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Africa

L’Italia e l’energia in Africa: pro e contro del Piano Mattei

Per il governo italiano il Piano Mattei rappresenta “un progetto strategico a livello geopolitico” che vuole guardare all’Africa in modo egualitario, “lontano da logiche caritatevoli, paternalistiche o assistenzialiste”

Il governo italiano punta molto sull’Africa, e per farlo ha delineato già da tempo il cosiddetto “Piano Mattei”, che il 10 gennaio scorso ha ricevuto il via libera definitivo del Parlamento.

IL SUMMIT ITALIA-AFRICA

Oggi a Roma si svolgerà il Summit Italia-Africa, iniziato nella serata di ieri, a cui parteciperanno i leader di numerosi Paesi africani e durante il quale saranno illustrati sia gli aspetti politici che le linee d’azione previste nel Piano Mattei. Per il governo Meloni il Piano Mattei rappresenta “un progetto strategico a livello geopolitico”, che vuole guardare all’Africa in modo egualitario, “lontano da logiche caritatevoli, paternalistiche o assistenzialiste”. In quest’ottica, l’Italia punta a confermare vecchi partenariati e a stringere nuovi accordi, nell’interesse di tutti gli attori coinvolti.

Come anticipato nei giorni scorsi da La Repubblica, conversando con i ministri interessati al dossier, il premier Meloni ha detto che, “per votare la prossima Commissione Ue, porrò tra le condizioni l’impegno a far diventare europeo il progetto italiano del Piano Mattei. Anche Bruxelles dovrà investire in infrastrutture e formazione in Africa, seguendo l’esempio che proporrà l’Italia. E dovrà essere sempre l’Europa, attraverso una sua missione o comunque grazie alla partecipazione di personale proveniente dai Paesi membri, a garantire la sicurezza, il rispetto dei diritti umani e il riconoscimento del diritto d’asilo ai migranti ospitati negli hotspot in Africa”.

Inoltre, il governo punterebbe a “mobilitare per l’Africa 4 miliardi di euro in 5-7 anni”. Si tratterebbe però di denaro non solo pubblico: “l’obiettivo è chiedere alle grandi aziende di Stato – a partire da quelle energetiche, ma non solo – di pianificare il governo i progetti infrastrutturali da finanziare. In primo luogo quindi Eni ed Enel, che sono già molto attive nel continente africano”.

L’ANALISI DEL THINK TANK ECCO SUL PIANO MATTEI

Secondo il think tank italiano per il clima ECCO – che ha realizzato un policy briefing sul Piano Mattei – il rinnovato interesse italiano in Africa mira poi a rafforzare l’azione e l’impegno nel continente dell’Unione europea e del G7, che quest’anno sarà presieduto proprio dall’Italia. Sempre secondo Repubblica, infatti, “Meloni vuole spingere i membri europei del G7 a guardare soprattutto al continente africano, anche per ridimensionare la penetrazione cinese e russa in Africa”.

Il Piano Mattei vuole promuovere la crescita e lo sviluppo dell’Africa anche nell’ottica di ridurre le necessità di migrazione, ma indubbiamente la crescita e lo sviluppo del continente africano possono avere per l’Italia delle conseguenze economiche e climatiche, oltre che energetiche. Uno degli obiettivi principali del rapporto tra l’Italia e i Paesi africani è infatti favorire l’accesso ai combustibili fossili, soprattutto a seguito della crisi energetica innescata dall’invasione russa dell’Ucraina.

PIANO MATTEI IN AFRICA: NON SOLO GAS

Dopo l’invasione russa dell’Ucraina del febbraio 2022, l’idea dei progetti italiani in Africa e i nuovi investimenti in combustibili fossili è stata spesso giustificata con la necessità di garantire la nostra sicurezza energetica. Tuttavia, prosegue il ragionamento di ECCO, “ad oggi gli investimenti infrastrutturali già operativi o programmati (come i terminal di rigassificazione di Piombino e Ravenna, la dorsale adriatica e il potenziamento del gasdotto TAP fino a 15 mld mc/anno) sembrano sufficienti a garantire la sicurezza energetica dell’Italia”.

Per ECCO “investire ed emettere garanzie per nuovi progetti di sfruttamento di gas rappresenta un grande rischio economico e finanziario, oltre che climatico, attraverso l’esposizione a stranded assets”.

Si è sentito dire spesso che, grazie allo sviluppo di giacimenti di gas in Africa, “i combustibili fossili porterebbero sviluppo economico e sociale nei Paesi coinvolti negli accordi. Per i Paesi africani, però, investire nell’oil & gas è rischioso, soprattutto per quei governi che legano la sostenibilità del debito nazionale ad introiti da progetti fossili. L’alta volatilità dei mercati internazionali di petrolio e gas, infatti, pregiudica entrate stabili e durature e la pianificazione di una crescita stabile e sostenibile per i Paesi che dipendono dalle esportazioni di fossili”.

LE OPPORTUNITÀ DI UNA TRANSIZIONE IN AFRICA

Ecco allora che, considerate le criticità degli investimenti in petrolio e gas, il settore della transizione rappresenta un’alternativa vantaggiosa e conveniente: gli investimenti nella transizione favoriscono stabilità economica, portano resilienza alle catene di approvvigionamento, creano occupazione a livello locale e generano esternalità positive sul fronte climatico.

L’Italia può promuovere un modello innovativo adatto alle necessità di crescita economica dei Paesi africani e in linea con i loro interessi di prosperità e sicurezza. Per farlo, bisogna focalizzarsi sulle energie rinnovabili e sulle materie prime critiche.

Oltre il 40% della popolazione africana non ha accesso all’energia, soprattutto nell’area dell’Africa Subsahariana. La situazione nel continente evidenzia una stretta correlazione tra povertà e precarietà energetica e, quindi, che l’accesso universale all’energia è la condizione necessaria per una crescita economica. Puntare sull’elettrificazione dei consumi energetici attraverso fonti rinnovabili è l’unica soluzione sostenibile e anche la più conveniente, poiché limita le conseguenze negative del modello di sviluppo fossile.

LE MATERIE PRIME AFRICANE

Uno sviluppo basato sulla transizione permetterebbe di sfruttare le risorse rinnovabili di cui l’Africa è ricca: il continente possiede infatti circa il 60% di tutte le aree idonee, a livello mondiale, alla produzione di elettricità da fotovoltaico, ma anche ampie zone costiere ideali per l’eolico, bacini fluviali per l’energia idroelettrica e, nella valle del Rift, anche un grande potenziale geotermico.

In un’intervista di pochi giorni fa al Corriere della Sera, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha dichiarato infatti che un primo caposaldo del Piano Mattei “è legato allo sviluppo in alcuni Paesi di coltivazioni per produrre biocarburanti; il secondo progetto riguarda la produzione di idrogeno da importare in Europa e, infine, importare energia prodotta da nuovi impianti fotovoltaici in aree come il Sahara”.

Fino ad oggi, però, le energie rinnovabili hanno ricevuto solo una minima parte dell’attenzione e dei finanziamenti dei progetti sul gas. Il potenziale rinnovabile africano potrebbe essere espresso reindirizzando adeguatamente gli attuali investimenti. L’Africa, infine, è anche molto ricca di materie prime critiche (i cosiddetti Critical Raw Materials – CRM): detiene infatti oltre il 40% delle riserve globali di cobalto, manganese e metalli del gruppo platino (PGM), tutti minerali indispensabili per l’utilizzo nelle batterie e nelle tecnologie dell’idrogeno.

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