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Petrolio

Per l’Opec si preannuncia un 2018 poco felice

Secondo l’Aie, l’effetto shale oil Usa dovrebbe portare un surplus sul mercato petrolifero, garantendo un equilibrio dei prezzi. In Italia i dati Up certificano un ulteriore consistente crescita del gas nel mix energetico 2017

Il 2018 potrebbe non essere così felice per i produttori di petrolio dell’Opec. Questa l’opinione dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) nell’ultimo bollettino dell’anno secondo cui i segnali provenienti dagli Stati Uniti, in termini di aumento di offerta petrolifera, potrebbero proseguire per tutto il 2018, con un effetto dirompente nei confronti dei paesi Opec e di altri grandi produttori, intenti a tagliare le quote di produzione per mantenere alte le quotazioni del greggio.

Prezzi del greggio in rialzo e domanda in rialzo nel 2018

Secondo l’Aie la chiusura di questa settimana della rete di oleodotti degli anni Quaranta, che trasportavano circa 400 mila barili al giorno di petrolio del Mare del Nord in Gran Bretagna, ha infiammato ulteriormente i prezzi del Brent che si sono attestati sopra i 60 dollari al barile dalla fine di ottobre. Per il momento, in risposta all’incidente all’oleodotto, Aie ha ridotto la stima della produzione britannica di 300 mila barili al giorno. Dopo l’iniziale impennata che accompagna comprensibilmente una grave interruzione dell’approvvigionamento, “il mercato si è di nuovo assestato e, a meno che non si verifichi un altro drammatico evento per la restante parte del 2017, sembra che il prezzo medio del Brent si attesterà intorno ai 54 dollari al barile quest’anno con un aumento del 20% rispetto al 2016”. Se per i produttori questo è sicuramente un dato positivo la domanda è cosa succederà il prossimo anno. Il punto di partenza è la decisione dei paesi Opec, formalizzata il 30 novembre, di prorogare fino a fine 2018 i tagli alla produzione insieme a dieci paesi non Opec, guidati dalla Russia. Secondo l’Aie la produzione di questo nucleo di paesi “dovrebbe rimanere stabile mentre la domanda globale di greggio dovrebbe aumentare 1,3 milioni di barili al giorno, in leggera flessione rispetto agli 1,5 milioni di barili al giorno del 2017”.

Gli Stati Uniti potrebbero rendere poco felici i paesi Opec

Sulla base di questi numeri, sottolinea dunque l’Aie “ipotizziamo che il 2018 potrebbe non essere così felice per i produttori Opec” a causa degli Stati Uniti che dovrebbero aumentare la loro produzione petrolifera, almeno stando a quanto riferisce l’Energy Information Administration statunitense. A settembre la produzione americana di greggio è aumentata di 290 mila barili al giorno raggiungendo i 9,48 milioni di barili, la media mensile più alta da aprile 2015 e 928 mila barili al giorno in più rispetto a oltre un anno fa. “I dati settimanali preliminari suggeriscono che la produzione statunitense è ulteriormente aumentata all’inizio di dicembre – sottolinea l’Aie -. Di recente, l’attività di perforazione negli Stati Uniti e i tassi di completamento dei pozzi hanno ripreso a crescere, suggerendo un aumento della produzione nel giro di pochi mesi. Di conseguenza, abbiamo aumentato la nostra previsione di crescita annuale per il petrolio greggio Usa a 390 mila barili al giorno quest’anno e a 870 mila barili al giorno per il 2018”.

Per l’Aie il mercato potrebbe rimanere nel complesso in forte equilibrio

L’Aie avverte tuttavia che il “nuovo mantra” dello shale oil Usa è “moderazione”, che riflette il desiderio di accogliere i prezzi più forti come un’opportunità per consolidare piuttosto che per lanciare un’ulteriore espansione. Sulla base di questi dati, il prossimo anno la produzione dei paesi non Opec potrebbe aumentare di 1,6 milioni di barili al giorno, con un incremento di 0,2 milioni di barili rispetto alle previsioni contenute nel Rapporto dello scorso mese. In sostanza per l’Aie, “il 2018 potrebbe non essere un anno fortunato per coloro che vorrebbero un mercato sotto controllo. La crescita totale dell’offerta potrebbe superare la crescita della domanda: infatti nel primo semestre dell’anno dovrebbe verificarsi un’eccedenza di 200mila barili al giorno per poi tornare al deficit – sempre di circa di 200mila barili al giorno – nella seconda parte dell’anno, lasciando nel suo complesso un mercato in forte equilibrio. Molto potrebbe cambiare nei prossimi mesi, ma sembra che le speranze dei produttori di un ‘Happy New Year’ con il taglio allo stesso ritmo di 500 mila barili al giorno visto nel 2017, potrebbero non essere soddisfatte”.

Prezzi del petrolio tra i 55 e i 65 dollari al barile il prossimo annopetrolio usa

Dello stesso tenore le stime dell’Unione petrolifera secondo cui il prezzo del petrolio il prossimo anno si attesterà tra i 55 e i 65 dollari al barile. “Le stime di maggior consensus indicano per il 2018 un prezzo entro la forchetta 55-65 dollari al barile, prospettando uno stabile riequilibrio domanda e offerta già dal primo trimestre del 2018”. Il prezzo del petrolio nel 2017 si è attestato in media a 54,2 dollari al barile, in aumento di circa 11 dollari (+25%) rispetto al 2016: determinante per la ripresa, è stata la tenuta dell’accordo “Opec Plus”, prorogato per tutto il 2018 lo scorso 30 novembre. Nel corso dell’anno il Brent ha oscillato nella forchetta 50-60 dollari/barile, con picchi di oltre 64 dollari registrati verso la fine dell’anno.

In Italia ulteriore consistente crescita del gas nel 2017: +6,6%

Guardando più nel dettaglio i consumi italiani nel complesso del 2017 i consumi di energia italiani sono stati pari a 161,8 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, in leggera crescita (+0,6%) rispetto allo scorso anno, rimanendo su valori analoghi a quelli dell’ultimo triennio. Va rilevata, tuttavia, una ulteriore consistente crescita del gas (+6,6%) che, con un peso del 38,3% sul totale dei consumi, rafforza la propria posizione di prima fonte di energia italiana con 61,9 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, seguito dal petrolio, in calo dell’1,1% e con un peso di poco superiore al 35% con 57 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio. Complessivamente le fonti fossili (petrolio, gas e carbone) hanno coperto poco oltre l’80% della domanda di energia totale, rispetto all’85% del 2010. A livello mondiale, il petrolio si conferma la prima fonte di energia, con una quota stimata in circa il 32%, seguito dal carbone con il 27% e dal gas con il 22%. L’81% della domanda di energia mondiale è stata soddisfatta dalle fonti fossili.

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