Radio Radicale. “Il campione intervistato non si dice contrario alle tasse pro-ambiente, anzi è favorevole al principio ‘chi inquina paga’, ma ha alcune idiosincrasie (in buona parte dovute a incompetenza in materia economica) che possono diventare bloccanti – ha spiegato nel corso della trasmissione -. Se parli di ‘disincentivi’ economici preoccupi di più che se parli di incentivi. (Eppure le due soluzioni arrivano sempre insieme, almeno se ipotizziamo interventi a deficit pubblico costante e in un contesto di evasione zero – perché gli incentivi li paga chi paga le tasse, quindi comunque implicano anche un disincentivo per chi non li riceve, e viceversa)”.

Non solo. “Se dici che fai una green tax per avere maggior gettito, la gente si arrabbia (ma normalmente non si arrabbia se dici che fai più spesa che richiede maggiori tasse. Misteri della percezione) – sottolinea Governatori -. Quindi le proposte per apparire accettabili devono essere tassativamente a gettito costante, oppure devono indicare come viene usato il maggiore gettito. Peccato che questa etichettatura, quando è fatta solo su una parte delle entrate fiscali, abbia scarso valore, perché l’amministrazione può sempre dire che usa i proventi di una tassa per qualcosa di specifico e dirottare altrove altre tasse senza etichettatura”.

“Le tasse sulla produzione piacciono di più di quelle al consumo – ha proseguito -. Questo solo perché gli intervistati non considerano che chi sostiene il costo di un’imposta su una transazione non lo stabilisce la definizione, ma la forza sul mercato di produttori e consumatori. Una tassa sulla produzione di un bene verrà comunque pagata in buona parte dai consumatori, se non possono rinunciare a quel bene, oppure se l’industria che lo produce è già molto competitiva e non può che traslare a valle i maggiori costi di produzione dovuti alla tassa. E viceversa: una tassa al consumo obbliga i produttori ad abbassare il prezzo del bene tassato se i clienti possono facilmente rinunciarvi, e quindi viene in questo caso di fatto sostenuta dai produttori anche se si dichiara una tassa sul consumo”, ha concluso Governatori.

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