C’è bisogno di riannodare un discorso sul futuro del sistema economico italiano ed europeo, discorso che è stato troppo a lungo lasciato in secondo piano, mentre il sostegno parlamentare alla Commissione guidata da Ursula von der Leyen ha continuato ad indebolirsi
Se consideriamo in maniera unitaria gli ultimi sei mesi, scopriamo che il PIL della maggior parte dei Paesi europei, Italia compresa, presenta dati apparentemente positivi nel periodo gennaio-marzo.
Questa positività è legata in parte considerevole proprio agli scambi commerciali Europa-Stati Uniti e deve essere collegata all’aumento di ordini di prodotti europei da parte di imprese americane: ci dimentichiamo spesso che i programmi di aumento dei dazi internazionali da parte del presidente Trump erano ben noti da tempo.
I DAZI USA E LE STRATEGIE DELLE AZIENDE
Se ne sono molto preoccupate, in questi mesi, le società americane importatrici (ad esempio nel settore delle vendite di prodotti alimentari) anche perché il presidente americano annunciava a ripetizione di volerli ancora aumentare e di istituirne di nuovi. Meglio quindi, secondo queste imprese della distribuzione, avere i magazzini pieni anziché vuoti, ed ecco partire gli ordini d’acquisto.
Questi ordini si sono trasformati in esportazione europee contribuendo all’aumento dello 0,4% del Pil realizzato in quel trimestre (un dato migliore di quello tedesco nonostante i forti legami tra le due economie.
LA CRISI EUROPEA NASCE PRIMA DEI DAZI AMERICANI
È difficile – scrive La Stampa – che tutte le nuove “tariffe” degli Stati Uniti entrino completamente in funzione nei prossimi giorni, come annunciato dal governo di Washington, ma quest’episodio mostra, in ogni caso, la necessità di riannodare un discorso sul futuro del sistema economico italiano ed europeo, discorso che è stato troppo a lungo lasciato in secondo piano, mentre il sostegno parlamentare alla Commissione guidata da Ursula von der Leyen ha continuato a indebolirsi.
La nostra attuale crisi è quindi cominciata prima, nascosta dagli acquisti di cui si è detto, e rischia di rafforzarsi al termine delle ferie.
SERVONO INVESTIMENTI
Guardiamo quindi al futuro. Per il futuro ci vogliono investimenti, il che implica essenzialmente il realizzarsi di tre condizioni. La prima è che ci sia, in Italia e in Europa, un sufficiente numero di imprese che abbia la competenza, il coraggio e le tecnologie per investire in maniera efficace e credibile.
La seconda è costituita dai fondi che devono poter arrivare alle imprese e da queste essere trasformati in investimenti, senza gli intoppi burocratici e di altro tipo, i quali fanno sì che la velocità di realizzazione, soprattutto in Italia, sia particolarmente bassa; la terza condizione è rappresentata da una situazione internazionale con sufficienti caratteri di apertura e di stabilità perché le due condizioni precedenti possano risultare efficaci.
LA STRUTTURA PRODUTTIVA ITALIANA
Per quanto riguarda la prima condizione, occorre prendere coscienza dei mutamenti in atto nella struttura produttiva italiana (ma anche in quella di molti altri paesi europei): ci sono decine di settori produttivi in cui predominano imprese di dimensioni medie, con forte presenza sui mercati mondiali dalle quali dipende buona parte del futuro economico italiano ed europeo.
IL RUOLO DEL PNRR
La seconda condizione è che queste imprese e questi settori siano maggiormente coinvolti, oltre che in un più generale discorso di crescita, nei progetti del PNRR – dove abbiamo accumulato ritardi sul piano europeo – evitando che essi si trasformino nell’ennesima occasione mancata per uscire dalla stagnazione.
AFFRONTARE LA CRISI
Per la terza, l’uscita dell’Europa dall’attuale stato di confusione su obiettivi e metodi per raggiungerli dovrebbe essere al centro del dibattito europeo, mentre invece non lo è.
Sarebbe bene che quest’estate non sia semplicemente un’estate di riposo. Fino a poco tempo fa si pensava naturalmente che, al termine delle vacanze, saremmo tornati alle stesse occupazioni, allo stesso mondo di prima. A causa del presidente Trump – e a tante altre condizioni di crisi che agitano il pianeta – sappiamo che non sarà così.